Recensione Cosimo e Nicole

Con la sua opera seconda, Francesco Amato vince il premio Prospettive Italia al Festival del Film di Roma

Recensione Cosimo e Nicole
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COSIMO E NICOLE

L'Italia inizia gradualmente a elaborare al cinema i fatti del G8. Dopo A.C.A.B. di Stefano Sollima, che ne parlava di sfuggita, e Diaz - Don't clean up this blood di Daniele Vicari, che invece si focalizzava interamente su quei tragici eventi, è l'opera seconda di Francesco Amato, Cosimo e Nicole, vincitore della selezione di Prospettive Italia del Festival di Roma, a riavvolgere il nastro della memoria fino a quel maledetto 20 luglio 2001. La manifestazione è infatti l'ambiente dove nasce l'amore tra i due protagonisti, interpretati da Riccardo Scamarcio e Clara Ponsot, a cui si affiancano gli efficaci Souleymane Sow e Paolo Sassanelli. Si tratta di pochi minuti di film, in verità, girati in maniera molto intensa con una telecamera attaccata al corpo dell'attrice, in fuga da una carica delle forze dell'ordine, poi la storia prende un'altra strada, che al tipico canovaccio dell'amore tormentato unisce temi forti come quello delle morti bianche, e una spiccata propensione per la musica rock (con riprese dal vivo di concerti di Afterhours, Verdena, Marlene Kuntz, Bud Spencer Blues Explosion, Lucariello e Sandro Joyeux, ad affiancare le musiche di Francesco Cerasi).

L’AMORE AI TEMPI DEL G8

Imperfetto nella struttura, volutamente strascicata, ma potente nello svolgimento, Cosimo e Nicole colpisce per la resa degli attori - con uno Scamarcio particolarmente espressivo e una Ponsot che farà sciogliere parecchi cuori - e per l’impianto moderno ed efficace della storia d’amore, un rapporto difficile che rischia di essere spazzato via da un trauma che, una volta tanto, non ha a che vedere col solito lutto/tradimento/violenza. Ci sono nel film venature sociali ma, più che rimandare al G8 - che si limita a far da contesto per l’incontro dei due protagonisti - girano attorno al tema delle ‘morti bianche’ e in particolare su quelle che avvengono nel mondo apparentemente festoso e spensierato dei concerti rock: "Quando abbiamo iniziato a scrivere - ha detto lo sceneggiatore Giuliano Miniati, che ha lavorato a fianco di Amato e di Daniela Gambaro - non si erano ancora verificati i casi di cronaca nera relativi ai concerti di Jovanotti, di Laura Pausini, di Madonna e dei Radiohead. Ci aveva piuttosto colpito una storia accaduta a Bergamo, dove un operaio marocchino caduto da un tetto era stato abbandonato dal suo datore di lavoro sul ciglio della strada. Quando poi il datore ha saputo che l'uomo non era morto, ha mandato in ospedale sua figlia per corromperlo e metterlo a tacere. Anche in questo caso abbiamo fatto molte ricerche intervistando facchini e capistruttura nell'ambiente di chi costruisce palchi per concerti". Un’opera seconda che, cambiando genere - il primo film di Amato, l’apprezzato Ma che ci faccio qui? era una commedia - si prende i rischi e le responsabilità del caso restituendo l’immagine di un’autore che ha la giusta voglia di crescere e sperimentare.

Cosimo e Nicole Dalla commedia di Ma che ci faccio qui? al dramma social-sentimentale della sua opera seconda, Francesco Amato si conferma un buon autore con tutte le carte in regola per crescere al meglio. Il film è forse strutturalmente imperfetto, ma tratta temi forti e lascia tracce concrete di riflessione sotto la pelle dello spettatore. Meritato il premio attribuitogli dalla giuria di Prospettive Italia al Festival di Roma.

7

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