Recensione Diamond 13

Recensione del poliziesco francese interpretato da Gerard Depardieu e Asia Argento

Recensione Diamond 13
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"'Se faccio un altro film, sarà proprio questo. Questo pensiero mi girava per la testa da un po' di tempo. In quel momento ho scoperto il romanzo di Hugues Pagan, sono entrato nel mondo di Pagan, e ho lavorato con lui alla prima bozza dell'adattamento. Poi, la vita, l'industria cinematografica e altri imprevisti ci hanno più volte separato, distanziato, ostacolato. Ma ogni volta questo è tornato più forte, più chiaro, più ossessivo, come una melodia che non riesci a toglierti dalla testa. Conosco ogni dettaglio, ogni riga...è parte di me".
Con queste parole, il francese Gilles Béhat, autore prevalentemente televisivo, che annovera nella propria filmografia anche quel Coreografia di un delitto che vide nel 1990 Alain Delon e Claude Brasseur alle prese con la misteriosa morte di alcuni allievi di una scuola di ballo, sintetizza il lungo processo attraverso cui ha provveduto a portare sullo schermo il bestseller di Hugues Pagan L'etage des morts, edito in Italia da Meridiano Zero con il titolo Dead end blues.
Sono quindi le pagine di uno dei migliori scrittori francesi di noir, già fonte d'ispirazione per non pochi prodotti destinati al piccolo schermo, a fare da soggetto per l'ennesimo titolo rientrante in quello che viene comunemente chiamato polar, ovvero il poliziesco d'oltralpe, rappresentato negli ultimi anni soprattutto dalla riuscita trilogia di Olivier Marchal costituita da Gangsters (2002), 36 (2004) e L'ultima missione (2008).

Parola di Gerard Depardieu

Al cinema, di solito sono impegnato in storie d’amore, commedie o film d’avventura. Non conosco bene il giallo, ma ci sono alcuni film di questo genere in cui ho recitato, ad esempio Lo specchio del desiderio. Ma più che veri gialli, in queste pellicole erano le situazioni e le ambientazioni che contavano, il vero giallo è una cosa diversa. Anche Police de Pialat, era più un reportage su quello che succedeva in quegli anni tra i poliziotti. Ma penso che la polizia sia veramente cambiata, compreso rispetto a quello che racconta Olivier Marchal ne L'ultima missione. Olivier ha fatto grandi film sulla polizia vista dall’interno. Io ho conosciuto poco la polizia, ma diciamo che non è un mondo molto interessante quando si filma soltanto il loro lavoro.

Roba da Mat

E troviamo proprio Marchal - anche co-sceneggiatore della pellicola insieme allo stesso regista - nei panni del poliziotto Franck della squadra antidroga, il quale, dopo aver proposto un furto di soldi sporchi all'incorruttibile amico Mat del reparto criminale della Polizia di Parigi, con le fattezze dell'immenso (in tutti i sensi) Gerard Depardieu, finisce coinvolto in un enorme traffico di stupefacenti.
Situazione che porta proprio Mat a mettere a rischio vita e carriera al fine di neutralizzare la più potente organizzazione criminale della capitale francese; mentre l'intrigo s'infittisce, tra cadaveri disseminati e colpi di scena, coinvolgendo in una vera e propria spirale di corruzione il feroce malvivente Ladje, cui concede anima e corpo l'Aurélien Recoing visto anche nello zombie-movie The horde (2009), il cantante transessuale Django, interpretato dal Jean-François Wolff di JCVD-Nessuna giustizia (2008), e Calhoune alias Asia Argento, ex fiamma del solitario protagonista, il quale si trova anche a dover salvare una ragazza di colore aspirante suicida.

Polar express

Quindi, un autentico polar d'acciaio che tenta di rifarsi in maniera evidente proprio ai succitati lavori di Marchal, che del film dice: "Diamond 13 è innanzittutto la storia della mia amicizia con Gilles Béhat, il regista che avevo adorato in Les Longs Manteaux, Rue Barbare e Urgence. Un giorno Gilles mi ha regalato il romanzo Dead end Blues di Hugues Pagan, un poliziotto in pensione che ha scritto dei libri che mi sono piaciuti moltissimo. Come Pagan, anche io, per sette anni, ho fatto parte di una pattuglia notturna. Dead end Blues racconta la storia di uno di questi poliziotti. Gilles mi ha chiesto il mio parere sulla sceneggiatura che aveva scritto una decina di anni prima con Hugues. Gli ho risposto: ‘Gilles è troppo lunga! Il tuo film così durerà almeno due ore e quarantacinque!' Ho fatto dei tagli al primo montaggio, era rilassante perché non avevo lo stress di un contratto. Poco a poco il progetto è andato avanti, Gilles ha incontrato il produttore Patrick Quinet e abbiamo cominciato a girare".
Certo, i risultati sono decisamente inferiori rispetto a quelli raggiunti dai tasselli della trilogia marchaliana, ma Béhat delinea a dovere le psicologie dei diversi personaggi, tutti incarnati da attori in ottima forma, al di là della nostra Argento che, come di consueto, incorre nell'imperdonabile errore di doppiarsi con la sua stessa voce.
Il resto, in mezzo a una piccola e indispensabile dose spari e schizzi di sangue, lo fa la contrastata fotografia di Bernard Malaisy, pronta a permettere a tristi ombre di calare sui volti dei protagonisti, immersi in una grigia e umida Parigi. Fino ad un epilogo abbastanza prevedibile, ma niente male, in perfetta sintonia con un'operazione che non propone quasi nulla di nuovo, rimaneggiando gli stilemi tipici del filone senza far rimpiangere troppo i soldi spesi per il biglietto.

Diamond 13 Tratto da Dead end Blues di Hugues Pagan, l’ennesimo esempio di polar d’inizio XXI secolo, volto come molti altri titoli sfornati nell’ultimo decennio a raccogliere l’eredità della grande tradizione rappresentata da Jean Gabin, Lino Ventura, Alain Delon e Jean-Paul Belmondo, tenta di rifarsi evidentemente all’apprezzata trilogia di Olivier Marchal costituita da Gangsters (2002), 36 (2004) e L’ultima missione (2008). E “tenta” è proprio il giusto termine da usare, perché questo Diamond 13, qualitativamente parlando, non si avvicina affatto alle vette raggiunte da quei tre film, pur annoverando più pregi che difetti e mostrandosi sufficientemente capace di coinvolgere lo spettatore in un non entusiasmante, ma guardabile intrigo noir.

6

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