Recensione Diplomacy - Una notte per salvare Parigi

L'accattivante ricostruzione di un fine atto diplomatico volto a salvare Parigi dagli ultimi fuochi della follia nazista

Recensione Diplomacy - Una notte per salvare Parigi
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Parigi, 23 agosto 1944. La Germania nazista è prossima alla disfatta, mentre avanzano sempre più compatte le truppe alleate. Eppure, ancora non pronto a rassegnarsi, il führer, dal suo bunker berlinese, ordina al Generale von Choltitz (a capo della guarnigione tedesca di Parigi) di procedere alla distruzione della capitale francese, di eliminare in un colpo solo la fastosa architettura della Ville Lumière e i suoi cittadini. Un ordine dettato con grande probabilità dalla volontà di Hitler di sfigurare Parigi come era accaduto per Berlino e di non permetter così alla capitale francese di mantenere il suo ‘primato estetico'. Ma quest'ordine (nella realtà storica dei fatti) non verrà mai eseguito, lasciando così intatte le bellezze della Parigi che tutti conosciamo e che ancora oggi è custode di alcune ineguagliabili espressioni d'arte. Diplomacy del regista Volker Schlöndorff cerca di dare una chiave di lettura plausibile ai motivi che spinsero il Generale von Choltitz a non portare a termine uno degli ultimi, folli ordini di Hitler. E nel disvelare questa presunta, ipotetica pagina di storia, diventa centrale la figura di un altro uomo, Raoul Nordling (interpretato da André Dussollier), all'epoca dei fatti Console Generale di Svezia a Parigi, e che in quel frangente incontrò più volte il Generale tedesco, instillando forse nell'uomo il dubbio di quella possibile disubbidienza a un ordine che (assecondato) avrebbe cambiato per sempre non solo la fisionomia di Parigi ma anche le sorti socio-politiche dell'Europa di cui oggi facciamo parte.

Salvando Parigi

Partendo dunque da una speculazione politica e riadattando per il cinema la fonte d'ispirazione teatrale (Diplomatie di Cyril Gely), Diplomacy del regista tedesco Volker Schlöndorff porta realmente in scena una mirabile azione di diplomazia che pur nella sua non storica fondatezza riapre l'interessante riflessione del rapporto tra uomo e coscienza nei casi limiti, come quello di una guerra feroce e dilaniante in cui la volontà del singolo lascia il posto alla mera esecuzione dell'ordine, qualsiasi esso sia (affermerà a questo proposito von Choltitz in merito all'ordine di distruggere Parigi e tutti i suoi abitanti: "Non ho mai ricevuto ordini aberranti"). Il paradosso dell'uomo che diventa criminale per semplice aderenza agli ordini e ai dettami della guerra è stato da sempre fonte di numerosi dibattiti, polemiche, tutte poi raccordate attorno al labile filo di quella banalità del male acutamente ricostruita dalla Arendt. Può dunque un uomo in casi limite mantenere un rapporto limpido con la propria coscienza? Diplomacy, mantenendo l'impostazione teatrale e dunque il minimalismo di spazi (è quasi tutto girato nella fastosa stanza d'albergo dove alloggia il Generale) e personaggi (quasi l'intero film poggia sul confronto dialettico, esistenziale tra il Generale e il Console), riporta in auge proprio il tema dell'uomo nel confronto con sé stesso e con la propria morale in una situazione che definire al limite è a dir poco riduttivo. Volker Schlöndorff rilegge dunque questa pagina storica di un dramma sventato attraverso il confronto tra due uomini, abituati a essere per ruolo uno mero braccio esecutore l'altro mente, in grado di portare l'avversario alla resa con la sola forza della propria dialettica. E, infatti, sarà proprio chiamando in causa la pagina biblica di Abramo, l'amore di un padre per i propri figli e non da ultima la grande differenza insita nell'esser ricordati come salvatori anziché come distruttori, ad abbassare gradualmente le difese 'militari' del Generale per ricondurlo invece a una dimensione umana, più fragile e dunque più incline ad ascoltare le ragioni della propria coscienza. Un duetto umano davvero interessante, reso tale senza dubbio dalla forza di dialoghi che sanno essere sempre funzionali e incalzanti, e da una coppia di attori davvero magistrali e perfettamente calati nei loro ruoli e nelle sfumature del loro riflettere. È, infine, un confronto tutto umano che si muove tra due esistenze diverse eppure similmente in grado di dare del filo da torcere al proprio interlocutore: da un lato la durezza apparente del Generale di Niels Arestrup e dall'altro l'essenza enigmatica (verbale e mimica) del Console, interpretato da uno straordinario e sfuggente Andre Dussollier.

Diplomacy - Una notte per salvare Parigi D'impianto teatrale e basato tutto sulla fine dialettica e sul filosofeggiare (politico ed esistenziale) dei due protagonisti assoluti, Diplomacy ricostruisce la suspense di un momento della storia che decise non solo delle sorti della Villa Lumiere ma anche dell'assetto socio-politico dell'Europa intera. Forte soprattutto delle magistrali interpretazioni di Niels Arestrup e Andre Dussollier rispettivamente nei panni del Generale Dietrichvon Choltitz e del Console Raoul Nordling, l'opera del tedesco Volker Schlondorff fa del rigore e della sintesi narrativa i suoi punti di forza e di coesione dimostrando come anche un'ipotesi storica a volte può essere di fondamentale importanza per la comprensione della Storia.

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