Recensione Emotivi Anonimi

Dalla Francia una favola sentimentale sulla paura di vivere e l'urgenza di amare

Recensione Emotivi Anonimi
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Il regista francese Jean-Pierre Ameris si avvale del realismo magico unito al potere anestetizzante e afrodisiaco che da sempre contraddistingue la cioccolata, dolce e amara a un tempo, per narrare la storia di due esistenze strappate al loro solipsismo (indotto da una iper-emotività che sconfina nell'asocialità) e unite in virtù di una passione dolciaria destinata a far convergere le loro strade. Sulla scia di sognanti atmosfere tutte français che richiamano alla mente il duo Binoche-Depp di Chocolat, Améris riadatta a un tempo presente (che rimane però sempre fedele a una evasiva atemporalità) la favola di un lui e una lei ostacolati dalla loro stessa paura di vivere, provare emozioni, rischiare. Una condizione di umana difficoltà comune a così tante persone da aver dato vita a veri e propri gruppi (il primo - negli Sati Uniti- risale al 1971) di ‘riabilitazione emotiva' che si pongono come obbiettivo quello di far aprire gli emotivi alla vita, ristabilire nelle loro vite un senso di fiducia nei confronti del prossimo e del mondo. Ed è proprio osservando e studiando le realtà di questi gruppi che il regista francese accende i riflettori sui meccanismi - a volte diabolici - di un'emotività che, se non incanalata verso la creatività, può tradursi in impossibilità di vivere.

You are my destiny

Jean-René (Benoit Poelvoorde) è lo schivo e apparentemente burbero proprietario di una fabbrica di cioccolata, in realtà uomo sensibile e profondo incapace di gestire le proprie emozioni che non fa che ripetersi come un mantra "Io ho fiducia nel futuro, Io mi apro alla vita, Io sono un vulcano" senza davvero credere nel senso di queste affermazioni. L'incontro con Angélique (Isabelle Carrè), cioccolataia di talento e donna afflitta da una iper-emotività che cerca di gestire frequentando gruppi di ‘emotivi anonimi', renderà concreta la possibilità di uscire da quell'‘ostruzionismo sentimentale'. Ma per due esistenze, entrambe afflitte da un'emotività irrazionale, ogni gesto o tentativo di approccio si trasforma in un'ardua impresa da realizzare. Assunta in fabbrica come responsabile delle vendite, Angélique si mostrerà sin da subito determinata ad apparire all'altezza del compito (nonostante la sua vera vocazione sia fare la cioccolataia) mentre, dal canto suo, Jean-René (spronato dal suo analista) tenterà il tutto per tutto pur di vincere la sua timidezza ed entrare in contatto con la donna che, forse, potrebbe rappresentare il suo destino. Tra momenti di ingenuo imbarazzo, tentennamenti, fughe e ritrosie, comunque subordinate alla impellente voglia di rischiare, Jean-René e Angélique compiranno dunque il loro percorso di emotivi, anonimamente aggrappati a una sicurezza che di fatto significa solitudine, per scoprire poi come, in fin de conti, sia molto più facile abbandonare quel doloroso porto franco di isolamento e abbandonarsi (senza reti) alla vita.

Un lieve candore

Emotivi anonimi è un po' come una lieve spolverata di neve che non riesce ad attaccare al suolo, ma che s'insinua ciò nonostante nell'immaginazione dello spettatore grazie alla tenera malia dei due protagonisti, amabilmente contraddistinti dai loro tic, dalle loro smorfie, dalla loro sostanziale incapacità di superare - senza intoppi - la distanza di sicurezza oltre la quale possono sbocciare e fiorire i sentimenti. E anche se il ritmo altalenante, tra flash di indubbia simpatia e momenti di ridondanza narrativa, in parte inficia la fluidità del racconto, Jean-René e Angélique riescono invece a far breccia nel nostro cuore grazie alla loro importante allegoria di 'rinascita'; due anime spaesate e trasognate quanto basta per aprirci le porte di un mondo romantico e ingenuo (che ci appare oggi forse più distante che mai) e del quale vorremmo invece fare parte. Perché a volte, tutto sommato, val la pena di abdicare alla razionalità e correre anche il rischio di farsi trascinare in fondo. Vivendo. 

Emotivi Anonimi Dalla Francia arriva con tutto il suadente effluvio di cioccolata una commedia leggera sul tema dell’iper-emotività che mal si concilia con l’abbandono necessario ai rapporti interpersonali. E se da una parte la pellicola tende a ripetere un po’ sé stessa indugiando sempre sullo stesso tema, d’altro canto sono due le prove dei due irresistibili protagonisti a evitare che la storia s’inabissi. Ed infatti è nell’eccentrica emotività di Jean-René e Angélique, che si muove a sua volta all’interno di un’atmosfera magicamente priva di punti di riferimento spazio-temporali, che il film trova la sua ancora di salvezza, giungendo all’epilogo un po’ provato ma non sfinito.

6.5

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