Recensione Fair Game - Caccia alla spia

Recensione del film con Naomi Watts e Sean Penn

Recensione Fair Game - Caccia alla spia
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"Era davvero una storia affascinante dal punto di vista storico e, più Valerie e Joe ci raccontavano quanto questo avesse condizionato il loro matrimonio, più ci rendevamo conto che si trattava di un dramma umano molto profondo".
A parlare è Jerry Zucker, regista di Ghost-Fantasma (1990), ma, soprattutto, artefice insieme al fratello David e a Jim Abrahams di veri e propri capolavori della risata del calibro de L'aereo più pazzo del mondo (1980) e Top secret! (1984), il quale figura tra i produttori del settimo lungometraggio cinematografico diretto dal newyorkese Doug Liman, il cui curriculum dietro la macchina da presa include, tra gli altri, The Bourne identity (2002) con Matt Damon e Mr e Mrs Smith (2005), interpretato da Brad Pitt e Angelina Jolie.
Su sceneggiatura di Lez e John Henry Butterworth, uno sguardo su celluloide nei corridoi oscuri del potere politico prendendo il via dall'autobiografia della vita reale di Valerie Plame, agente segreto della CIA la cui carriera venne distrutta e il suo matrimonio portato all'esasperazione da una notizia trapelata dalla Casa Bianca.

The Plame identity

Quindi, dopo 21 grammi (2003) di Alejandro González Iñárritu e The assassination (2004) di Niels Mueller, ritroviamo di nuovo insieme Naomi Watts e Sean Penn; l'una nel ruolo della protagonista, la quale scopre che, contrariamente a ciò che crede il governo degli Stati Uniti, l'Iraq non ha alcun programma per le armi nucleari, l'altro in quello del marito Joseph Wilson, inviato in Africa per indagare su alcune voci riguardanti una possibile vendita di uranio arricchito alla nazione di Saddam Hussein.
Da qui, mentre Joseph, non scovando alcuna prova di affari a tale proposito, scatena una bufera di controversie scrivendo un articolo sul New York Times con le sue conclusioni, Valerie si trova con la sua identità top secret rivelata ai più importanti giornalisti di Washington, forse per un felice incidente, forse per una campagna architettata per rappresaglia contro il marito.
E, priva di copertura, con l'attività di Joseph che va in rovina, i suoi contatti oltreoceano ormai scoperti e vulnerabili e amici e parenti che, indignati, prendono le distanze, riceve anonime minacce di morte mentre fa fatica a salvare la sua reputazione, la sua carriera e il suo matrimonio.

Mr e Mrs Wilson

"Era una donna che aveva vissuto una vita segreta per molto tempo" prosegue Zucker, "I suoi amici intimi pensavano fosse una ‘venture capitalist' e improvvisamente è stata gettata sotto la luce dei riflettori come una spia, obbligata a parlare in pubblico e a difendere la propria vita. E' stato davvero un capovolgimento incredibile"
Ed è con titoli di testa accompagnati da Clint Eastwood dei Gorillaz che Liman apre questa vicenda di intrighi e tradimenti al cui interno, ovviamente, sono stati cambiati alcuni nomi ed introdotti personaggi di fantasia, in quanto, come spiega il produttore Bill Pohland: "Fair game non intende essere un documento prettamente storico e neppure polemico a livello politico; è il ritratto emotivo di due persone straordinarie, coraggiose e determinate che si trovano intrappolate in una storia devastante, e di un matrimonio che supera l'esame più estremo. Quello che noi speriamo è che il pubblico non si fermi solo a considerare chi ha ragione e chi ha torto, questa è la storia di persone che non hanno avuto paura di parlare davanti ad un abuso di potere, e che si sono trovate coinvolte dal sistema del nostro Paese, e, rifiutandosi di fare la marcia indietro, non hanno permesso che accadesse quello che doveva accadere".
Ma, quello che nell'idea del regista, sulla carta, poteva essere inteso come il vero Mr e Mrs Smith, se non come una sorta di sua continuazione, non punta giustamente sulla assurda, facile azione fracassona (che ha caratterizzato anche il suo pessimo Jumper, del 2008), ma tenta d'incarnare le fattezze di un thriller di spionaggio basandosi interamente sui dialoghi.
Però, nonostante il buon montaggio per mano di Christopher"The village"Tellefsen, i circa 107 minuti di visione non faticano ad apparire ben presto eccessivamente verbosi, lasciando allo spettatore soltanto il piacere di gustare per l'ennesima volta un'ottima performance dei due difficilmente disprezzabili protagonisti.
Tutto il resto, fino ai titoli di coda che scorrono su un filmato riguardante la vera Plame, è noia. A meno che non siate amanti irriducibili delle storie di politica.

Fair Game Regista di Mr e Mrs Smith (2005) e Jumper (2008), il newyorkese Doug Liman parte questa volta dai libri The politics of truth di Joseph Wilson e Fair game di Valerie Plame per raccontare proprio il vero episodio che, a causa di una notizia trapelata dalla Casa Bianca, ebbe negativi effetti sulle carriere e sul matrimonio dei due: il primo politico statunitense, la seconda agente segreto della CIA. Ma, se il regista si era dimostrato decisamente poco capace di coinvolgere lo spettatore attraverso i suoi precedenti, citati lavori, che puntavano principalmente sull’azione, ci riesce ancora meno con 107 minuti di visione che, del tutto costruiti sui dialoghi e caratterizzati da un taglio più letterario che cinematografico, finiscono per interessare soltanto gli appassionati di politica. Annoiando tutti gli altri.

5.5

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