Recensione Flight

Il ritorno di Zemeckis al cinema live action

Recensione Flight
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Tutto è cominciato nel neanche troppo lontano 1999, quando John Gatins, sceneggiatore di Dreamer-La strada per la vittoria (2005) e Real steel (2011), nonché attore con diverse passate performance anche nell'ambito dei b-movie (citiamo solo Spiritika 2-Il gioco del Diavolo e Leprechaun 3), si è trovato a lavorare come consulente tecnico su un film "epico a tema militare".
Un'esperienza che gli ha consentito di trascorrere la maggior parte del tempo con altri consulenti tecnici, per lo più piloti della Marina, i quali gli hanno raccontato le "storie più folli" su cosa hanno dovuto fare per far atterrare i loro aerei sui mari in tempesta.
Storie che hanno finito per mettere in moto la sua immaginazione, fino al concepimento dello script di Flight, di cui osserva: "Il film è uno studio sul personaggio di un uomo che lotta davvero contro i suoi demoni. Quello che, per lui, avrebbe dovuto essere un normale giorno di lavoro si trasforma in una serie di eventi sfortunati che portano a un avvenimento disastroso sul suo aereo. Da qui inizia a svolgersi per lui una storia più grande, sia personale che professionale. Mentre questo mondo si schiude, noi guardiamo l'uomo al centro disfarsi e svelarsi".

Il training di Washington

Per ricoprire il ruolo di Whip Whitaker, Denzel Washington voleva lavorare con un istruttore di volo e sottoporsi a un training serio, cosicché interpretare un pilota sarebbe stato spontaneo, come una seconda natura, soprattutto per le scene in cui si trova nella cabina di pilotaggio e assume il controllo dell’aereo. Quindi, è stato messo in contatto dalla produzione con un pilota di Atalanta, è andato su un simulatore ed ha trascorso molte ore a esercitarsi per poter diventare abile nel pilotare un aeromobile. Inoltre, si è scrupolosamente occupato di far sapere ai piloti che il film non era un atto d’accusa contro di loro.

Ritorno al... live action

Ed è il doppiamente premio Oscar Denzel Washington a vestire i panni del comandante Whip Whitaker, pilota del SouthJet 227, nonché protagonista del lungometraggio che segna il ritorno alle pellicole live action per il Robert Zemeckis autore della trilogia Ritorno al futuro, dedicatosi, da XXI secolo iniziato, esclusivamente a prodotti realizzati in performance capture; da Polar express (2004) a A Christmas carol (2009), passando per La leggenda di Beowulf (2007).
Il SouthJet 227 che, un mattino di metà autunno, parte da Orlando per quello che doveva essere uno dei suoi soliti voli di routine, imbattendosi, invece, in una turbolenza più intensa del previsto che lo trascina in una forte tempesta; in seguito alla quale i piloti registrano una serie di inesplicabili guasti meccanici che fanno ballare, tremare e precipitare l'aereo, fino a spingere Whip ad attuare una disperata manovra e a tentare un atterraggio di fortuna, a 140 miglia all'ora, su un pezzo di terra adiacente a una chiesa.
Atterraggio di fortuna che costa la vita soltanto a sei dei centodue passeggeri e che, quindi, provvede a spingere i media a rendere Whip un eroe; anche se la causa del disastro non è completamente chiara ai suoi superiori e, in particolare, al NTSB (National Transportation Safety Board), tanto che non tarda ad essere avviata un'indagine.

Save the last Denzel

Quindi, è la storia dell'impresa straordinaria ed eroica di un uomo e di come, mentre si difende, scopra la sua vera grazia e il suo vero valore quella che prende progressivamente forma nel corso delle quasi due ore e venti di visione; destinate presto a tirare in ballo anche Kelly"Sherlock Holmes"Reilly nel ruolo di Nicole, fotografa a corto di lavoro che si sta riprendendo da una vicenda di abuso di droga, nonché spirito affine a quello di Whip.
Lo stesso Whip che, immediatamente, vediamo preso a sniffare cocaina, lasciandoci intendere che non sia il classico individuo positivo da film americano a cui ci si affeziona; tanto che Zemeckis dichiara: "Quello che mi ha davvero catturato è stata la complessità di tutti i personaggi, che hanno tutti delle sfumature. Non sono i tipici ‘bravi ragazzi e/o cattivi ragazzi'. Ognuno, in qualche modo, è danneggiato e questo diventa il motore drammatico del film".
Personaggi che spaziano dal divertente Harling Mays, cui concede anima e corpo John Goodman, a Charlie Anderson, con le fattezze dell'ottimo Bruce Greenwood, amico e rappresentate sindacale del protagonista, che, come pure il furbo e schietto avvocato Hugh Lang alias Don Cheadle, si occupa del suo caso.
Tutti in grandissima forma, al servizio di un elaborato che, in un primo momento, potrebbe lasciar pensare a un'operazione alla M. Night Shyamalan, ma la cui totale assenza di elementi soprannaturali lo trasporta in tutt'altra tipologia di spettacolo su celluloide; seppur vicina ai lavori dell'autore di The sixth sense-Il sesto senso (1999), sia per quanto riguarda i lenti ritmi di narrazione che nell'intento di trasmettere un messaggio relativo alla scoperta che un essere umano, nella vita, si trova spesso a dover fare di se stesso.
Nulla di eccezionale e, forse, eccessivamente tirato per le lunghe, ma il solo finale speranzoso, piuttosto atipico per questo pessimista periodo cinematografico d'inizio terzo millennio, provvede a conferire al tutto un affascinante aspetto da racconto anni Trenta o Quaranta catapultato ai giorni nostri.

Flight Si parte da un disastro aereo alla Final destination, ma, al di là della sequenza spettacolare in se, il ritorno di Robert Zemeckis al cinema live action non punta all’intrattenimento, bensì a porre in scena la maniera in cui un uomo, progressivamente, scopre la sua vera grazia e il suo vero valore. Grande cast, ritmi lenti e, forse, eccessiva lunghezza, ma con un bel finale che sembra quasi riportarci, soprattutto dal punto di vista morale, a un cinema che non si fa più. Certo, per essere l’ultima fatica dell’autore di classici del calibro di Ritorno al futuro (1985) e Forrest Gump (1994), c’era da aspettarsi qualcosa di molto più speciale.

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