Recensione Ghesseha - Tales

Torna la 'signora del cinema iraniano' per raccontare storie che rappresentano diversi strati sociali nell'Iran moderno

Recensione Ghesseha - Tales
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Nell’ambito di una progressiva espansione della cinematografia iraniana, che nel corso degli ultimi anni si è guadagnata una visibilità ed un consenso sempre maggiori nel panorama internazionale e in particolare all’interno dei festival (un nome su tutti è quello di Asghar Farhadi, autore dei premiatissimi Una separazione e Il passato), la 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia propone in concorso Ghesseha - Tales, nuova opera della regista e sceneggiatrice Rakhshan Bani-Etemad, molto apprezzata in patria ma ancora poco nota al di fuori dei circuiti festivalieri. Come già indicato fin dal titolo internazionale, Tales è costituito da un collage di storie private che si incrociano e si intersecano nella cornice dell’Iran contemporanea, in una tessitura corale la cui visione d’insieme assurge ad affresco emblematico di una nazione afflitta da profonde divisioni.

Iran, oggi

La famiglia e la società, nello specifico, costituiscono i due principali poli d’attenzione verso i quali è rivolto lo sguardo della Bani-Etemad. Dal conflitto generazionale “a distanza” fra un padre e una coppia di figli “ribelli” che conversano in metropolitana, passando per la violenza di un marito che ha sfregiato il viso della moglie provocandole gravi ustioni, la famiglia, elemento primario del tessuto sociale, si presenta come il riflesso dei drammi e delle ingiustizie di una nazione alla difficile ricerca di una “modernità” che, perfino nel 2014, appare quanto mai lontana e utopistica. Talvolta, bisogna ammetterlo, la mano di Rakhshan Bani-Etemad sembra fin troppo calcata, e l’intento di denuncia sociale rischia di scivolare in un eccessivo didascalismo: è il caso dell’episodio del pensionato che tenta invano di ottenere un rimborso per le proprie spese mediche, scontrandosi però con l’ottusità e l’indifferenza di uno squallido burocrate per nulla interessato al suo caso.

Fra realismo e denuncia sociale

In altri segmenti, invece, l’impianto drammaturgico messo in piedi dalla regista si dimostra più fluido ed incisivo, pur nella sostanziale brevità dei percorsi esistenziali rappresentati sullo schermo nell’arco di un’ora e mezza di durata complessiva. Sospesa in un precario equilibrio fra il vivido realismo e la necessità di non scivolare nella retorica, Rakhshan Bani-Etemad sa convincere maggiormente laddove sceglie di lavorare di fino, scavando più in profondità nei caratteri dei personaggi fino a metterne in luce le aspirazioni e le frustrazioni, le paure e le speranze: è il caso, ad esempio, dello sferzante dialogo conclusivo fra un giovane che lavora come autista (l’attore Peyman Moaadi, protagonista maschile del succitato Una separazione) e una donna che si adopera per soccorrere le prostitute in strada. Anche questi due personaggi, pur nella reciproca diversità di prospettive, simboleggiano il desiderio e lo sforzo di cambiamento di un paese faticosamente impegnato a costruirsi una nuova possibilità di futuro a dispetto di tutte le storture del presente.

Ghesseha - Tales Un affresco composito dell’Iran di oggi, fra piccoli e grandi drammi quotidiani e singoli individui alle prese con uno Stato indifferente e autoritario, sulla cornice di una contemporaneità che talvolta sembra non lasciare alcuno spiraglio di speranza per il futuro: è l’amaro ritratto delineato dalla regista e sceneggiatrice Rakhshan Bani-Etemad in Tales, il film corale presentato in concorso alla 71° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

7

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