Speciale I ragazzi stanno bene - Conferenza Stampa

Julianne Moore a Roma per presentare il film.

Speciale I ragazzi stanno bene - Conferenza Stampa
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Anche Julianne Moore arriva a Roma per presentare l'ultimo film che la vede protagonista: The Kids are All Right di Lisa Cholodenko, che ha già conquistato il Sundance Film Festival e il Festival di Berlino. Tra curiosità, retroscena, considerazioni ed emozione per il Marco Aurelio alla carriera consegnatole durante il corso stesso della giornata, la bellissima e bravissima attrice si concede alle domande della stampa internazionale.

La famiglia tradizionale

Come si è preparata per questo ruolo, così diverso dai suoi soliti?
La più grande sfida per un attore è quella di dare una realtà al personaggio che interpreta. È stato piuttosto semplice perché non dovevo fare molte ricerche a riguardo, avendo già una grande esperienza personale nel campo della famiglia e della genitorialità. Alla fine il film è di questo che parla e sono delle tematiche molto universali che toccano tutti e con cui tutti abbiamo a che fare nella vita.

Contrariamente a quanto succede nel nostro Paese, in America le famiglie omosessuali sembrano essere una normalità. È cosi? E lei cosa ne pensa?
Ci sono sempre più famiglie di fatto nel mondo, soprattutto negli Stati Uniti. Recentemente sono anche state oggetto di studio di una serie di articoli del New York Times che ha seguito delle famiglie gay per circa vent'anni. I ragazzi cresicuti all'interno di questi nuclei sono educati, stanno psicologicamente bene e sono socialmente inseriti. Quindi è tutto normale.

Si dice che la storia del film sia autobiografica. È vero?
Nel periodo in cui stava lavorando al film, Lisa Cholodenko stava parlando con la sua compagna della possibilità di costruire una famiglia e quindi di cercare un donatore di sperma. Quando ha incontrato Stuart Blumberg, lo sceneggiatore, è venuto casualmente fuori che ai tempi del college lui era stato un donatore di sperma e così sono state poste le basi per avviare la storia. Ma tutto il resto è solo una costruzione narrativa.

Normalmente tra madre e figlia esiste quella che viene chiamata Sindrome di Biancaneve. In questo film invece sembra non esserci nessun conflitto, nonostante uil numero delle madri sia maggiore. Come mai?
In questo film le due madri non sono in competizione con i loro figli. Sono piuttosto delle donne notevoli seppur con tutti i loro difetti. Alla fine che si tratti di due donne, uomini, o di entrambi i sessi, i figli hanno solo bisogno di due genitori che li vogliano bene: tutto il resto è un dettaglio.

Nonostante si parli di una famiglia poco convenzionale, alla fine il film sembra affrontare delle tematiche normali, anzi tradizionali...
Io penso che la famiglia descritta sia molto normale. Ci si dimentica molto presto che è capeggiata da due donne e si pensa solo ai meccanismi che stanno muovendosi all'interno del nucleo familiare. Spesso i film parlano del momento in cui due persone si incontrano, si innamorano e iniziano una vita insieme. Ma per la maggior parte di noi questo momento è solo un flash. Questo film affronta invece quello che viene dopo il matrimonio, la normalità di una vita passata insieme. Anzi offre un punto di vista molto positivo sul matrimonio, nonostante viviamo in un periodo in cui questo sia svalutato.

Che cosa ha imparato da questo film sul tradimento e come si pone lei rispetto alla possibilità di tradire qualcuno quando si ha una relazione molto lunga?

Jules è un personaggio che si è perso. Per 18 anni è stata chiusa in casa, sacrificando il proprio lavoro, per fare la mamma. Non si sente realizzata, non vede riconosciuti i suoi sforzi ed è quindi in crisi. Non riesce a esprimere bene il modo il cui si sente, non è capace di dirlo ad alta voce davanti agli altri. Poi nella sua vita arriva Paul, questo tizio che all'improvviso sembra darle un riconoscimento, che è esattamente quello che lei sta cercando. Le manca, perché sente che fino a quel momento non le è stato dato. Nell'amore, nella famiglia, nella vita di coppia c'è moltissima elasticità. Non esiste solo il bianco e il nero e le persone non hanno sempre le idee molto chiare. C'è spazio per molta ambiguità ma c'è anche spazio per il perdono.

Qual è stato secondo lei il momento di svolta della sua carriera?
Fino ai miei vent'anni ho sempre lavorato molto nel mondo della televisione o sui palcoscenici teatrali. Poi all'inizio degli anni Novanta ho girato tre film indipendenti che sono stati distribuiti però contemporaneamente e questo mi ha fatto diventare improvvisamente un'attrice cinematografica. Non so nemmeno se questo era quello che avrei voluto fare sul serio.

Lavorare sul futuro

Considerato quanto ci mostra il film, possiamo dichiarare che si può fare a meno dei padri?
È una domanda molto pesante, perché prevede moltissime sfumature. Io credo che qualsiasi scelta si faccia, la famiglia rimane sempre la famiglia. Un genitore non è quello biologico, ma quello che condivide le tue giornate, che ti vede crescere, che ti consiglia e accompagna verso l'età adulta.

Il film mostra l'importanza della famiglia più che quella dei ragazzi di cui si fa riferimento nel titolo.

Questo perché Lisa chiama tutti Kids, di chiunque si tratti. È questo che si intende nel titolo, tutti i componenti della famiglia non solo i ragazzi.

Nel film ci sono diverse scene di sesso: quelle omosessuali avvengono di nascosto e sono complicate quasi meccaniche, mentre le uniche scene in cui il sesso è libero sono quelle etero. Come mai?
Io credo non sia una cosa relativa al sesso gay, ma piuttosto al sesso all'interno del matrimonio. Loro due stanno insieme da tanto tempo e proprio per questo sono arrivate a un punto in cui le cose non stanno andando molto bene, anche a livello sessuale.

Nella storia sembra mancare il punto di vista del ragazzo, il che è strano dato che lui è quello per cui la figura paterna dovrebbe essere più importante...
All'inizio del film rintracciare Paul è proprio una scelta di Laser. È lui che convince Joni a chiamarlo perché vuole sapere chi è, vuole conoscerlo. È lui che avvia tutto il percorso, proprio perché è quello che ha più bisogno di una figura paterna. Vuole un rapporto con lui, ma poi scopre che è il suo esatto opposto e non hanno quasi nulla in comune. Paul vuole recuperare il suo ruolo di padre attraverso dei consigli, come quando gli dice che il suo amico è un idiota e che non deve farsi trattare così. Gli offre un punto di vista maschile, non quello che si aspettava, ma in fondo era quello che stava cercando. Ma alla fine Laser scopre l'importanza della sua famiglia che non è costituita da Paul. In ogni caso non offre un modello da seguire, si tratta solo di un film.

È di oggi una notizia sul nostro Premier che ha affermato "Meglio belle ragazze che gay!". Lei che cosa ne pensa?
Che è un'affermazione davvero molto idiota. Ogni persona è quello che è, e rifiutare l'omosessualità o dire che il questo c'è qualcosa di sbagliato è un comportamento arcaico, infelice e decisamente imbarazzante. Lei è un'attrice di ormai cinqunt'anni. Quali sono i problemi di un'attrice della tua età in America? E com'è Julianne nella vita di tutti i giorni?
Quarantanove... non ancora cinquanta! (ride) Il problema della mia età sembra interessare moltissimi giornalisti. Avevo trentadue anni quando ho fatto questi tre film importanti che hanno lanciato la mia carriera. Ma non so che dire... penso che i media continuano a insistere su questa storia dell'età e questo non fa che peggiorare le cose. Mi sento fortunata ad aver lavorato e contemporaneamente essermi costruita una famiglia.

Lei è una donna etero, ma ha avuto a che fare con molti personaggi gay. Cosa crede possa fare la società per cambiare lo status dei gay?

Da esseri umani ci piace molto dividere tutto in categorie: sessuali, razziali, religiose. Invece dovremmo vedere le altre persone solo come esseri umani e non come parte di una classe. Bisognerebbe assumere questo atteggiamento ed entrare in contatto con loro. Più li conosci e più i pregiudizi cadono.

Se fosse successo a lei, avrebbe lasciato che i suoi figli rintracciassero il padre reale?
Penso sia una cosa molto personale. Molte persone usano un donatore di sperma e scelgono che, raggiunti i diciotto anni, i figli possano avere la possibilità di rintracciare il donatore. Io non essendomi mai trovata in una situazione del genere non so che cosa avrei fatto.

Le famiglie omosessuali sono sempre più frequenti. Pensa che questo sia il nostro futuro?

Si, non vedo perché no. In America abbiamo questo gioco da tavola che si chiama Il gioco della vita. Io ci ho giocato spesso con i miei figli: nasci, cresci, ti sposi, trovi un lavoro e metti su famiglia. Fin da piccoli loro decidevano se sposare un ragazzo o una ragazza. Per loro non fa nessuna differenza, sono abituati a questa possibilità.

Si dice che lei non ami molto provare sul set. Come siete riusciti a organizzare le esigenze di tutti e come avete lavorato?
È una cosa sempre molto impegnativa e difficile gestire un cast di molti elementi, perché ognuno sul set ha le sue abitudini, ha bisogno di qualcosa. In realtà avevamo così poco tempo che abbiamo fatto tutto in fretta. Per esempio tutta la parte che riguarda me e Mark (Ruffalo) è stata girata in soli tre giorni. Bisogna consentire a ognuno di lavorare nel modo in cui vuole... per esempio Annette Bening ha bisogno di parlare molto del film e del suo personaggio e infatti lei e Lisa hanno avuto delle lunghissime chiacchierate a riguardo prima del film.

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