Recensione Krokodyle

L'immaginario diario filmato di Mr Imago mortis

Recensione Krokodyle
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Il titolo potrebbe erroneamente spingere a pensare che quello che stiamo per vedere altro non sia che l'ennesimo eco-vengeance incentrato su un coccodrillo assassino, un po' come Alligator (1980) o Lake placid (1999).
Concepito con il supporto di Commission Torino Piemonte e con il patrocinio della città di Torino, invece, il terzo lungometraggio del romano classe 1965 Stefano Bessoni, autore di Imago mortis (2009), parte dalla figura del giovane filmmaker di origini polacche Kaspar Toporski alias Lorenzo"Giallo"Pedrotti, il quale, trasferitosi lontano dal suo paese natale in giovanissima età, è in attesa di risposte per realizzare i suoi progetti cinematografici e trascorre le giornate disegnando, scrivendo ed inventando un suo modo immaginario, destinato a diventare sempre più reale, giorno dopo giorno. Oltre a nutrire, fin da bambino, un'ammirazione sfrenata per i coccodrilli, esseri che considera perfetti e in grado di controllare lo scorrere del tempo.

Frammenti di scienze inesatte

Nell’ambito del XXXI Fantafestival è stato recuperato anche il film d’esordio di Bessoni: Frammenti di scienze inesatte (2005), che, costruito su lenti ritmi di narrazione e caratterizzato da un taglio piuttosto teatrale, ha per protagonista il dottor Zacchìa, il quale non solo dirige una scuola di medicina e scienze naturali dove si insegnano anche la tanatologia, la zoologia apocrifa e la scultura tassidermica, ma è solito affittare una vecchia casa ad alcuni suoi studenti che seleziona con attenzione. Perché, mentre i toni cupi dominano sui 105 minuti di visione, c’è ovviamente un segreto...

Nelle fauci di Stefano Bessoni

E, man mano che inizia a realizzare un film su se stesso, sorta di taccuino di appunti cinematografici fatto di immagini catturate d'istinto, disegni, fotografie, brevi animazioni, suoni, sogni e incubi, è proprio accompagnati dalla sua interiore voce narrante che affrontiamo i circa 78 minuti di visione, i quali, dominati dai dialoghi, sfruttano soprattutto cupi interni; tra cui la bottega dove nascono le sue idee, affollata di animali imbalsamati e teschi, mentre ci viene comunicato che il mondo dei registi si divide tra quelli che sanno disegnare e quelli che non sanno disegnare e vengono progressivamente tirati in ballo altri personaggi.
A partire dalla fotografa Helix, interpretata da Jun"La terza madre"Ichikawa e di cui Kaspar è timidamente innamorato, la quale, ossessionata dalla fine della vita, adora coloro che, attraverso la fotografia, sono riusciti a trasformare la morte in arte.
Ma ci sono anche il collega Bertolt, con le fattezze di Francesco"Visions"Martino, caduto nella morsa del blocco artistico dopo che pubblico e critica gli distrussero il lungometraggio che aveva diretto, e, soprattutto, il misterioso quanto folle sarto ottimamente incarnato da Franco"Si può fare"Pistoni, il quale, oltre a fornirci un'interessante discorso sulla materia, concretizza le teorie sulla creazione e sui manichini elaborate dallo scrittore polacco Bruno Schulz.
Tutte figure al servizio di una vicenda che, immersa in una grottesca atmosfera quasi anni Settanta enfatizzata sia dalla curata fotografia di Ugo Lo Pinto che dal tutt'altro che disprezzabile lavoro scenografico, trascina Kaspar, con il passare del tempo, nell'allontanamento dalla realtà, tanto da portarlo a pensare di essere sull'orlo della follia e di essere lui stesso il frutto bizzarro della sua incontrollabile fantasia.
Per un elaborato di celluloide che, ricordante a tratti anche Eraserhead-La mente che cancella (1977) di David Lynch, non fatica ad assumere le fattezze di una sorta di video-diario dello stesso Bessoni, il quale, sfruttando come alter ego proprio il protagonista, ci comunica sotto metafora il suo pensiero e i suoi stati d'animo derivati dalla dura vita di cineasta indipendente tricolore d'inizio XXI secolo.
Del resto, la didascalia che apre la pellicola parla chiaro: "Questa è una storia molto personale, stupida e senza una morale... forse macabra... e un po' paranormale".

Krokodyle Per meglio spiegare il significato di questa complessa, atipica opera cinematografica a basso costo, ricorriamo alle parole dello stesso regista: “Questo film vuole essere un diario filmato, un taccuino fatto di appunti e riflessioni, di immagini e suoni, di parole e di musica, di sogni e di incubi. Una serie di mie personali considerazioni sul cinema, sulla fissazione per la cattura delle immagini e su cosa significa vivere da filmaker, con la testa perennemente tra le nuvole, in attesa di una telefonata che mi faccia sperare che forse, e dico forse, tra mesi, o anni, partirà un mio progetto cinematografico. Il tutto chiaramente infarcito delle mie passioni, o meglio delle mie ossessioni: l’anatomia, la zoologia, la raccolta di oggetti e le wunderkammer, i freaks e le stranezze, la generazione spontanea e gli omuncoli, la fotografia, il disegno... Inoltre vorrei che potesse essere l’occasione per poter esibire libere suggestioni dalle opere di Bruno Schulz, Christian Morgenstern, Lewis Carroll e da tutti quegli autori che mi ispirano e mi influenzano fin da quando ero bambino”.

6

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