Recensione La città verrà distrutta all'alba

La recensione del remake del classico horror di George Romero.

Recensione La città verrà distrutta all'alba
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Per alcuni, schierarsi acriticamente contro i remake, i reboot o i comic movie è una moda. Se viene annunciato un film appartenente ad una delle categorie citate, la stroncatura ideologica preventiva è un atto dovuto. Strano però che, generalmente, il mood nei confronti delle centinaia di film ispirate a un singolo celebre romanzo, o alle varie versioni dei drammi (o commedie o pastorali) di Shakespeare o alle molteplici opere tratte da un fatto storico o dedicate a figure realmente esistiti non incontrino la stessa ostilità. Riteniamo che il cinema, come ogni altra manifestazione artistica, non sia esente dal naturale attaccamento che i suoi fruitori sviluppano per le vicende e i personaggi che raffigurano e non c'è nessuna regola assiomatica che impone l'uguaglianza "remake=porcata".
Semmai, e anche questo non è che sia un atteggiamento del tutto giustificabile, si dovrebbe parlare più correttamente di aspettative collegate ad un rifacimento.
Con onestà, ammettiamo che la prima news dedicata a "The Crazies", in Italia battezzato "La Città verrà Distrutta all'alba", presentava una certa dose d'ironia manifesta. Di un remake di un classico di George Romero diretto da Breck Eisner proprio non ne sentivamo la necessità; uno scetticismo figlio della precedente pellicola di Eisner tratta da un romanzo di Clive Cussler, Sahara, con Matthew McConaughey e Penelope Cruz. Uno spreco di nastro costato appena 160 milioni di dollari che si è infranto al botteghino incassandone solo 119 (ci piace ricordarvi, a proposito di Matthew McConaughey, questa divertente clip de I Griffin).
Mano a mano che il materiale sul film è iniziato a circolare con una maggiore e più capillare intensità, le nostre antenne si sono drizzate con curiosità sempre crescente e il sentore che le terribili aspettative su questo horror movie potessero venire fugate via come le nubi dopo un temporale estivo si è destato in noi.

Benvenuti a Ogden Marsh

Ogden Marsh, una piccola e ridente cittadina dell'Iowa. E' una comunità di appena 1260 abitanti dove tutti si conoscono e tutti campano grazie alle coltivazioni estensive del mais e altre graminacee. Niente sembra in grado di turbare la pace di questo paese. Ma c'è sempre un ma. Un giorno, durante una partita di baseball della squadra locale, un residente del posto irrompe, con sguardo spiritato e un colorito poco rassicurante, nel mezzo del campo armato di fucile. Lo sceriffo David Dutton (Timothy Olyphant), presente al match, tenta di calmare e indurre l'uomo ad appoggiare l'arma a terra. Inutile dire che qualcosa pare non andare nella testa dell'uomo che, invece, cerca di colpire il poliziotto, avendo però la peggio. Nel frattempo, nello studio della dottoressa Judy Dutton (Rada Mitchell), moglie dello sceriffo, arrivano sempre più pazienti che lamentano malesseri vari. In città, sono sempre di più le persone che cominciano a comportarsi in maniera decisamente strana. Durante la nottata, un altro abitante del luogo, stermina moglie e figlio dando fuoco alla loro abitazione. Lo sceriffo e il suo vice, Russell Clank (Joe Anderson) fanno partire le indagini, fino a scoprire un grande aereo finito nella riserva idrica della città. I due capiscono che il malessere che sta contagiando la popolazione locale trasformando tutti in assassini psicopatici si è diffuso proprio da li: l'aereo trasportava infatti una terribile tossina sperimentale. David convince sua moglie ad abbandonare la città, oramai del tutto isolata con telefoni ed internet fuori uso: i loro piani vengono però sventati dall'arrivo dei militari che mettono la città in quarantena. Ed è a quel punto che la situazione degenera: la fuga diventa sempre più ardua.

Iniziare protocollo di contenimento.

Per quanto alcune pellicole possano, col tempo, aver assunto lo status di cult, bisogna avere l'onestà di ammettere che il passare degli anni non è stato del tutto magnanimo con loro. "The Crazies" di Romero fa parte proprio di questo club di' "invecchiati male" (comunque amati visceralmente soprattutto dagli estimatori di un certo genere di cinema). Contrariamente a "La Notte dei Morti Viventi" che, malgrado gli oltre 40 anni, resta un baluardo del guerrilla cinema migliora come il buon vino, "La Città Verrà Distrutta all'alba" è il classico b-movie anni 70 a basso budget, con messa in scena povera e recitazione discutibile da parte del suo cast di sconosciuti (con tanto di sottotraccia politica marcata come nello stile del papà degli zombi). Ma per i motivi elencati ad inizio articolo, pensare ad un rifacimento ad opera di Breck Eisner fa accapponare la pelle, nonostante tutte le imperfezioni della pellicola originale.
E invece quello che dobbiamo fare ora e inginocchiarci sui ceci cospargendoci il capo di cenere perché questo "La Città Verrà Distrutta all'alba" versione 2010 è di gran lunga superiore all'originale. Pur senza godere dello stratosferico budget della precedente opera di Eisner, ci aggiriamo intorno ai 20 milioni di dollari contro i 160 di Sahara, la resa scenica è apprezzabilissima, e, pur pagando il pedaggio in alcune sequenze ai due migliori zombi movie degli anni duemila (28 giorni dopo e 28 settimane dopo), i soldi spesi per imbastire questo contagio cinematografico può competere benissimo con film dalle finanze ben più cospicue. Davvero intelligente la scelta del cast: Timothy Olyphant e Rada Mithcell non sono di certo nomi in grado di risuonare in maniera roboante dai cartelloni pubblicitari del film, ma assicurano l'apporto di una qualità, ovvero sia il mestiere, che dovrebbe sempre essere sfruttata anche da tanti attori più conosciuti e ormai adagiatisi sugli allori. Tanto Olyphant quanto la Mithcell, avevano già dato modo di far apprezzare la loro versatilità in pellicole di genere, Die Hard 4 per il primo e Silent Hill per l'attrice, ma in "La Città verrà distrutta all'alba" riescono a convincere del tutto con delle performance che, deo gratias, evitano i cliché stra-abusati dei protagonisti dell'horror movie standard (leggasi "stupidità sopra la media, recitazione a base di urletti e grida, modo di fare alla John Rambo" e via di questo passo); anche il vice-sceriffo di Joe Anderson dona delle buone suggestioni. Quello che lascia maggiormente impressionati di questo remake, è la conferma del sospetto che si era insinuato nelle nostre teste mano a mano che i materiali promozionali sono iniziati a circolare con maggior frequenza. Di cosa stiamo parlando? Ovviamente del fatto che i vari porting cinematografici di Resident Evil diretti e/o prodotti da quel signore noto come Paul W.S. Anderson dovrebbero essere bruciati o almeno seppelliti in una fossa scavata nel deserto del Nevada perché Breck Eisner, più che confezionare un remake del film di Romero, ha realizzato il miglior adattamento non-dichiarato di Resident Evil 4. Gli abitanti di Ogden Marsh infettati dal virus Trixie reagiscono al contagio dando sfogo alle loro paranoie represse, alle paure nascoste nei lacerti del loro animo e si comportano come i ganados del capolavoro Capcom ambientato in una Spagna mai così inquietante. L'intera struttura narrativa e visiva del film pare omaggiare in più di un passaggio i videogame della saga: più che degli zombi, ci troviamo davanti a dei sickos che vagano per la città armati di forcone, tentando di eliminare i pochi superstiti, degli esseri umano resi del tutto privi dei loro sentimenti. Anche le allusioni al grande occhio governativo, entità spietata pronta a rendere decisioni aberranti per la loro freddezza, strizzano l'occhio ai capolavori di Shinji Mikami (vedere per credere).
Romero 37 anni fa, optava per una storia nella quale i livelli narrativi erano suddivisi fra la raffigurazione di quanto accadeva nella cittadina contaminata (Evans City in Pennsylvania) e le operazioni dalle alte sfere militari che decidevano le sorti della disgraziata località, insistendo pedantemente sui soliti tratti di ottusità degli apparati governativi. D'altronde era il periodo in cui il sogno americano veniva fatto a pezzi così come la sicumera della middle class e l'orrore nella settima arte comincia ad annidarsi nella periferia più profonda d'America (L'ultima casa a sinistra, Non aprite quella porta). Oggi Eisner si focalizza maggiormente sulla tensione, sui tentativi dei sopravvissuti di fuggire dalla città ormai in preda al delirio, riuscendo a partorire degli attimi grandguignoleschi che mai ci saremmo aspettati da lui. La critica al sistema è sempre presente, anche se più velata e mixata più organicamente con gli altri elementi (e se ci fermiamo un secondo a pensare alla nuova ambientazione scelta per il remake, non possiamo non pensare alla blu baby syndrome).
Qualche mese fa avevamo salutato la notizia di questo remake col sardonico titolo scelto per la news in cui ve lo segnalavamo, ovvero "La città verrà distrutta all'alba. Probabilmente con un remake". Oggi, dopo aver toccato con mano la pellicola, possiamo affermare che avevamo preso una cantonata grande quanto il Colosseo. Breck Eisner, Timothy Olyphan e Rada Mitchell, senza dimenticare il contributo della validissima sceneggiatura di Ray Wright e Scott Kosar (un esperto della tensione: suoi sono gli script de "L'uomo senza sonno" e delle nuove versioni di "Amityville Horror" e "Non aprite quella porta") si meritano tutti i complimenti del caso.

The Crazies Breck Eisner riesce a fugare i dubbi che si trascinava appresso a causa suo precedente film, Sahara, con un prodotto che, pur non brillando per l'originalità ricercata a tutti i costi, riesce a mantenere desta la curiosità e l'attenzione dello spettatore per tutta la sua durata. Il budget modesto del film viene sfruttato al meglio, così come il cast che poggia le basi sulla professionalità degli attori coinvolti piuttosto che su dei nomi di richiamo o il classico sex appeal delle co-protagoniste dei remake horror made by Platinum Dunes (che in certi momenti ammiccano più soft-core che all'orrore anni 70 o 80). Romero ha già personalmente approvato questo “La Città verrà distrutta all'alba” affermando “È una vera reinterpretazione del mio film originale. Davvero un horror ben fatto” noi, dal canto nostro, ci spingiamo ancora più in la, affermando che questo è uno dei rari casi in cui il remake è addirittura migliore dell'originale. I fan dei survival horror videoludici, troveranno poi un autentico valore dalla visione di questo The Crazies, considerati i riferimenti espliciti alla leggendaria saga di Resident Evil (soprattutto al quarto episodio), tanto che non sarà strano ritrovarsi a rimuginare sul fatto che se i porting dei videogame horror del game designer Shinji Miami fossero stati diretti da Eisner, la loro qualità media sarebbe stata ben più elevata. Ringraziamo poi sentitamente per il finale: beffardo e amaro come quello del 1973.

7.5

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