Recensione La regina dei castelli di carta

Il terzo e conclusivo capitolo della saga Millennium

Recensione La regina dei castelli di carta
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Tutte le saghe hanno una fine. E' giunta la fatidica ora anche per Millennium, la splendida trilogia scritta dal compianto Stieg Larsson e trasportata in altrettante versioni cinematografiche. Finora in Italia sono usciti i primi due capitoli, Uomini che odiano le donne e La ragazza che giocava con il fuoco, e questo capitolo conclusivo è atteso per fine maggio, distribuito da Bim. Al timone troviamo ancora Daniel Alfredson, già regista del precedente episodio, e naturalmente al centro della vicenda vi sono sempre Mikael Blomkvist (Michael Nyqvist) e Lisbeth Salander (Noomi Rapace), personaggio che grazie a una superba caratterizzazione e a una prova estrema e intensa della sua interprete, è assunto a vero e proprio "mito" per migliaia di fan. Cosa dobbiamo aspettarci allora da La regina dei castelli di carte, che promette di sciogliere finalmente tutti i nodi finora abilmente intrecciati?

La resa dei conti

Lisbeth Salander è nuovamente ricoverata in ospedale con una pallottola in testa, dopo aver quasi ucciso per legittima difesa Alexander Zalachenko, suo padre, nel finale del precedente film. Su di lei si concentrano le attenzioni di potenti organismi che potrebbero vedere la propria fina se la ragazza rivelasse la verità. Scampata a un tentativo di omicidio (sorte invece toccata poco prima proprio all'odiato genitore), Lisbeth viene aiutata da Mikael Blomkvist, giornalista fondatore della redazione di Millennium, testata giornalistica "al limite", già suo amico e amante nel recente passato. Sarà proprio l'uomo ad affidarla nelle mani della sorella, avvocato, e ad indagare tra gli alti piani governativi, rischiando più volte la sua vita e quella dei suoi colleghi. Teleborian, psichiatra che ha tenuto in cura per diversi anni Lisbeth, violentandola diverse volte, cerca in tutti i modi di far passare la ragazza per mentalmente instabile, affinchè non possa raccontare dettagli compromettenti. Ora per la giovane è alle porte il processo che potrebbe condannarla alla reclusione, ma inaspettatamente scottanti prove arrivano in sua difesa. E dov'è finito il fratellastro di Lisbeth, il gigantesco energumeno affetto dalla rara malattia che lo rende immune al dolore? I castelli sono pronti a crollare, e non ci sarà pietà per nessuno.

Lisbeth mon amour

Niente di più, niente di meno. La regina dei castelli di carta mantiene inalterati i tratti cardine della trilogia, aggiungendo succose rivelazioni soltanto a livello narrativo. Per chi ancora non avesse visto le precedenti pellicoli, basti sapere che ci si trova davanti a un'avvincente storia di complotti e intrighi, con la presenza di temi forti soprattutto di ambito sessuale, ambientati in quel di Stoccolma. Lo stile delle tre trasposizione cinematografiche ha mantenuto un feeling televisivo (ma niente a che vedere con le fiction nostrane), puntando più sulla trama che su esaltanti scene d'azione, che pur non mancano. Anche in questo caso, in 140 giri di lancetta, un minimo di "movimento" si intravede soltanto negli avvincenti minuti finali, dove la vendetta di Lisbeth ha finalmente il suo epilogo. Per il resto ci troviamo di fronte all'episodio cruciale, nel quale tutte le informazioni e i risvolti precentemente creati finiscono per collidere, con una perizia quasi chirurgica. Questo comporta una certa mancanza di ritmo, visto che molta attenzione è data al processo e al ricovero ospedaliero, trasformandosi a tratti in un sobrio legal-movie. E' un peccato anche perchè la figura della Salander è qui più trattenuta, ad eccetto di una folkloristica cresta punk acconciata per il dibattito in aula. Nonostante ciò la recitazione di Noomi Rapace è nuovamente eccelsa, e il suo personaggio così folle e visivamente estremo è il motivo migliore per consigliare la visione anche ai neofiti. Sensuale nonostante il suo look particolare, fatto di piercing e tatuaggi, l'attrice svedese si conferma eclettica e dal grande talento, avendo contribuito a rendere Lisbeth un personaggio di culto anche in ambito cinematografico oltre che quello, già consolidato, letterario. Il resto del cast non è da meno, e per quanto riguarda il livello recitativo generale si mantiene su un livello qualitativo soddisfacente. Il più grande problema de La regina dei castelli di carta è l'esasperarsi dei "difetti" (o meglio delle scelte) fatti/e dall'inizio, e ciò la poca tendenza al thrilling più affilato in favore di una notevole, e pur interessante, introspezione drammatica. Ciò nonostante si arriva a fine visione, dopo oltre due ore, senza troppi problemi, spinti soprattutto dalla curiosità per conoscere il destino di Lisbeth. Per i fan della saga questo può ampliamente bastare, mentre per gli altri sarebbe inutile partirne alla conoscenza proprio dall'episodio finale. Al dato dei fatti quindi il film di Alfredson raggiunge lo scopo prefissato, e seppur la trilogia su pellicola di Millennium non verrà ricordata come un capolavoro, può ambire tranquillamente al non disprezzabile titolo di culto.

La regina dei castelli di carta L'ultimo capitolo delle vicende di Lisbeth Salander pone fine alla saga di Millennium, con un film che non si discosta molto dai suoi predecessori, forse appesantendo ancora di più il ritmo della narrazione. L'interpretazione della Rapace, sempre degna di nota nonostante uno sviluppo narrativo più sobrio e misurato del solito, e l'inevitabile curiosità per l'evolversi degli eventi ne fanno un lavoro di buon livello, onesto e sobrio, con pochi guizzi ma comunque d'interesse per chi ha trovato in Lisbeth un personaggio da amare.

6.5

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