Recensione Locke

Tom Hardy e il viaggio della vita

Recensione Locke
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Inglese classe 1977, non si può certo dire che Tom Hardy sia uno dei volti della Settima arte tutt’altro che occupati in questo inizio di XXI secolo in cui non si parla altro che di crisi del cinema e di imminente tramonto della magica invenzione dei fratelli Lumière.
Non a caso, nel solo periodo 2010 - 2013 abbiamo avuto modo di vederlo in almeno sei lungometraggi, dall’intricato Inception al cinecomic batmaniano Il cavaliere oscuro - Il ritorno, nel quale concesse anima e corpo al villain Bane.
Sotto la regia e la sceneggiatura del britannico Steven Knight lo troviamo nei panni di Ivan Locke, il quale, datosi molto da fare per crearsi una esistenza soddisfacente, si trova ad affrontare in una notte il crollo della propria vita.
Alla vigilia della più grande sfida della sua carriera, infatti, Ivan riceve una telefonata che mette in moto una serie di eventi destinati a fare a pezzi la propria famiglia, il proprio lavoro e la sua anima.
Ma la più grande sfida della sua carriera è anche la più grande per il regista, che decide di costruire l’oltre ora e venti di visione in modo tale che il pubblico si metta letteralmente al posto del passeggero per guardare la vita del guidatore che si dipana.

TomTom Hardy

Infatti, si comincia con una lunga conversazione telefonica all’interno dell’automobile che crediamo interrompersi presto e che, invece, si dilata sempre di più fino a occupare l’intera operazione.
Ma, sebbene la situazione venga raccontata in tempo reale, Knight non realizza un unico pianosequenza, come si sarebbe potuto tranquillamente - e, se vogliamo, banalmente - immaginare, in quanto opera più volte stacchi che, in un certo senso, contribuiscono a rendere decisamente più godibile la fruizione.
Quindi, un po’ come accadeva al Ryan Reynolds di Buried - Sepolto, che si ritrovava misteriosamente seppellito vivo all’interno di una cassa, il bravo protagonista di Warrior recita completamente solo dall’inizio alla fine della pellicola, conversando con individui di cui non vediamo mai i volti, in quanto ascoltiamo esclusivamente le loro voci tramite il telefono.
E bisogna dire che, complice anche la capacità manifestata dallo script di depistare continuamente lo spettatore, difficilmente ci si annoia, man mano che la tensione sale in maniera progressiva stimolata unicamente dalla forza dei dialoghi.
A non soddisfare del tutto, forse, è proprio la conclusione, che finisce per ridurre a un non disprezzabile esperimento su celluloide quello che, con un epilogo maggiormente originale ed inaspettato, si sarebbe potuto trasformare in un piccolo capolavoro.

Locke “È stata una gioia e una sfida realizzare Locke in modo completamente diverso. Girato in tempo reale, il film si inoltra in territori inesplorati della cinematografia per cui Hardy regge lo schermo da solo mentre la cinepresa non chiude mai occhio. L’autostrada di notte è in parte sfondo e in parte installazione artistica, mentre un cast d’eccezione interpreta le persone che Ivan ama e odia e che assistono al suo viaggio straordinario verso la disperazione e, infine, verso la redenzione. La vita di un uomo trasformata in mezzo serbatoio di benzina. Credo che il viaggio di Ivan Locke sia profondamente commovente ed estremamente compulsivo”. Parole del regista Steven Knight, il quale costruisce oltre un’ora e venti di pellicola on the road mostrando unicamente il protagonista Tom Hardy impegnato in conversazioni telefoniche mentre è alla guida della sua automobile. Ovviamente, la notevole prova sfoggiata dal Bane de Il cavaliere oscuro - Il ritorno, che si trova a recitare completamente solo, finisce per rivelarsi il maggiore pregio dell’operazione, tesa al punto giusto ma non eccessivamente originale per quanto riguarda la conclusione.

6

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