Recensione I toni dell'amore - Love is strange

Alfred Molina, John Lithgow e Marisa Tomei protagonisti del nuovo film a tematica LGBT di Ira Sachs

Recensione I toni dell'amore - Love is strange
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In principio era il verbo: nel giugno 2011 lo stato di New York è il sesto stato a stelle e strisce a legalizzare il diritto al matrimonio omosessuale (preceduto da Iowa, New Hampshire, Massachusetts, Connecticut e Vermont - successivamente seguito dall’approvazione in altri 11 stati). E’ stato un passaggio di fondamentale importanza, Lady Gaga impegnata a trattenere la commozione col fazzoletto e Ricky Martin alle stelle, impaziente di festeggiare. Ma in principio era il verbo, appunto; poi viene tutto il problema di accettazione nella società del nuovo diritto e del costume conclamato. Ad enfatizzare il problema di accettazione culturale e sociale arriva I toni dell'amore - Love is strange, nato dalla sensibilità di Ira Sachs, regista cresciuto nella “palestra” del Sundance e che non ha mai fatto mistero della sua omosessualità. Solo due anni fa, con il suo Keep the lights on, Sachs ha vinto a Berlino il Teddy Award (riconoscimento per film a tematica LGBT - quest’anno vinto da The Way He Looks, di cui vi abbiamo già parlato con entusiasmo).

UNITI DAL SACRO VINCOLO DEL MATRIMONIO

George (Alfred Molina) e Ben (John Lithgow) vivono a Chelsea, il distretto di Manhattan noto per la vivacità del suo movimento gay. Hanno convissuto per trentanove anni e ora, dopo la “legalizzazione” nel 2011, riescono finalmente a sposarsi. Il felice quadretto familiare, con i neo-sposini impegnati in una suonata a quattro mani al pianoforte, raccoglie amici e parenti tra Manhattan e Brooklyn, in un giorno di festa dove le preoccupazioni sembrano lontane e remote - ma questo clima idilliaco non è destinato a durare. La notizia del matrimonio porta al licenziamento immediato e senza liquidazione di George, insegnante di musica presso una scuola cattolica di Manhattan: è l’inizio dei problemi, con George licenziato e Ben ormai anziano e senza salario (al momento si limita a dipingere e cercare di vendere qualche tela), la coppia è costretta a rinunciare al loro appartamento di Chelsea, con estrema costernazione di amici e parenti (la notizia di cambiamento del quartiere sembra essere presa come la partenza per il Sud America). Vessati dalle difficoltà finanziarie, la coppia è costretta momentaneamente a dividersi: George viene ospitato da una coppia di amici poliziotti (“police women”, come le chiamano loro), Ben viene preso in casa da suo nipote, che vive con la moglie Kate (Marisa Tomei, impeccabile as usual) e il figlio Joey (Charlie Tahan). Brutale e selvaggio panorama della Grande Mela che sente i brividi all’ombra del grande sole gioioso dell’approvazione dei matrimoni gay: la legalizzazione del diritto all’unione omosessuale è ben lungi dalla sua effettiva metabolizzazione nei costumi sociali.

DA CHELSEA A BROOKLYN

C’è qualcosa di estremamente sensibile e delicato nel sesto lungometraggio di Ira Sachs: saranno Molina e Lithgow, che creano una coppia piacevole e ammiccante per lo spettatore, riuscendo a trascinarlo nel vortice di gioia e sofferenza che devono fronteggiare. Sarà la piacevolezza della sfumatura “soft” e scarsamente melodrammatica con cui la vicenda è narrata, secondo la quotidianità e senza enfatici virtuosismi. Nel film convivono la capacità di Ira Sachs a mischiare i registri del film indipendente (più in direzione del Sundance, dove il film ha avuto la sua premiere mondiale) con le tonalità di un racconto empatico e fortemente coinvolgente, aperto a logiche più largamente commerciali e distributive. Il film diventa così l’affresco di un forte contrasto tra l’apparente apertura della metropoli e l’effettiva arretratezza che persiste congenita in molti dei suoi apparati, ma anche l’abaco in cui si ridisegnano equilibri, si dividono le coppie e se ne radicalizzano i contrasti, creando nuovi ambienti di convivenza (con tutte le sue difficoltà) con gli amici e i parenti che tanto si dimostravano disponibili.

I toni dell'amore - Love is strange Il delicato affetto amoroso e amicale raccontato da Sachs riesce a bilanciarsi e amalgamarsi col torpore dei problemi quotidiani, della lontananza e dei nuovi equilibri, dando vita a un film dal sapore spiccatamente agrodolce, che unisce la temperatura calda della coppia e del loro sentimento, alla temperatura fredda del retroterra culturale e dell’evolversi delle dinamiche, secondo un susseguirsi degli eventi che vi porterà più volte a mettere mano al fazzoletto. Questa commistione di sapori forti e apparentemente dissonanti diviene la forza del sesto film di un regista capace.

7.5

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