Intervista Matthew McConaughey [2]

Seconda parte della nostra intervista al favorito agli Oscar 2014

Intervista Matthew McConaughey [2]
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Dopo i calorosi applausi riscossi alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, questo giovedì arriverà nelle sale italiane Dallas Buyers Club, l'acclamata pellicola che vede protagonista un eccezionale Matthew McConaughey nel ruolo di Ron Woofroof, un uomo impegnato ad affrontare la convivenza con il virus dell'HIV e che, per guadagnare una speranza di sopravvivenza, decise di ricorrere all'aiuto di medicinali alternativi, andando a scontrarsi con la Food and Drug Administration. Basato su una storia vera, Dallas Buyers Club è diretto dal canadese Jean-Marc Vallée, già regista del bellissimo C.R.A.Z.Y., e negli Stati Uniti si è rivelato uno dei maggiori successi del cinema indie: finora ha già incassato 20 milioni di dollari e si è aggiudicato sei nomination per la prossima edizione degli Oscar, fra cui miglior film.
Matthew McConaughey, in questi giorni al cinema anche con un breve ma intenso ruolo in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, grazie a Dallas Buyers Club ha guadagnato le recensioni migliori della sua carriera. Per la sua struggente interpretazione di un uomo rude ed omofobo che, in seguito alla malattia, scoprirà di possedere una sensibilità inaspettata, McConaughey ha conquistato il Golden Globe e lo Screen Actors Guild Award come miglior attore protagonista, ed è in prima fila per portarsi a casa anche la statuetta dell'Oscar, il prossimo 2 marzo (mentre il suo partner di set, Jared Leto, è favoritissimo per il premio come miglior attore supporter). Ieri mattina, a Roma, abbiamo incontrato il popolarissimo attore texano, che a 44 anni sta vivendo una "seconda giovinezza" artistica, e abbiamo parlato con lui a proposito di Dallas Buyers Club e del suo punto di vista sul mestiere di attore in quest'intervista in due parti: la prima la trovate a quest'indirizzo.

Cosa può dirci della sua partecipazione all'altro film in lizza per gli Oscar che ha interpretato, The Wolf of Wall Street?
Per The Wolf of Wall Street ho lavorato solo cinque giorni. Per quel film è candidato all'Oscar anche Leonardo DiCaprio, che di candidature ne ha già avute tante. Mentre mi recavo ad incontrare Martin Scorsese, prima del film, perché mi aveva offerto di interpretare un ruolo, pensavo: "Ehi, questo è un regista che ho studiato alla scuola di cinema... e vent'anni dopo, eccomi qui mentre sto andando a casa sua!". Insomma, è stata una cosa bellissima! Mi sono reso subito conto che lui conosce alla perfezione la storia del cinema, e che è una persona molto brillante. Per il mio personaggio ho tentato anche delle improvvisazioni, e a lui le mie idee sono piaciute immediatamente. Avevamo una profonda sintonia sul set, a un certo punto comunicavamo senza neanche bisogno di parlare... è stata un'esperienza molto divertente.

Ha visto La grande bellezza, il candidato italiano all'Oscar come miglior film straniero?
No, non ho visto il film, ma ieri sera ho avuto il piacere di incontrare il regista, e ci siamo scambiati questa frase: "Ciao, ci vediamo agli Oscar!".

A cosa è dovuto il fatto che, nell'ultimo periodo, la sua carriera di attore abbia attraversato una profonda maturazione?
Credo si tratti di una combinazione di elementi. Circa quattro anni fa ero arrivato a un punto della mia carriera in cui ero soddisfatto, ma sentivo che volevo qualcosa di più: ho deciso quindi di ricalibrare il rapporto con il mio lavoro. In quel periodo avevo una vita più avventurosa ed eccitante, ma ho capito di dover dare una scossa alla mia carriera. Volevo impegnarmi in ruoli che mi spaventassero, che rappresentassero una vera sfida. Da allora ho detto di no a molti film d'azione, commedie romantiche etc. Per fortuna avevo abbastanza soldi nel mio conto in banca per permettermi di rifiutare questi copioni e di prendermi del tempo per me stesso, pur continuando a pagare l'affitto! Nel frattempo, inoltre, è nato mio figlio. Poi sono arrivate le proposte che mi interessavano davvero: William Friedkin per Killer Joe, Steven Soderbergh per Magic Mike. Credo che l'armonia nell'ambiente familiare sia essenziale, una volta superati i quarant'anni: più una persona si sente appagata in famiglia, più riesce a volare alto.

E in questa evoluzione da attore, qual è stato secondo lei il suo ruolo cruciale, quello della svolta decisiva?
Non lo so, probabilmente non c'è stata solo una specifica interpretazione. A giudicare da quello che mi dicono tante persone, forse si tratta dell'insieme dei ruoli impersonati negli ultimi anni. Forse il primo ruolo che per me è stato molto drammatico ed impegnativo, in qualità di attore, e che inoltre ha ottenuto un buon riscontro al box-office, in modo tale da persuadere i produttori di Hollywood, è stato in The Lincoln Lawyer. Amo molto di più il processo di realizzazione di un film rispetto a quello che viene dopo; amo farmi ossessionare da un personaggio, dal mio lavoro di immedesimazione, finché qualcuno non mi dice: "Ok, il film è finito, puoi tornartene a casa".

Cosa le è rimasto in particolare del personaggio di Ron Woodroof?
Una delle più importanti lezioni di vita che ho imparato da questo personaggio non riguarda l'HIV, ma è stato questo principio: "Se vuoi qualcosa fatta bene, falla da solo!", proprio come decide di fare Ron in Dallas Buyers Club.

Che opinione si è fatto sulle controversie in campo farmaceutico raccontate anche nel film, a proposito della lotta contro l'HIV?
Nel 1986, l'HIV era una patologia per la quale i medici erano impreparati, non sapevano cosa fare, e per questo provarono a prescrivere ai pazienti l'AZT: non avevano soluzioni sicure, e inoltre trovare una cura per l'HIV non era in cima alle priorità per i gruppi di interesse nel campo farmaceutico. È stato Ron Woodroof a far sentire la propria voce, contribuendo ad accendere una luce su questo problema. Lui mostrò all'opinione pubblica la possibilità di utilizzare medicine alternative che potessero funzionare. Dobbiamo ricordare che Woodroof ha perso la sua causa in tribunale: non è stato un eroe, un crociato che ha marciato su Washington D.C., ma è riuscito ugualmente ad attirare l'attenzione su una questione così importante. Il discorso sull'utilizzo delle medicine alternative, a prescindere dall'AIDS, è ancora molto attuale; e del resto, Dallas Buyers Club pur essendo un film d'epoca continua a risultare di grande attualità.

Quale è stata la ricezione della comunità gay rispetto al film?
Molte persone, dopo aver visto Dallas Buyers Club, mi hanno detto di essersi rispecchiate nel film perché ha fatto ricordare loro amici e congiunti che avevano perso a causa dell'AIDS, una piaga che non ha riguardato però soltanto gli omosessuali. Negli Anni '80, quando si diffuse questa epidemia, l'AIDS era un argomento di cui non si voleva parlare, sul quale gravava una specie di tabù; talvolta, i sieropositivi venivano considerati quasi come una sorta di "lebbrosi".

Qual è stato il rapporto con i suoi colleghi sul set di Dallas Buyers Club?
Conoscevo già Jennifer Garner, perché in passato avevo lavorato con lei, mentre con Jared Leto, in pratica, ci siamo "presentati" davvero soltanto alla fine del film! Prima, durante le riprese, non abbiamo mai avuto tempo per socializzare, ed eravamo troppo calati nei rispettivi personaggi: i ritmi di lavoro erano talmente serrati che non avevamo neppure un quarto d'ora di tempo per chiacchierare del più e del meno, o per condividere un bicchiere di vino. Sul set, durante i 25 giorni della lavorazione, io tutti i giorni incontravo Rayon e lui tutti i giorni incontrava Ron Woodroof: in questo mestiere ti trovi come in una bolla, in cui finché durano le riprese sei qualcun altro. Il resto, mentre sei impegnato a recitare, non ti interessa affatto.

Come sta vivendo l'attesa per la notte degli Oscar?
Non vivo un'atmosfera di aspettativa ansiosa. Per adesso, mi sto divertendo a girare il mondo per presentare il film e condividere questa storia; anche se in realtà non sto "promuovendo" il film, Dallas Buyers Club si promuove da sé, riesce ad arrivare al pubblico da solo e a parlare per sé, e rappresenta davvero un progetto speciale e miracoloso. A proposito degli Oscar, comunque, sono molto orgoglioso non solo per il fatto di essere candidato, ma perché Dallas Buyers Club è nominato anche come miglior film, per la sceneggiatura e per l'interpretazione di Jared Leto.

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