Recensione Mio papà

Giorgio Pasotti nei panni di un padre... acquisito all'improvviso!

Recensione Mio papà
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È l'esperienza di amare figli "non propri" quella che il torinese Giulio Base - autore, tra l'altro, di Crack (1991), Il pretore (2014) e di molta fiction televisiva, da Padre Pio: Tra cielo e terra (2000) a Don Matteo (2004 - 2011) - intende raccontare attraverso Mio papà, a quanto pare nato da una conversazione avuta in treno proprio con il protagonista Giorgio Pasotti, il quale gli ha raccontato un pezzo della propria vita che, in fin dei conti, era analogo alla sua situazione familiare.
Infatti, l'interprete de L'ultimo bacio (2001) e Baciami ancora (2010) veste nel film i panni di Lorenzo, uomo a cui piace la libertà e che, lavorante come subacqueo su una piattaforma poco distante dalla costa adriatica, è uno dei migliori nella sua professione.
Ma anche uomo che non desidera affatto un legame e che scende sulla terraferma solo per divertirsi insieme allo scatenato collega Roberto, incarnato da Fabio"Cado dalle nubi"Troiano; almeno fino alla sera in cui incontra Claudia, ovvero la Donatella Finocchiaro de Il regista di matrimoni (2006), bella, diversa dalle altre e con la quale scoppia immediatamente la passione... oltre che separata dal proprio compagno e madre di un figlio di sei anni che vive al suo fianco: Matteo.

Genitori e figlio

Il piccolo Matteo cui concede anima e corpo uno stupefacente Niccolò"Anni felici"Calvagna dagli occhi ipnotici, dispensatore di una performance che non ha nulla da invidiare ai talenti (o presunti tali) coetanei quotidianamente propostici dalle megaproduzioni d'oltreoceano.
Perché, man mano che seguiamo il progressivo avvicinamento a Lorenzo, che lo vede inizialmente come un ostacolo ma arriva a stabilire con lui una sorta di complicità tutt'altro che distante da un autentico rapporto padre-figlio, sono proprio i suoi atteggiamenti a fornire sia la tenerezza che le occasioni per spingere lo spettatore a sorridere (si pensi soltanto al dialogo riguardante le carte da gioco intrapreso con Orso alias Ninetto Davoli), rivelandosi il vero punto di forza della oltre ora e mezza di visione.
Oltre ora e mezza di visione che, complice il dramma dietro l'angolo, finisce quasi per assumere il sapore di determinati elaborati strappalacrime in voga negli anni Settanta (ricordate L'ultima neve di primavera di Raimondo Del Balzo e Il venditore di palloncini di Mario Gariazzo, entrambi interpretati da Renato Cestiè?), pur non condividendone affatto (fortunatamente) il compiaciuto sfruttamento della tragedia volto a suscitare il pianto nel pubblico.
E, sebbene, complice la lunga esperienza maturata da Base al servizio della tv, il rischio che il tutto appaia più adatto al piccolo che al grande schermo si avverta di continuo, determinate scelte registiche - tra cui la bellissima inquadratura conclusiva - provvedono ad impreziosire una non disprezzabile operazione che, con ogni probabilità, sposerebbe alla perfezione una fruizione nel corso delle festività natalizie.

Mio papà Nello stesso anno in cui ha firmato anche Il pretore (2014) interpretato da Francesco Pannofino, Giulio Base torna al grande schermo con un lungometraggio volto a raccontare l’odierna situazione degli uomini che si ritrovano a fare da genitori a figli “non propri”: Mio papà. Un dramma familiare che possiede, però, sostanzialmente i toni della commedia, grazie in particolar modo alle agrodolci situazioni da ridere regalate dalla eccellente performance del piccolo Niccolò Calvagna, impegnato a stabilire un rapporto tra padre e figlio con il Giorgio Pasotti sentimentalmente legatosi alla madre separata Donatella Finocchiaro. Un elaborato non eccelso e caratterizzato da un look quasi televisivo, ma gradevole, ricco di tenerezza e che coinvolge tramite i suoi lenti ritmi di narrazione.

6

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