Recensione ParaNorman

Norman vede la gente morta...

Recensione ParaNorman
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La diversità fa paura. E la paura, nel caso di ParaNorman, fa bene (anzi benissimo) allo spirito. Il lungometraggio in stop-motion, nato dagli stessi realizzatori di Coraline e la porta magica in uscita l’11 ottobre per Universal, racconta infatti l’horror ai più piccoli senza esorcizzarlo né indorare la pillola. E se dovesse scappare qualche gridolino, pazienza. Chi non fosse più in età scolare, invece, apprezzerà molti altri aspetti di questo gioiellino che ruota attorno alle avventure piuttosto bizzarre di un ragazzino di provincia. Tutti, genitori inclusi, lo considerano uno strambo (“freak”, per essere precisi) e per questo lo additano per la strada isolandolo in maniera progressiva. La sua peculiarità, infatti, è quella di comunicare con i morti ma... nessuno gli crede. Ogni giorno guarda la tv in compagnia della nonna-fantasma e per strada ha sempre una parola gentile per gli spettri che popolano l’isolato, persino per quelli poco raccomandabili o assurdi. Il suo “dono” si trasforma in una “maledizione”, al pari di quella che da 300 anni si abbatte sulla cittadina dove vive.

L'antica leggenda

Secondo la leggenda, infatti, una strega perseguita gli abitanti del luogo che secoli or sono l’hanno condannata al rogo. La vicenda rivive nelle recite scolastiche, tra i monumenti cittadini e nei racconti tramandati di generazione in generazione. Gli incubi da oltretomba, insomma, non mancano, e Norman ormai ci convive da sempre, pur sapendo che il prezzo da pagare per questa sua abilità resta sempre la solitudine, quando ovviamente non si ritrova vittima del bullo Alvin o non deve lottare con i capricci della svampita sorella maggiore, Courtney. Eroe involontario? Forse sì e con una spalla da manuale, un altro outsider suo compagno di scuola, il paffutello Neil.

Norman da i numeri

Per dar vita al mondo di Norman, popolato da zombie, streghe e fantasmi, ci sono voluti 45 animatori: le espressioni usate, ad esempio, in una ripresa di 27 secondi sono oltre 250, ognuna disegnata su un volto diverso e contenuta in una delle 1.257 scatole necessarie per archiviarle, tenendo presente che la realizzazione di un singolo pupazzo (test e progettazione esclusi) richiede dai 3 ai 4 mesi di lavoro.
La cura dei dettagli e i riferimenti ai cult del genere rappresentano solo due delle ragioni per catapultarsi in sala e godersi, anche in 3D, questo gioiellino. In effetti possono apprezzarlo anche quanti sono piuttosto digiuni di horror e, pur non cogliendo le citazioni raffinate, si divertono a vivere le stesse avventure del protagonista, accompagnando i più piccoli in sala.
La magica e inquietante possibilità che ci siano infiniti mondi capaci di intrecciarsi con il nostro e l’ipotesi che si possa rimanere intrappolati a metà tra due di essi, sospesi (o condannati?) tra la vita e la morte, in attesa di una riconciliazione con il destino, suscitano nel pubblico una curiosità crescente. Se mescolata ad un gruppo di personaggi ben scritti e splendidamente animati allora ci fa assaporare atmosfere dark senza perdere di vista il lato più ironico e raggiunge alla perfezione lo scopo di intrattenere, spaventare e divertire. La promessa di morire dal ridere è ampiamente mantenuta: un protagonista come Norman scatena subito l’empatia dello spettatore perché timido, imbranato, insicuro, eppure onesto e generoso, quindi il contraltare perfetto per gli sbruffoni del villaggio, i sapientoni e in generale “gli adulti”, che sanno sempre cosa dire e non si preoccupano di farlo (anche a sproposito).

ParaNorman Il risultato ottenuto da ParaNorman è un lungometraggio inaspettato e dal ritmo incalzante: riesce a sfuggire al pericolo di banalità ed evita virtuosismi con la rara capacità di appassionare trasversalmente diverse generazioni. Gli abitanti di questo mondo horror sanno come conquistarci, sorprendendoci a più livelli, fino a mirare dritti al cuore...

8

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