Recensione Perfect Sense

Ewan McGregor ed Eva Green in un atipico epidemic movie

Recensione Perfect Sense
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Glsasgow, Scozia. Susan (Eva Green) è un'epidemiologa reduce da diverse delusioni d'amore. Michael (Ewan McGregor) è uno chef sciupafemmine. Si incontrano e tra di loro nasce una relazione. Ma sul mondo si sta abbattendo una grave epidemia: inspiegabilmente le persone, in ogni angolo del globo, cadono in una profonda crisi depressiva in seguito alla quale perdono il senso dell'olfatto. Col trascorrere delle settimane, progressivamente, anche tutti gli altri sensi finiscono per scomparire, portando l'umanità sull'orlo dell'abisso. Atipico epidemic movie per il regista scozzese David McKenzie dopo l'infelice trasferta americana con Toy Boy (2009). Tornato nella terra natia, il filmmaker prova a dire la sua in un filone certamente abusato, ma ancora fertile per idee originali, come quello degli epidemic movie, le pellicole in cui un grave morbo o malattia collettiva mette a repentaglio la sopravvivenza della razza umana. Un'impronta autoriale fortemente marcata, sulla scia del recente Contagion di Steven Soderbergh, che beneficia inoltre di una coppia di protagonisti d'eccezione come Ewan McGregor ed Eva Green.

L'amore è cieco

Non si può certo definire una pellicola "ottimista" Perfect Sense, ma nella sua raggelante desolazione traspare comunque una parvenza di speranza che spinge i personaggi a lottare nonostante un esito già scritto. A McKenzie non importa concentrarsi sulla ricerca della cura, né tantomeno nel tratteggiare figure eroiche, quanto osservare il disfacimento del mondo come oggi lo conosciamo e carpire e raccontare le emozioni e i turbamenti che l'umanità dovrebbe affrontare in casi estremi come questo. Lontano da qualsiasi istinto thriller, nonostante un'intensità sotterranea che permea la quasi totalità del minutaggio, il film è al contempo una romantica love story e un docu-drama sulle reazioni delle persone all'imminente annichilimento sensoriale. Il regista non lesina colpi bassi e alcune scelte di storyline alquanto classiche, ma riesce a fondere il tutto in un contesto appassionato che in diversi momenti riesce anche a emozionare con risvolti toccanti che appaiono meno forzati del previsto. L'atmosfera è ampliata a dismisura da un uso sulfureo della fotografia, e gli scorci di Glasgow sono resi in una veste cupa, quasi asettica, rendendo il tutto un'esperienza quasi surreale alla perdita narrativa dell'udito, sottolineata da un totale, e quasi permanente, mutismo filmico capace di spaesare anche lo spettatore. La storia d'amore tra Susan e Michael si muove in parallelo alla diffusione globale dell'epidemia, mostrata attraverso filmati, sia realizzati ad hoc che di repertorio, in stile documentaristico, in ogni angolo del globo, rendendo la paura reale e incombente. Ed ecco così che in un mondo dove nulla sembra avere più senso, la gente torna agli affetti più cari, ad apprezzare le piccole cose, conscia che ogni piccolo gesto, sguardo e assaggio potrebbe essere l'ultimo della loro esistenza. Dal punto di vista delle interpretazioni, ottime prove da parte di tutto il cast, e se McGregor sfodera una delle sue migliori performance da qualche anno a questa parte, il magnetismo malinconico di Eva Green trapassa letteralmente lo schermo.

Perfect Sense McKenzie riesce a rinnovare un genere con una storia, seppur non priva di alcuni furbi artifizi, in grado di emozionare a più riprese. Fondendo dramma romantico e epidemic movie, cattura appieno una sensazione di spaesamento e impotenza in un mondo sull'orlo di un'apocalisse sensoriale inevitabile, sfruttando nel migliore dei modi una riuscita alchimia tra McGregor e la Green, entrambi ottimi.

7

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