Speciale Shark 3D e i pesci assassini

Speciale sui vivipari (e non) più letali della Settima Arte

Speciale Shark 3D e i pesci assassini
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Russell Mulcahy si starà, almeno un poco, mangiando le mani.
Presentato fuori Concorso all’appena conclusasi Mostra del Cinema di Venezia ed. 69, Shark 3D (Bait 3D, in originale) è stato un successo. Ne hanno parlato praticamente tutti, i tg nazionali ed internazionali gli hanno dedicato servizi su servizi, e qualcuno, fra pubblico e addetti ai lavori, lo ha addirittura considerato geniale, spaventoso, oltre che innovativo.
Certo, un giudizio non unanime, come regola vuole in casi come questo; molte sono state infatti anche le stroncature, ma è inutile nascondere che un discreto share di visibilità e un buon numero di consensi, Shark 3D li abbia ottenuti.
Un successo, questo, che Mulcahy, all’epoca in cui decise di abbandonare il progetto per andare a ricoprire il ruolo di regista e curatore del serial per ragazzi Teen Wolf, non aveva probabilmente messo in conto, visti anche i numerosi inconvenienti sopraggiunti durante le riprese e le divergenze con la produzione.
All’interno di Shark 3D, il suo contributo riveste dunque un ruolo marginale, rilegato alla sola sceneggiatura e all’idea di base della storia, della quale, comunque, va considerato il principale artefice.
Storia che il bravo Kimble Rendall, già responsabile, nel lontano 2000, dell’horror Cut - Il tagliagole, e subentrato qui al posto del “dipartito” Mulcahy, ha saputo arrangiare e portare a termine in modo più che degno, salvando quindi il progetto da una quasi certa, e definitiva scomparsa.
Quale più limpida occasione, allora, per andare a scoprire i retaggi di Shark 3D e quelli che sono stati i più famelici e letali predatori del mare dagli albori della Settima Arte ad oggi...

SQUALI SI NASCE...

Le pellicole con al centro storie di squali assassini prodotte nel corso della storia del cinema non si contano, perché prima - e, a maggior ragione, dopo - di quell’ormai leggendario Jaws (per tutti Lo squalo) diretto nel 1975 da Steven Spielberg, si sono susseguiti innumerevoli esperimenti sulla falsa riga che hanno tentato, quasi sempre invano, di eguagliare anche solo una minima parte della lucentezza, della magnificenza, dell’eleganza, della tensione e della suspense appartenenti a uno dei tanti capolavori dell’Uomo dei Sogni per antonomasia.
Non a caso, Lo squalo è proprio quanto di più simile a un sogno, una visione onirica, che prende il via dalla più classica delle situazioni: c’è la ragazza “facilotta” in cerca di avventure e il ragazzo imbranato e sbronzo che la segue a ruota. Davanti a loro, l’oceano. Ma il ragazzo, per sua fortuna, è talmente “cotto” da non riuscire nemmeno a sfilarsi i calzini, e dopo vari tentativi, si addormenta “di sasso” sulla spiaggia.
La ragazza, invece, a fare il bagno ci va. E’ notte fonda, si vede poco o nulla. L’acqua è calma, tiepida, invitante. Ci si sta che è una meraviglia, finché, da pochi metri più in basso, sopraggiunge quello che proprio non ti aspetti. Una forza sovrumana che ti penetra nella carne e ti trascina giù, negli abissi, dove nulla puoi contro il tuo inevitabile destino.
Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Benchley (1940-2006), Lo squalo entra presto nell’immaginario collettivo come l’opera definitiva sul tema dei predatori del mare, tanto affascinante dal punto di vista cinematografico, quanto sconvolgente da quello visivo (pare che molti spettatori rimasero impressionati a tal punto da non voler più entrare nemmeno nella vasca da bagno).
Non un semplice prodotto di intrattenimento, dunque, ma un film di genere a tutto tondo, un thriller dalle venature hitchcockiane, con una struttura narrativa praticamente perfetta e una colonna sonora per la quale non si trovano più aggettivi.
Furono realizzati ben tre sequel (nel 1978, 1983 e 1987), nessuno dei quali, però, all’altezza del capostipite.

...O SI DIVENTA?

Sul modello del capolavoro spielberghiano del ’75, hanno donato il proprio personale contribuito al cinema dei predatori a sei pinne anche gli italianissimi Enzo G. Castellari e Bruno Mattei, rispettivamente con L’ultimo squalo (1980), ormai eletto allo status di Cult nella cinematografia tricolore, e il tv-movie Cruel Jaws - Fauci crudeli (1995), esperimenti senza particolari pretese di originalità ma complessivamente riusciti a livello di intrattenimento.
Una vera e propria scommessa, invece, quella tentata dal non professionista Chris Kentis con Open Water (2004), storia - basata, pare, su fatti realmente accaduti - di due sub che, durante un’escursione al largo dell’Oceano Pacifico delle Bahamas, vengono dimenticati dal loro team e lasciati in mezzo al nulla in balia della fame e di un poco amichevole branco di squali.
Opera, quella di Kentis, ben consapevole dei propri obiettivi e permeata da una tensione palpabile, che mozza il fiato e riduce i nervi dello spettatore a pezzi.
Ha diviso, Open Water. Giocato tutto sull’effetto “vedo-non vedo”, con gli squali che entrano ed escono dal campo d’azione con un’imprevedibilità sorprendente, si tratta del classico film che si ama o si odia. Di certo, uno shark-movie come ce ne sono pochi, che, se visto nell’ottica giusta, può davvero rivelarsi un’esperienza con i controfiocchi.
Esiste anche un “sequel” - o almeno così ci è stato venduto - dal titolo Alla deriva - Adrift (2007), che però, con l’argomento “squali”, c’entra poco o nulla, dal momento che non se ne vede mezzo.
Discorso inverso per altre pellicole come la saga di Shark Attack o i vari Red Water - Terrore sott’acqua, Shark Invasion e il recente Shark Night 3D, che fondano la loro principale ragion d’essere proprio sull’aspetto visivo dichiaratamente fine a se stesso, con spargimento di sangue ad oltranza e un livello di credibilità che sfiora sovente lo zero. Ingredienti comunque più che adatti per serate estive ad alto tasso di umidità.
Un po’ quello che succede anche nel più noto ma sempre mediocre Blu profondo (1999) di Renny Harlin, dove addirittura gli squali hanno imparato a nuotare all’indietro e dal quale Shark 3D pare aver ereditato lo stesso gusto nell’esagerazione, sfruttandolo, però, in modo molto più efficace.

ALTRI PREDATORI

Menzione speciale per altre temibili creature del mare come i piranha, materializzatisi sul grande schermo grazie a pellicole ormai storiche come il famosissimo Piranha di Joe Dante del 1978, cui fece seguito, tre anni più tardi, Piraña paura (1981) di James Cameron, (scadente) opera prima del futuro regista di Terminator, Titanic e Avatar, sotto la produzione dell’italiano Ovidio G. Assionitis.
E sempre dal film di Joe Dante hanno preso il via altri, discutibili lavori come il televisivo Piranha - La morte viene dall’acqua (1995) e, soprattutto, il recentissimo Piranha 3D, sconclusionato ma divertente giocattolone ad opera del francese Alexandre Aja da non prendere assolutamente sul serio ma che non si fa comunque mancare un buon livello di sangue e frattaglie umane sparse un po’ ovunque. E’ in arrivo il sequel, Piranha 3DD, con la regia di John Gulager e nientepopodimeno che il mitico David Hasseloff di Baywatch nel cast.

Buona nuotata!!

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