Recensione Shark 3D

Pescecani al cinema...in 3D!

Recensione Shark 3D
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Quando si parla di pericolosi pescecani su celluloide, è inutile negare che il primo titolo che salta alla mente sia Lo squalo (1975) di Steven Spielberg, interpretato dal compianto Roy Scheider e che finì per generare sia un’infinità di imitazioni che tre discutibili sequel -il secondo dei quali girato in 3D- rispettivamente diretti da Jeannot Szwarc, Joe Alves e Joseph Sargent.
Imitazioni rappresentate inizialmente da prodotti quali Tintorera (1977) di René Cardona Jr e L’ultimo squalo (1981 di Enzo G. Castellari), per poi arrivare, con Blu profondo (1999) di Renny Harlin e l’esplosione degli effetti digitali a basso costo, all’infinità di lavori più o meno trash sfornati dalla Nu Image Films.
Lavori comprendenti, tra gli altri, la serie Shark attack e Shark zone (2003), in un certo senso anticipatori del già cult targato Asylum Mega shark versus giant octopus (2009) e di tanti altri orrori acquatici su celluloide.
Tra i quali rientra anche questo Bait (letteralmente “esca”), che, diretto dal Kimble Rendall responsabile dello slasher a tinte soprannaturali Cut-Il tagliagole (2000), provvede a riportare la pinna più temuta dagli spettatori nell’ambito della visione tridimensionale, proprio come il contemporaneo Shark night 3D (2011) di David Richard Ellis.

Parola del produttore Todd Fellman

Non si trattava della solita sceneggiatura horror con personaggi ridotti al minimo che pronunciano un’unica battuta in tutto il film, ma raccontava una storia di sopravvivenza e parlava della natura stessa degli uomini; raccontava la storia di un gruppo di persone che, per puro caso, si trovano a condividere l’esperienza più orribile e terrificante della loro vita. E’ un autentico giro sulle montagne russe.

L’ultimo squalo?

Sotto la produzione esecutiva del Russell Mulcahy autore di Highlander-L’ultimo immortale (1986) e Resident evil: Extinction (2007), terzo capitolo della saga zombesca con protagonista Milla Jovovich, però, l’attacco da parte del nuovo, pericoloso predatore non avviene in mare, bensì nientemeno che all’interno di un supermercato e del suo parcheggio, inghiottiti da una mostruosa onda di tsunami.

Supermercato in cui si trovano il giovane Josh, interpretato dallo Xavier Samuel di Tre uomini e una pecora (2011), e la sua ex fidanzata Tina alias Sharni“Step up 3D”Vinson, i quali interruppero la loro relazione amorosa proprio quando, un anno prima, il fratello di lei e migliore amico di lui, con il volto del televisivo Richard Brancatisano, venne ucciso proprio da uno squalo.
Oltre a un altro manipolo di superstiti - non tutti rassicuranti - in lotta per la sopravvivenza mentre si arrampicano sugli scaffali, tra detriti, cadaveri galleggianti e cavi elettrici pericolosamente penzolanti a pochi centimetri dall’acqua.

L’esca tridimensionale?

E, senza perdere tempo, si gioca con lo splatter e l’effetto rilievo già a partire dal prologo, il quale, seppur capace di coinvolgere immediatamente e divertire lo spettatore, assume, forse, i connotati del tratto meno riuscito dei circa novantatre minuti di visione.
Infatti, è nel corso della tesa parte centrale dell’operazione che Rendall sembra riuscire a dare il meglio, man mano che vengono approfonditi i rapporti tra i diversi personaggi - in mezzo ai quali abbiamo anche una insopportabile coppia che stava facendo sesso in macchina - e le apparizioni del pesciolone risultano dosate nella giusta maniera.

Cosa non da poco, se consideriamo che, tolto il succitato capolavoro spielberghiano, quasi nessuno sia più riuscito a realizzare un prodotto degno di nota sull’argomento, sfornando lungometraggi spesso infarciti in maniera evidente di filmati “scippati” da documentari.
Cosa che qui, fortunatamente, non accade, anche se, come era facile immaginare, lo sviluppo e la struttura rendono il tutto molto più vicino alle succitate produzioni a basso costo targate Nu Image e Asylum che al film diretto dal regista di Jurassic park (1993); tanto che, con ogni probabilità, se non fosse stato realizzato in tre dimensioni sarebbe finito dalle nostre parti direttamente nel mercato dell’home video.
Ci si sarebbe divertiti comunque, tra corpi divisi a metà, schizzi di liquido rosso e spaventi improvvisi.

Shark 3D Sotto la produzione esecutiva del Russell Mulcahy che diresse il classico Highlander-L’ultimo immortale (1986), Kimble Rendall - regista dell’horror Cut-Il tagliagole (2000) firma il primo film d’azione australiano girato in 3D, oltre che prima co-produzione tra Australia e Singapore. Il risultato è un robusto b-movie che, senza spingere a gridare al capolavoro, non lascia affatto insoddisfatti; divertendo a dovere nei momenti in cui permette al temibile squalo protagonista di attaccare le proprie vittime, ma concedendo, allo stesso tempo, l’indispensabile spazio alla costruzione dei diversi personaggi. Anche se alcuni effetti digitali lasciano a desiderare.

6.5

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