Recensione Smile

La morte ha un solo obiettivo: sorridi!

Recensione Smile
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Da qualche anno a questa parte la produzione italiana - specialmente l'Istituto Luce - appoggia la crescita di artisti emergenti: fornisce loro non solo una chance per farcela, ma un'importante vetrina sulla quale fare affidamento per superare le difficoltà divulgative dell'ambiente indie. Talvolta i risultati premiano gli sforzi fin qui compiuti (ricordiamo La siciliana ribelle e La casa sulle nuvole) mentre altre volte l'impressione è che una rilettura del soggetto prima di confermarne la direzione (vedi Visions) avrebbe evitato disastrose cadute di stile. L'opera prima di Francesco Gasperoni rientra purtroppo nella seconda categoria per degli errori concettuali dai quali non è possibile prescindere. A conferma del nome, il sorriso abbonda tenendosi però a debita distanza dagli intenti della produzione: Smile non cattura l'interesse, manca di ritmo e appare fin troppo sfilacciato e confuso. La delusione, insomma, è tanta per l'ennesimo colpo sparato a caso. E il cinema di genere singhiozza.

L'interrogativo

Trama

Sette studenti universitari hanno un'irrefrenabile voglia di avventura, così decidono di partire per il Marocco poiché lì girano strane storie di terrore. Decisi ad immortalare ogni momento del loro viaggio, Clarissa (Harriet McMasters-Green) non abbandona un solo istante la sua macchina fotografica... più o meno. Difatti in un momento di distrazione, una zingara le ruba l'oggetto e fugge via lasciandole uno strano pupazzo tra le mani.
Giunti in città uno strano signore (Armand Assante) le regala una polaroid, e da quel momento il viaggio si trasforma in un incubo ad occhi aperti. Una forza maledetta li insegue nel bosco dove hanno deciso di fermarsi fino a quando non si saranno calmate le acque; il problema è che non riescono a fuggire da quel luogo oscuro. Molto presto si accorgeranno della presenza mefistofelica la cui sete di sangue è direttamente proporzionale alla sua sete di vendetta. Il mistero dietro al quale si nasconde forse non verrà mai svelato, e con molta probabilità, non ci sarà nessun superstite in grado di raccontare agli altri quanto vissuto in prima persona...

Non sei su candid camera!

Non è tanto il numero (spaventoso) di pellicole horror uscite tra il 2007 e il 2009 a far impressione quanto la qualità media delle proposte europee (The Orphanage, REC, Martyrs). E l'Italia, cosa fa, resta a guardare? Certamente no. Anche lei in questi anni ha dato il suo -modesto- contributo... Se Visions non ha raggiunto lo scopo prefissato incassando al di sotto delle aspettative, Imago Mortis al di là dei risultati al box office (comunque deludenti) proponeva almeno delle buone idee di fondo e una storia che, dall'incipit, lasciava ben sperare.
Francesco Gasperoni purtroppo con Smile si è lanciato in una sfida folle: tributare il cinema di genere utilizzando esempi moderni, per far presa sul pubblico giovane e, contemporaneamente, sugli appassionati di vecchia data. Da un lato quindi l'ossessione fotografica diffusa da Stefano Bessoni in Imago Mortis, mentre dall'altra l'attenzione al particolare come strumento per la comprensione (oggetti “chiave” all'interno della foto) alla Final Destination 3; non mancano inoltre omaggi a Bava e Fulci e all'horror trash anni '80. Insomma, due dei thriller paranormali meno riusciti degli ultimi anni hanno probabilmente ispirato il regista, o forse no. L'idea per Smile infatti ha origini più antiche, ma questo non cambia le carte in tavole né esclude una palese mancanza di coerenza scenica: montaggio approssimativo (con passaggi repentini tra primi piani e piani medi), intrusioni sonore marginali, regia didascalica, sono tutti coefficienti scienici che raschiano in superficie le (poche) buone idee lasciando una fastidiosa sensazione di incompiutezza. L'opera prima di Francesco Gasperoni è confusa, priva di personalità e pacchiana nelle intuizioni. La (poca) violenza è costruita, non c'è suspance e neppure un nesso logico che dia senso al susseguersi degli eventi, per altro scanditi da un non-ritmo. Colpa sicuramente di una sceneggiatura grossolana che ha dipinto dei personaggi monocorde, incapaci di riflettere le angoscie e i turbamenti ipotetici di un viaggio malato, ma anche colpa di un soggetto incapace di inquadrare l'obiettivo.
Invece di prendere esempio dalla cinematografia europea, all'avanguardia e sperimentale, l'Italia perde la bussola e continua pericolosamente a retrocedere...

L'interrogativo

Finanziato dal Ministero dei beni culturali, Smile ha ottenuto il riconoscimento per opera di interesse culturale con la seguente motivazione: ”progetto cinematografico ben strutturato. Un thriller soprannaturale, da realizzare in digitale, in cui una semplice scampagnata nei boschi di un gruppo di ragazzi si trasforma in un orribile tuffo nel Nulla. Nella semioscurità del bosco, avvolto dall’odore di cipria, l’ansia cresce nello spettatore, si prepara la fine. Pensato apposta per colpire l’inconscio del pubblico più giovane, in grado di identificarsi con i personaggi, un film di genere poco frequentato dalla nostra cinematografia che promette di regalare qualche sano brivido.”
In controtendenza con quella che è la nostra considerazione, affidiamo a voi spettatori il giudizio finale.

Smile ll difetto più grave di Smile è l'assenza di una base coerente sulla quale costruire l'impianto narrativo; secondo, la piattezza della storia. Il regista non ha saputo infondere alla sua idea la giusta dose di personalità necessaria a renderla appetibile a chiunque. Manca un po' di tutto: la suspance da thriller, la tensione da horror, l'eccesso di emoglobina da slasher movie. Ci auguriamo in un sequel che possa migliorare gli aspetti meno riusciti e portare in auge quel cinema di genere che negli anni ottanta ha contraddistinto, in qualità, la nostra cinematografia.

4

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