Recensione Soap opera

Fabio de Luigi diretto per la terza volta da Alessandro Genovesi

Recensione Soap opera
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Impegnati in un focoso amplesso sul letto, i primi che vediamo in scena sono il single dalla vivace vita sessuale Francesco (Fabio De Luigi) e Patrizia (Caterina Guzzanti), amante di una sera che si ritrova immediatamente catapultata in una situazione grottesca, in quanto si presenta in casa del primo, all'improvviso, Paolo (Ricky Memphis), in attesa della nascita di un figlio e, allo stesso tempo, sospettoso di essere omosessuale.
Nella stessa palazzina scopriamo presto che vivono anche i due fratelli Gianni (Ale) e Mario (Franz), quest'ultimo costretto su una sedia a rotelle da quando l'altro lo investì per errore, e la bella Alice (Chiara Francini), attrice di una soap opera di successo con un debole per gli uomini in divisa.
Tutti abitanti di una non precisata città italiana imbiancata dalla neve e che, in seguito ad uno sparo nella notte, non possono fare a meno di finire coinvolti nel caso di suicidio di un coinquilino; la cui enigmatica ex fidanzata Francesca (Elisa Sednaoui) trova in Francesco supporto emotivo, scatenando la gelosia di Anna (Cristiana Capotondi), sua compagna a quanto pare incinta di un altro, sebbene la loro storia sia terminata soltanto pochi mesi prima.

Il peggior Capodanno della mia vita

Ed è il maresciallo dei carabinieri Gaetano Cavallo (Diego Abatantuono) a completare l'assurda combriccola al centro della terza fatica registica di Alessandro Genovesi (presente anche in una brevissima apparizione), già responsabile dei successi La peggior settimana della mia vita (2011) e Il peggior Natale della mia vita (2012) e della quale precisa: "Sono partito da un copione che avevo scritto per il teatro che non ho potuto più mettere in scena: l'ho modificato attraverso il tempo, fino a quando non è diventato un film".
Non a caso, è proprio la matrice teatrale ad essere fortemente avvertita nel corso degli ottantasei minuti di visione, complice soprattutto la coraggiosa scelta di girare in appartamenti ricostruiti all'interno di Cinecittà e di ricavare gli esterni sulla scenografia della strada d'epoca che fece da sfondo a Concorrenza sleale (2001) di Ettore Scola e Gangs of New York (2002) di Martin Scorsese.
Scelta che provvede a distaccare l'insieme dal sempre più piatto (e proto-fiction tv) concetto di produzione cinematografica tricolore d'inizio XXI secolo, rendendolo molto più vicino, nell'estetica, ad elaborati provenienti dall'estero (tornano alla memoria soprattutto i lavori di Wes Anderson).
Nel dichiarato tentativo di mescolare commedia, melò e noir, però, ad essere facilmente intuibile è l'assenza di una sceneggiatura capace di rivelarsi veramente forte, tanto da non faticare ad assumere i connotati di banalissimo pretesto per poter giostrare la surreale girandola di situazioni spazianti da un esilarante interrogatorio ad imprevisti della notte di Capodanno.
Girandola di situazioni infarcite di battute piuttosto tristi e, di conseguenza, difficilmente in grado di strappare risate; man mano che a rendere ancora più fastidioso il soporifero susseguirsi di eventi è la scelta di affrontare attraverso un taglio borghese un genere altamente popolare come quello della commedia.

Soap opera L’intento non poco ambizioso è quello di confezionare un prodotto su celluloide di taglio internazionale ricorrendo ad una tecnica quasi tramontata dalle nostre parti: girare del tutto nei teatri di Cinecittà e sfruttare, come esterni, ricostruzioni scenografiche. Al di là di questo positivo aspetto, però, la terza regia di Alessandro Genovesi non solo annoia e si mostra quasi incapace di strappare risate, ma, banalmente e maldestramente costruita su uno script privo di interessante intreccio, compie l’imperdonabile sacrilegio di sfruttare volti noti della commedia popolare in un elaborato traboccante fastidioso gusto borghese. E l’imborghesimento di un genere che ha sempre trovato la sua forza nelle storie e nel linguaggio del popolo non può rappresentarne altro che la sua prepotente uccisione.

5

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