Recensione Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata

Thriller diretto da Carlo Vanzina

Recensione Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata
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Nella vasta filmografia del romano Carlo Vanzina, conosciuto soprattutto per le sue commedie, dall'esordio Luna di miele in tre (1976) con Renato Pozzetto a Ti presento un amico (2010), interpretato da Raoul Bova, diverse volte ha trovato modo d'inserirsi anche il thriller, a partire dal Mystère (1983) che incluse nel cast l'affascinante Carole Bouquet.
Però, dei suoi lavori costruiti su soggetti a base di suspense, fu di sicuro Sotto il vestito niente (1985) quello che, ambientato nel mondo della moda in pieno boom cinematografico argentiano, lasciò il segno, tanto da generare il non disprezzabile sequel Sotto il vestito niente 2 (1988), a firma di Dario Piana.
Quindi, con opportuna dedica al compianto Achille Manzotti, produttore dei due film originali, ecco che, affiancato in fase di script sia dal fratello Enrico che dallo specialista Franco Ferrini, co-sceneggiatore anche del capostipite, Carlo Vanzina sforna un nuovo giallo che non vuole essere, a dispetto del titolo, né un sequel, né un remake della pellicola interpretata da Renée Simonsen.
Nuovo giallo che, ambientato a Milano, parte dall'uccisione della top model Alexandra Larsson, con le fattezze di Alexandra Burman, icona del famoso stilista Federico Marinoni alias Richard E. Grant, il quale la rimpiazza con Britt, giovane venditrice di fiori a Stoccolma interpretata dalla Vanessa Hessler di Natale a Miami (2005); mentre ad indagare viene inviato l'ispettore siciliano Malerba, interpretato dal Francesco Montanari della serie tv Romanzo criminale, e le vittime sembrano essere destinate ad aumentare.

La scena tagliata... con citazione colta

Il giornalista di moda impersonato da Ernesto Mahieux aveva una scena, poi tagliata al montaggio, nella quale scriveva il necrologio di Alexandra su un computer appoggiato a un’asse di legno sulla vasca da bagno. La scena era ispirata a quella del film Vertigine (Laura) di Otto Preminger, dove Clifton Webb batteva sulla macchina da scrivere mentre faceva il bagno nella vasca.

Vestite per ucciderle

Ed è proprio l'ottima prova di Montanari a rappresentare uno dei maggiori pregi dell'operazione, la quale, nei panni di un commissario, tira addirittura in ballo il Francesco Barilli che diresse Il profumo della signora in nero (1974) con Mimsy Farmer e Pensione paura (1977) con Luc Merenda.
Se poi aggiungiamo che una delle sequenze finali si svolge con l'omicida e un ragazzino all'interno di una serra, proprio come nel terzo capitolo della serie Stepfather (citazione sicuramente non voluta), è chiaro che l'intento dell'autore di Vacanze di Natale (1983) sia quello di omaggiare ad ogni costo quel genere della cui tanto attesa rinascita parlano in molti... ma senza mettere nulla di buono in pratica.
Però, lo fa distaccandosi volutamente dagli eccessi di splatter e violenza che hanno finito per attanagliare un po' tutto l'horror d'inizio XXI secolo, privilegiando, invece, un intreccio costruito per lo più sul lato investigativo; mentre, a differenza della pellicola originale, in cui le vere protagoniste erano le modelle, qui ad essere raccontata è soprattutto la figura dello stilista, circondato da tanti, troppi personaggi dietro i quali si potrebbe nascondere l'assassino.
Senza dimenticare neppure una spruzzata d'ironia dovuta al personaggio di Mancuso, assistente di Malerba incarnato da Vincenzo Zampa, per un prodotto che, nonostante alcune pecche, a partire dall'eccessiva brevità delle sequenze di tensione, si lascia tranquillamente guardare.
Pur non riuscendo nell'impresa di generare grossi entusiasmi e, soprattutto, rischiando di sfoggiare un look generale di più che evidente taglio televisivo.

Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata A ventisei anni da Sotto il vestito niente (1985), suo famoso thriller tratto dall’omonimo romanzo di Marco Parma, Carlo Vanzina riprende il medesimo titolo per porlo al servizio di un nuovo giallo ambientato nel mondo della moda che, però, non vuole essere né un sequel, né un remake della pellicola interpretata da Renée Simonsen. Ne vengono fuori 96 minuti di visione che, in piena epoca di torture porn e truculenze assortite, evita di soffermarsi sul sensazionalismo degli omicidi per concentrarsi sullo sviluppo della vicenda, la quale, non priva di risvolti sentimentali, rischia soltanto di sfoggiare un taglio generale più vicino a quello delle fiction televisive che ai lungometraggi cinematografici.

6

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