Recensione Soul kitchen

Commedia tedesca vincitrice del Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia 2009

Recensione Soul kitchen
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"La storia della realizzazione di Soul kitchen è un'odissea iniziata nel 2003. Un bel giorno mi misi a provare un nuovo programma di elaborazione testi. Adam e la sua ragazza si erano appena lasciati, quindi cominciai scrivendo: 'Adam ha il cuore spezzato, il ristorante non potrebbe andare meglio'. Nel giro di poche ore avevo scritto venti pagine di copione e in cinque giorni terminai la stesura della prima bozza della sceneggiatura. Poi ricevetti l'Orso d'oro per La sposa turca. A quel punto, Soul kitchen non mi sembrava più abbastanza importante. Non riuscivo a liberarmi del tutto delle pressioni che accompagnavano il successo. Ma avevamo bisogno di un nuovo soggetto per tenere in piedi la nostra casa di produzione, la Corazón International, che avevamo fondato per La sposa turca. Così girammo Crossing the bridge e Soul kitchen rimase in un cassetto, anche se continuavo a sviluppare la storia. A un certo punto decisi che avrei soltanto prodotto il film affidando la regia a qualcun altro. Ma mi disturbava il fatto che, dopo La sposa turca e Ai confini del paradiso, sembravo essermi fissato sull'idea di realizzare solo film seri. Non volevo essere schiavo del mio successo e iniziai a chiedermi: ‘Per chi sto lavorando?'".
Così, il cineasta teutonico Faith Akin racconta la genesi del suo lungometraggio vincitore del Premio Speciale della Giuria presso la 66ª Mostra d'arte cinematografica di Venezia, il cui protagonista Adam Bousdoukos veste i panni del giovane greco-tedesco Zinos, sfortunato proprietario del ristorante che dà il titolo all'operazione, sito nel quartiere Wihlelmsburg di Amburgo e adorato dagli avventori della zona per le pietanze che vi vengono servite e per la musica soul, funky e rebetiko che vi riecheggia.
Sfortunato perché non solo la sua ragazza Nadine, con le fattezze di Pheline Roggan, si è trasferita a Shangai, ma i clienti abituali boicottano il nuovo chef e, nel tentativo di sollevare la lavastoviglie da solo, si procura uno strappo alla schiena; mentre il fratello Ilias, interpretato dal Moritz Bleibtreu di The experiment (2001) e in libertà vigilata, finisce per combinargliela grossa giocandosi il locale a carte.

Arte Kool...inaria!

E, tra pizza surgelata, hamburger di pesce con insalata di patate, hamburger hawaiani e maccheroni gratinati, mentre a dominare è una nutritissima colonna sonora infarcita di vecchi hit che spaziano da I don't know di Ruth Brown a It's your thing degli Isley brothers, passando per Rated x di Kool & The Gang e Get down di Curtis Mayfield, sono un ispettore sanitario, una funzionaria dell'Ufficio Imposte e un agente immobiliare senza scrupoli a tempestare una storia di amore e di amicizia che i produttori definiscono un attacco alla "gentrificazione", ovvero la pratica di trasformare i vecchi quartieri operai in zone residenziali borghesi. Un audace e scorretto Heimat Film che, se non fosse per la presenza di internet e dei telefoni cellulari, non solo sembrerebbe un prodotto appartenente questo genere cinematografico tedesco degli anni Cinquanta, ma sarebbe tranquillamente accomunabile a uno di quegli oscuri cult che, circa un ventennio dopo, venivano visionati in fumose sale di periferia americane.
Con l'esordiente Anna Bederke nei panni della cameriera Lucia, di cui Ilias s'innamora, Birol"Transylvania"Ünel in quelli del divertente chef Shayn e l'immancabile Udo"Suspiria"Kier a completare il buon cast, immerso nell'efficace fotografia di Rainer Klausmann (Invasion e La banda di Baader Meinhof nel curriculum), la quale non lascia mai splendere il sole nel cielo all'interno di quella che, in una sola parola, possiamo tranquillamente definire "favoletta".
Favoletta che non vuole assolutamente rappresentare il terzo capitolo della "trilogia sull'amore, la morte e il diavolo" iniziata dal regista con i già citati La sposa turca (2004) e Ai confini del paradiso (2007), e che identifica alcuni dei suoi momenti più divertenti nella discussione riguardante il gazpacho, nella sequenza del funerale della nonna di Nadine e nella visita che Zinos va a fare da Kemal, detto lo "spaccaossa".
Senza contare i rischi portati dall'ernia del disco nel prendere parte a un furto notturno e, soprattutto, gli esilaranti effetti di un dolce afrodisiaco.

Soul kitchen Autore de La sposa turca e Ai confini del paradiso, il teutonico Faith Akin torna dietro la macchina da presa con questa nuova fatica che non vuole assolutamente rappresentare il terzo capitolo della sua “trilogia sull’amore, la morte e il diavolo”. Tra nutritissima colonna sonora infarcita di vecchi hit e un buon cast che spazia dal Moritz Bleibtreu di The experiment al veterano Udo Kier, infatti, quello che scorre davanti ai nostri occhi altro non è che un audace e scorretto Heimat Film, proprio come il genere cinematografico tedesco degli anni Cinquanta. Heimat Film tempestato di divertenti situazioni che vedono protagonisti, tra gli altri, gli effetti di un dolce afrodisiaco e i rischi portati dall’ernia del disco nel prendere parte a un furto notturno; mentre, nel suo voler apparire quale attacco alla “gentrificazione”, ovvero la pratica di trasformare i vecchi quartieri operai in zone residenziali borghesi, non fatica ad assumere i connotati di quella che possiamo tranquillamente definire “favoletta”.

6.5

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