Speciale Storia di una ladra di libri: l’Olocausto negli occhi dell’infanzia

Bambini e ragazzi dell'Olocausto visti attraverso lo specchio del cinema

Speciale Storia di una ladra di libri: l’Olocausto negli occhi dell’infanzia
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Da questa settimana arriva nelle sale italiane Storia di una ladra di libri, trasposizione cinematografica di un popolare romanzo dell’autore australiano Markus Zusak, La bambina che salvava i libri, rivelatosi uno dei maggiori casi letterari del 2005. La pellicola, diretta da Brian Percival (regista di numerosi episodi del serial televisivo Downton Abbey), offre al pubblico una nuova testimonianza sulla massima tragedia del ventesimo secolo, gli orrori del nazismo e le persecuzioni antisemite, visti e vissuti attraverso gli occhi della sua giovanissima protagonista: una ragazza di nome Liesel Meminger, interpretata dall’attrice tredicenne Sophie Nélisse. Accolta da due genitori adottivi, Hans e Rosa Hubermann (impersonati da Geoffrey Rush ed Emily Watson), nella Germania alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, la piccola Liesel sviluppa un’insaziabile passione per i libri, oggetti quasi “proibiti”, bruciati dai nazisti in pubblici roghi, e riscoperti dalla ragazza come un ideale veicolo di “rivalsa” nei confronti della mostruosa violenza che si sta consumando tutt’attorno a lei.
Storia di una ladra di libri è un altro racconto per il grande schermo in cui la narrazione della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto è affidata alla prospettiva degli “innocenti”: bambini o adolescenti il cui percorso di formazione è irrimediabilmente segnato da eventi storici di immensa portata e di estrema tragicità. Il contrasto fra la “purezza” dello sguardo infantile e l’abisso di abiezione e di malvagità identificato con il nazismo e le persecuzioni contro gli ebrei costituisce infatti un veicolo particolarmente interessante nell’intento di rievocare quel periodo così cupo e drammatico, tanto nella letteratura quanto nel cinema. A questo proposito abbiamo pensato di proporvi sette film emblematici, realizzati nel corso degli ultimi quattro decenni, in cui l’Olocausto è stato messo in scena filtrato dagli occhi dei più giovani, come un possibile spunto per nuove visioni cinematografiche e, magari, come strumento di riflessione su un momento storico di cui è fondamentale ancora oggi conservare la conoscenza e la memoria...

IL TAMBURO DI LATTA

Uno dei massimi capolavori della letteratura della seconda metà del Novecento è Il tamburo di latta, pubblicato dallo scrittore tedesco premio Nobel Günter Grass nel 1959. Romanzo sperimentale e barocco, vetta della narrativa contemporanea, Il tamburo di latta è stato portato al cinema nel 1979 dal regista Volker Schlöndorff, aggiudicandosi la Palma d’Oro al Festival di Cannes e il premio Oscar come miglior film straniero. Protagonista della pellicola è il piccolo Oskar Matzerath, un bambino che vive nella Danzica con i suoi genitori e, nel giorno del suo terzo compleanno, nel 1927, riceve in regalo proprio un tamburo di latta. Da allora, Oskar all’improvviso smette di crescere ed utilizza come modalità di espressione privilegiata il suo inseparabile tamburo, sul quale batte selvaggiamente per esprimere la propria frustrazione. La vita familiare di Oskar scorrerà in parallelo con le vicissitudini della Germania, dall’ascesa del nazismo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

ARRIVEDERCI RAGAZZI

Ispirato a un reale episodio nell’infanzia del grande regista francese Louis Malle, Arrivederci ragazzi rappresenta uno dei massimi capolavori del cinema mondiale, nonché uno dei film più autentici, intensi e commoventi dedicati alle persecuzioni antisemite e, più in generale, al passaggio dall’innocenza della giovinezza alla dolorosa consapevolezza dell’età adulta. Ambientato nel 1944 nella Francia ancora sottoposta all’occupazione nazista, Arrivederci ragazzi racconta la storia dell’amicizia fra Julien Quentin, bambino timido e introverso che frequenta un collegio cattolico insieme al fratello maggiore François, e Jean Bonnet, un ragazzo schivo che nasconde un segreto inconfessabile: è ebreo. Per Julien, l’incontro con Jean segnerà un passo fondamentale nel suo percorso di crescita, ma anche la presa di coscienza della crudeltà del mondo degli adulti. Arrivederci ragazzi è stato ricompensato al Festival di Venezia con il Leone d’Oro come miglior film ed ha ricevuto sette premi César.

L’AMICO RITROVATO

Un’altra pellicola, come Arrivederci ragazzi, incentrata sul tema dell’amicizia fra due giovani adolescenti all’epoca della Shoah è L’amico ritrovato, trasposizione al cinema del primo tassello della cosiddetta “trilogia del ritorno” dello scrittore Fred Uhlman, al quale seguiranno Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore. Il film, tratto dal romanzo culto di Uhlman, fu diretto nel 1989 dal regista americano Jerry Schatzberg, su una sceneggiatura del grande drammaturgo Harold Pinter. Al cuore della vicenda, ambientata a Stoccarda, vi è il rapporto fra Hans Schwarz, un ragazzo ebreo figlio di un medico della media borghesia, e il suo coetaneo Konradin von Hohenfels, nuovo compagno di classe, appartenente a una famiglia aristocratica. La loro amicizia sarà però incrinata dai pregiudizi delle rispettive famiglie e dall’avvento del nazismo, fino a quando Hans e i suoi genitori, per sfuggire all’ondata di antisemitismo, non saranno costretti ad emigrare negli Stati Uniti...

LA VITA È BELLA

È possibile proteggere l’innocenza di un bambino da un orrore di proporzioni indicibili attraverso il potere dell’immaginazione? È il quesito alla base de La vita è bella, il film del 1997 diretto e interpretato da Roberto Benigni, che ha suscitato dibattiti, elogi ma anche numerose polemiche e si è rivelato il più grande successo di pubblico nella storia del cinema italiano, con incassi record in tutto il mondo. Sceneggiato da Vincenzo Cerami, La vita è bella vede Benigni nel ruolo di Guido Orefice, un libraio ebreo di Arezzo deportato in un campo di concentramento insieme alla moglie Dora e al figlio Giosuè, al quale Guido fa credere che la durissima realtà del lager non sia altro che un gigantesco “gioco di ruolo” ante-litteram. Presentato al Festival di Cannes 1997, La vita è bella ha ricevuto il Gran Premio della Giuria e l’anno successivo, dopo il trionfale debutto negli Stati Uniti, si è aggiudicato tre premi Oscar: miglior film straniero, miglior attore per Roberto Benigni e miglior colonna sonora per Nicola Piovani.

IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE

Ancora una storia di amicizia, sentimento topico ed elemento fondamentale nei racconti di formazione dedicati all’infanzia: è quella al centro de Il bambino con il pigiama a righe, best-seller pubblicato nel 2006 dallo scrittore irlandese John Boyne, che appena due anni dopo, nel 2008, è stato portato al cinema dal regista e sceneggiatore britannico Mark Herman. Protagonista del film è Bruno, interpretato dall’undicenne Asa Butterfield (il futuro Hugo Cabret), figlio dell’ufficiale nazista Ralf e di sua moglie Elsa, impersonati da David Thewlis e Vera Farmiga. Dopo essersi trasferito con la sua famiglia in una nuova residenza in piena campagna, Bruno scopre nei paraggi dell’abitazione una barriera di filo spinato oltre la quale si trova Shmuel, un bambino ebreo con indosso una divisa a righe (il “pigiama” del titolo). Inconsapevole delle responsabilità dei genitori, il piccolo Bruno instaurerà un’intensa amicizia con Shmuel...

THE READER - A VOCE ALTA

L’intreccio fra le responsabilità morali della Germania nazista e la scoperta dell’eros: un binomio insolito, che costituisce il nucleo di un film che è stato in grado di spaccare la critica, raccogliendo lodi e riconoscimenti, ma scatenando anche contestazioni e polemiche. Stiamo parlando di The Reader, trasposizione del romanzo A voce alta di Bernhard Schlink ad opera del regista inglese Stephen Daldry e dello sceneggiatore David Hare. Il film, che nel 2008 è valso alla sua interprete, una magistrale Kate Winset, il premio Oscar come miglior attrice e il Golden Globe, racconta infatti l’appassionata relazione sessuale fra il quindicenne Michael Berg e una donna misteriosa di nome Hanna Schmitz nella Germania del 1958, un paese nel quale ancora bruciano le ferite del nazismo e di un conflitto rovinoso. Pochi anni dopo l’improvvisa sparizione di Hanna, Michael, diventato uno studente di legge, scoprirà un terribile segreto riguardante il passato della donna della quale si era innamorato...

LA CHIAVE DI SARA

Uno degli episodi meno noti ma più tragici delle persecuzioni razziali è costituito dal rastrellamento del Vel’ d’Hiv, il Velodromo d’Inverno di Parigi, messo in atto fra il 16 e il 17 luglio del 1942 da parte della polizia francese, nel pieno dell’occupazione tedesca: l’esito di quel rastrellamento fu la deportazione di tredicimila ebrei nei lager nazisti. A riportare all’attenzione del pubblico questo drammatico episodio della Shoah è stata la scrittrice Tatiana de Rosnay nel romanzo Elle s’appelait Sarah, dal quale nel 2010 il regista Gilles Paquet-Brenner ha tratto il film La chiave di Sara, interpretato dall’attrice Kristin Scott Thomas. Prendendo spunto da un reportage giornalistico che è anche un ideale viaggio nella memoria, il film alterna passato e presente narrando in parallelo l’indagine della reporter americana Julia Jarmond e la drammatica lotta per la sopravvivenza di Sarah Starzynski, una bambina ebrea di dieci anni scampata al rastrellamento del Velodromo, della quale Julia, molti decenni più tardi, tenterà di ricostruire la vicenda...

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