The Departed, la recensione del film di Martin Scorsese

L'ultimo capolavoro del maestro Martin Scorsese è finalmente arrivato, la nostra recensione di The Departed.

The Departed, la recensione del film di Martin Scorsese
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The story so far...

La febbre da remake ha colpito anche il mitico Martin Scorsese. Dopo "The Aviator", lo abbiamo visto alle prese con il remake della trilogia "Infernal Affairs" (Hong Kong, 2002), che porta la firma di Wai Keung Lau e Siu Fai Mak.

The Departed, costato 90 milioni di dollari e annunciato come l'ultimo grande film di Scorsese, è stato scritto da William Mohanan (già visto all'opera in "Le crociate"). Con un cast stellare, e una colonna sonora annunciata come superlativa, avrà deluso o no le aspettative?

...di cosa tratta il film?

Boston, Quartiere di South Boston. Il pluriomicida Frank Costello (Jack Nicholson), e "padrino" indiscusso del quartiere, prende sotto la sua ala protettiva il piccolo Colin Sullivan (Matt Damon), dandogli tutto quello di cui ha bisogno: soldi, istruzione e protezione. Diventato adulto, Colin, per volere di Costello, entra in polizia come suo infiltrato nella sezione speciale.

La polizia, ignara di tutto, decide di far lo stesso gioco. Viene scelto William Costigan Jr (Leonardo di Caprio) - più per i suoi trascorsi familiari che per le sue effettive capacità - e, all'insaputa di tutto il corpo di polizia circa la sua vera identità di infiltrato, vien messo sulla strada. I suoi unici contatti sono il Capitano Queenan (Martin Sheen) e il Sergente Dignam (Mark Wahlberg).

Dopo un anno, grazie a svariate risse ed a tutta una serie di attività illecite, Costigan riesce a farsi notare da Costello, che lo inserisce subito tra le sue schiere, ponendolo tra i suoi fedelissimi. Il piano ha così inizio: sventare un traffico di processori rubati e incastrare finalmente Costello. Ma la cosa non sarà così semplice. Tra intrighi, rivalità e un susseguirsi di sangue e violenza, un triste epilogo segnerà le vite dei nostri protagonisti...

Mani in alto!

A detta dello stesso regista, questo è il suo saluto ad Hollywood. Addio major, addio budget elevatissimi. Hollywood ti lascio. E lo faccio con un film che non scorderete facilmente. E' questo che Scorsese ha voluto comunicare ai suoi fans. E' questa la sensazione che si ha guardando il film.

Scorsese è tornato, forse per l'ultima volta, forse no, chi può dirlo, ma lo ha fatto in grande stile. Come sempre. C'è magia nel suo ultimo film, quella stessa magia che ti corre come un brivido lungo la schiena quando si guardano i suoi capolavori del passato: Taxi Driver, Casinò, Quei bravi ragazzi e Mean Street. Quella magia che ti fa stare in tensione mentre "Bob" de Niro in Taxi Driver firma davanti allo specchio una delle scene più leggendarie di sempre, semplicemente dicendo: "Stai parlando con me?". La Boston a cui Scorsese dà vita è frenetica, violenta, carica degli umori e odori degli irlandesi che la abitano e la governano, estremamente cattolica, estremamente blasfema. E' tutto e il contrario di tutto.

La storia va, scorre come un fiume in piena e ad ogni passaggio non si mai cosa aspettarsi; il film non è mai scontato, tantomeno banale. Nulla è come appare, quello che un tempo era, dopo poco non lo è più, e tutto quello che ti è parso di capire vien subito smontato, ricomposto, lasciando ogni volta, ad ogni scena, ad ogni fotogramma, come una sorta di magia davanti ai tuoi occhi.

Tutto passa sotto la corrente del fiume, anche i concetti più semplici, più assoluti, anche il Bene, anche il Male. Qui il bene e il male non esistono: quello che all'apparenza può sembrare bene è in realtà il male e viceversa. Non si può non amare, adorare, venerare, il maestro Jack "the mad" Nicholson che, anche questa volta, si dimostra una spanna sopra gli altri. Frank Costello è il personaggio che, in un modo o nell'altro, rappresenta il culmine di uno stridente ossimoro. In lui bene e male convivono, esistono, si respingono: non fa mai nulla per nulla, è furbo, calcolatore, spietato, blasfemo come nessun'altro nel film (memorabile il dialogo con due preti, mentre con aria irriverente dona loro un disegno in cui una suora compie un atto sessuale con Cristo in croce) ma anche amato, temuto e rispettato dalla polizia e dai suoi seguaci.

"Il peso della corona è duro da sostenere" è quello che Costello dice a William mentre cerca di scoprire chi lo sta tradendo: in questo caso è chiara la fragilità di un uomo che - solo al comando - è quasi "costretto" a efferati delitti pur di tutelare se stesso. Non si riesce a odiarlo. Cosa che invece non accade con il discreto Matt Damon: è lui che rappresenta il culmine della cattiveria, per tutto il film ricoperta dalla lucentezza della purezza, la stessa che lo porta a rapide promozioni e stima incontrastata dei suoi superiori; ma è solo una farsa: alla fine tutto muta e la giustizia divina riesce con un colpo di spugna a ripagarlo con la sua stessa moneta di tutti i suoi peccati. Quella redenzione cercata per tutto il film, quel suo voler diventare un ottimo poliziotto, quasi a volersi pulire dello sporco di cui è pregno, lo porta ad una fine meritata e spietata.

Di Caprio, nuovo pupillo di Scorsese - alla sua terza prova con il maestro - è cresciuto: è maturo, disinvolto, padrone della scena, più del premio Oscar Damon, che in questo scontro esce perdente. Di Caprio è in forma, la sua recitazione è perfetta: mai una sbavatura, mai un calo. E' diventato uomo.

Anche nei ruoli minori Scorsese non ha badato a spese: troviamo nel cast personaggi del calibro di Alec Baldwin e Martin Sheen, insieme ad un superlativo Mark Wahlberg.

E' raro trovare un film così ben recitato. Tutto è come deve essere, preciso, crudo, violento: violenza e durezza che sfociano in una tensione sessuale senza precedenti. Ogni atto di violenza - soprattutto quelli di Costello - si traducono in una fame di sesso senza freni: sembra quasi che voglia svelare, scoprire e mostrare la sua virilità non solo con un linguaggio scurrile - o con atti violenti - ma anche con una coscienza di se' attraverso i suoi appetiti sessuali.

In questa girandola di emozioni, le musiche hanno un ruolo fondamentale come non mai, accentuando in maniera sublime i passaggi che compongono l'opera. Dai Rolling Stones ai Beach Boys, da Van Morrison a Patsy Cline: tutta la colonna sonora è una gioia per le orecchie e, unita alle scene, anche per gli occhi.

Tutto il film è realizzato nel miglior modo possibile: ogni taglio, ogni inquadratura, ogni fotogramma è pregno del tocco del "maestro". Forte di un cast eccelso, Scorsese si è potuto divertire con superbi primi piani e inquadrature molto ravvicinate. Le scene non sono mai riprese da lontano, il regista vuol fare sentire vicino lo spettatore, lo vuole rendere parte del film. E ci riesce. Egregiamente. Ci sembrerà di stare in quel bar mentre Costigan frantuma un bicchiere sulla testa di un uomo, colpevole di una "simpatica" battutina, ci sentiremo parte della gang di Costello mentre guida i suoi uomini dai compratori cinesi, e ameremo anche noi, come Di Caprio, la psicologa a cui affideremmo, anche noi, i nostri più intimi segreti.

Ce l'hai fatta Martin. Grazie maestro. Anche questa volta ci hai regalato emozioni. In alto le mani, questo, signori, è un capolavoro. Speriamo solo che non sia un addio, ma un arrivederci...

The Departed Come già detto nel corso della recensione, questo film è un capolavoro. Diretto magistralmente, ottimo cast, musiche superlative: ha tutti i numeri per dire la sua la notte degli Oscar. E lo farà. Consigliato a tutti.

8.5

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