Recensione The Spirit of '45

Ancora un interessante viaggio nel sociale per il regista Ken Loach

Recensione The Spirit of '45
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Per un cantore del sociale come Ken Loach (che ha attraversato in più di quarant'anni di carriera da regista i venti sferzanti delle ingiustizie sociali attraverso opere come Bread and Roses, La canzone di Carla o Il vento che accarezza l'erba - tanto per citarne qulcuno - e che sono divenute veri e propri comandamenti di ‘civiltà') ripercorrere le 'recenti' evoluzioni e rivoluzioni collettive della propria terra non poteva che essere una improrogabile necessità. Attraverso il mezzo documentaristico Loach varca così la soglia di un tempo cronologicamente lontano ma ancora sensibilmente vicino (quello della Seconda Guerra Mondiale) per analizzare e contestualizzare le riforme strutturali attraversate dalla Gran Bretagna dal 1945 a oggi. Centrale nella narrazione, fatta di filmati d'archivio, testimonianze, rievocazioni e pensieri di quegli ‘inglesi d'un tempo andato' è infatti proprio lo spirito di riscatto che all'indomani della fine del secondo grande scontro mondiale pose il territorio inglese di fronte alla necessità di ricostruire, riedificare, non solo materialmente ciò che la guerra aveva distrutto ma anche spiritualmente ciò che il conflitto aveva definitivamente spento, ovvero le speranze di una vita serena costruita solidamente sui valori della giustizia e del lavoro. A questo proposito Loach marca da vicino (attraverso primi piani di volti e luoghi) lo scarto tra l'insostenibile vita degli anni '30, gravata da un altissimo tasso di indigenza, disoccupazione, malattie e ignoranza (periodo rievocato da testimonianze terribili, come quella di bambini costretti a dormire, in cinque, in un letto invaso dai parassiti) e la primavera che fece seguito, quella rinascita che prese il via proprio nel 1945 grazie alle politiche sociali e alle riforme intraprese dal governo laburista. Una lunga ‘marcia' verso la rinascita che vide il formarsi di quegli organi sociali così importanti (un'oculata edilizia popolare, la nascita del servizio sanitario, l'assistenza alle famiglie e all'infanzia, le pensioni etc.) che hanno nel tempo evidenziato il welfare state inglese come uno dei più solidi e funzionali al mondo. Al disegno di questo periodo Loach contrappone poi l'inversione di tendenza avvenuta con l'avvento del thatcherismo e il conseguente dirottamento di quella struttura ‘sociale' verso una decisamente più capitalista e individualista destinata a veleggiare verso una nuova epoca di ritrovate diseguaglianze sociali.

Ritrovare il giusto 'spirito'

Uscirà giovedì 12 settembre 2013 nelle sale (e successivamente da venerdì 13 in video on-demand) quest'ultimo documentario del celebre regista britannico Ken Loach. Un'opera di grande rilevanza perché capace (al di là della chiara ‘posizione' ideologica assunta dalla narrazione) di illustrare le evoluzioni che hanno condotto alla Gran Bretagna di oggi ma (soprattutto) le rivoluzioni che hanno permesso a quella stessa nazione di superare momenti di profonda crisi. Sempre più attuale e pregnante in questi tempi di diffusa instabilità sociale ed economica, lavori del genere possono contribuire ad innescare una miccia di nuove energie da incanalare nella determinazione di una sfida da vincere. Un'opera formale eppure profondamente partecipata e che in fondo ha come unica missione quella di risvegliare gli ‘spiriti' di una popolazione (che assieme a molte altre) ha visto andare in frantumi il proprio senso civico e la propria voglia di lottare per un'esistenza migliore. In tempi di crisi severa come questi, di disgregazione e diffusa disperazione sociale, opere del genere assumono l'onore e il privilegio di parlare con la voce rotta della partecipazione della necessità di una ri-partenza, della ricerca di un nuovo impulso che possa riaccendere quello stesso spirito di rivalsa appartenuto (come Loach oggi ci racconta) al secondo dopoguerra inglese.

The Spirit of '45 Ken Loach firma un interessante documentario sulle trasformazioni della Gran Bretagna dal ’45 (e prima) a oggi, sottolineando con il suo occhio ‘profondamente sociale’ tutte le inversioni di tendenza (che hanno indotto segno positivo o negativo) attraversate dal suo Paese a partire da quei giorni di ricostruzione post Seconda Guerra Mondiale. Un lavoro che ha senza alcun dubbio il suo ‘limite di appetibilità’ nel chiaro posizionamento ideologico del regista ma che non manca (tuttavia) di fornire molte chiavi al fine di una comprensione più ampia di questi bui tempi di crisi internazionali.

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