Thor, recensione del cinecomic firmato Kenneth Branagh

I Marvel Studios continuano la costruzione del loro Cinematic Universe con un capitolo dedicato al Dio del tuono.

Thor, recensione del cinecomic firmato Kenneth Branagh
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Cinquant'anni, per una divinità, non sono nulla. Per un personaggio tratto dai fumetti, invece, sono decisamente un bel traguardo. Un traguardo che nel 2012 il possente Thor, storico eroe di casa Marvel Comics, taglierà con la veemenza di un fulmine.
Il dio del tuono è un personaggio molto amato dagli appassionati dei fumetti americani e i suoi albi, andandosi a piazzare a metà strada fra le storie classiche dei supereroi e i miti fantasy, raccolgono un pubblico trasversale. Strano dunque che il personaggio, a dispetto del potenziale, non sia mai stato sfruttato molto al di fuori della carta stampata, con rare incursioni nei cartoni animati e un'unica presenza 'live' come co-protagonista de "La rivincita dell'Incredibile Hulk", film tv del 1988. Il rinnovato interesse per i supereroi al cinema di questi ultimi anni ha però fatto sì che gli venisse finalmente dato il giusto spazio, con un blockbuster ricco di grandi nomi e perfettamente in continuity con gli altri Marvel movies attuali. Signore e signori, è il momento di Thor!

L'eroe del Mjolnir, possente martello...

Nato dalla magica penna di Stan Lee e dalla eclettica matita di Jack Kirby nel '62 sulle pagine di Journey into Mystery, Thor incarna il mito nordico del dio del tuono, rielaborato in forma supereroistica per il pubblico moderno. Se è vero infatti che i fumetti rappresentano in un certo qual modo la mitologia odierna, Thor in particolare è un ponte fra l'antico e il moderno, ricco com'è di simbologie che ricorrono e si rincorrono. Si parte da un dualismo umano-divino che, per quanto semplificato, è significativo: Donald Blake è un bravo medico, dal cuore gentile, ma insicuro nei rapporti umani e per di più claudicante. Un uomo qualunque, dalle grandi potenzialità ma bloccato dai limiti umani. Tuttavia, grazie ad un bastone magico rinvenuto durante un viaggio in Norvegia, Blake è in grado di trasformarsi in un dio mitologico possente e quasi invincibile, quando il suo senso di giustizia gli intima di battersi per i più deboli con determinazione. Al contempo Thor è una divinità potentissima eppure costretta a imparare il significato dell'umiltà, potendo ricorrere ai suoi poteri solo per giuste cause e altrimenti rinchiusa nel corpo di un umile umano, per di più all'apparenza insignificante.
Tutto torna, dunque, nell'ottica del 'supereroe con superproblemi' tanto cara a Stan il sorridente Lee, presentandoci un personaggio che naturalmente, in cinquant'anni di vita, ha visto numerose trasformazioni e incarnazioni, seguite in Italia dall'Editoriale Corno prima e da Play Press e Panini Comics poi, per arrivare all'estrema e interessantissima versione new age presentata negli Ultimates, i Vendicatori dell'universo Marvel Ultimate, dove Thor è un hippie no global con un seguito di fedelissimi attivisti politico-ecologici, che lo venerano come un semi-dio per i poteri sovrumani che scatena grazie anche al suo martello tecno-magico Mjolnir.
E proprio il martello, icona della divinità presa di peso dalla mitologia, è la costante delle avventure del personaggio in ogni sua versione: uno strumento dagli immensi poteri ma che può essere utilizzato solo da coloro che ne sono degni.

...creato dalla magia e dall'onore di Odino

Come adattare per il grande schermo un personaggio complesso e sfaccettato come Thor, per di più inserendolo in continuity con storie dai toni diversificati come Captain America e Iron Man? Dopotutto, se finora non c'era stato un film su Thor, è anche per la difficoltà a rendere bene il tutto senza eccedere e rischiare di scadere nel ridicolo. Tant'è vero che la Marvel, conscia della delicatezza dell'operazione, ha affidato la sceneggiatura del film ad uno dei suoi scrittori di punta, quel J. Michael Straczynski che tutti i lettori di comics conoscono per il suo lavoro su molteplici testate (tra cui, per l'appunto, Thor), ma famoso al grande pubblico grazie al pluripremiato Changeling di Clint Eastwood.
In questa versione, Jane Foster (Natalie Portman) è una ricercatrice astrofisica al lavoro su alcuni strani fenomeni verificatisi nel New Mexico. Grande è il suo stupore quando una notte, insieme ad alcuni colleghi, si imbatte in un bellimbusto che si proclama Thor (Chris Hemsworth), principe di un fantastico regno situato in un altro piano d'esistenza. Il sedicente dio del tuono, in effetti, è stato esiliato dal padre Odino (Anthony Hopkins) sulla Terra come punizione per i suoi modi arroganti e precipitosi, che hanno portato il Regno di Asgard sull'orlo della guerra. Sul nostro pianeta il giovane semidio, privato dei suoi poteri, avrà modo di riflettere su cosa vuol dire agire da Re saggio e coscienzioso, ma sempre all'erta e pronto a difendere il proprio popolo e i propri ideali... giusto in tempo per combattere una subdola minaccia cresciuta in seno alla stessa famiglia reale!

Conciliare classico e moderno

La sfida accettata da Kenneth Branagh, interprete di squisito talento e grande conoscitore delle dinamiche cinematografiche, non era certo delle più facili: dirigere un film supereroistico di genere fantasy conciliando comics americani e Wagner, mito classico e cinema digitale moderno.
Il risultato finale? Un'opera che non scontenta il suo pubblico ma che allo stesso modo non fa esultare nessuno.
Branagh, dal lavoro svolto sul film, appare come il grande professionista che è, lavorando molto per costruire un equilibrio fra le varie parti dell'opera (dramma, intrattenimento leggero, azione fumettistica) inserendo anche riferimenti colti e prestando attenzione al metalinguaggio dei fumetti e a come trasporlo al cinema, operazione da sempre assai tortuosa e dagli esiti incerti.
Tutto questo adoperando ogni cambiamento/adattamento necessario rispetto all'opera cartacea originale, pur dimostrando grande rispetto verso la fonte e un grande senso scenico nel rendere e differenziare le dinamiche terrestri, ricche di azione e fantascienza, e quelle asgardiane, astratte e mitiche, che a più riprese ricordano quel fantasy 'puro' degli anni '70/'80, che in verità fa piacere ritrovare. Il problema è che spesso, piuttosto che le epiche classiche a cui si ispirarono Shakespeare e Wagner, si ha l'impressione di trovarsi davanti un film che, complici le scenografie, ricorda a più riprese le epopee dei Masters of the Universe, che già una volta furono oggetto di una trasposizione filmica sul finire degli anni '80, con protagonisti Dolph Lundgren e Frank Langella.
Proprio come nelle avventure di He-Man, non c'è vero pathos, nonostante alcuni personaggi ben delineati e interpretati (tra tutti lo sfuggente fratellastro Loki, ottimamente impersonato da Tom Hiddleston) e un comparto tecnico di tutto rispetto. L'avventura scivola via piacevolmente, ma senza grandi scossoni, e soprattutto senza quel senso di epicità che invece dovrebbe corrispondere a un personaggio possente come quello di Thor.

Come da tradizione...

Thor si inserisce nel lungo filone dei Marvel movies recenti, con perfetta aderenza di continuity. Oltre all'immancabile cameo di Stan "the man" Lee, il film si caratterizza per la presenza, al suo interno, dell'organizzazione SHIELD, già vista in L'incredibile Hulk e Iron Man 2. Rivedremo, difatti, due volti noti già apparsi nei film succitati, nonché personaggi chiave del futuro film sui Vendicatori, e potremo fare la conoscenza con uno dei futuri membri della super-squadra, Hawkeye, al secolo Clint Barton. Occhio dunque ai riferimenti al mondo Marvel classico e alle altre pellicole, e rimanete in sala fino alla fine dei titoli di coda: l'usuale scena bonus non mancherà neanche stavolta.

Più che una tempesta, un acquazzone primaverile

Branagh ha forse avuto un approccio troppo 'british', per paura di strafare, e si è preoccupato più di sottolineare (molto bene, in verità) i rapporti familiari e i tormenti regali in salsa shakespiriana piuttosto che l'adrenalina che gli avventori domenicali dei cinema si aspettano da un film del genere.
Un approccio, tutto sommato, simile a quello di Ang Lee per il suo laccatissimo Hulk, anche se questo Thor, a differenza del primo film del Gigante di Giada, non annoia mai. Merito di diverse trovate azzeccate, qualche scena comica effettivamente divertente e attori in gran spolvero ma, fondamentalmente, sprecati. Hopkins in primis. Ma è la mancanza di girl power che forse delude e si fa notare, perlomeno rispetto agli altri Marvel Movies. Frigga e Sif, rispettivamente madre e amica fraterna (nonché grande guerriera) sono figure bidimensionali e impostate sul cliché, e anche il personaggio della Foster, nonostante la presenza della Portman e la sua ambivalenza ai fini delle trama, non decolla e finisce presto in ombra, non solo dietro a personaggi come la Vedova Nera di Iron Man 2, ma addirittura anche a spalle femminili come Betty Ross o Pepper Pots.
Che dire invece di Hemsworth? Fisicamente rende il personaggio in maniera magnifica, incarnando i vari aspetti del dio del Tuono con una certa semplicità. Se il suo personaggio, a volte, manca della giusta tensione drammatica è più che altro colpa della sceneggiatura tenuta a volte troppo a freno, e di combattimenti belli da vedere ma che esulano dall'esaltazione visiva che dovrebbero comportare.
Thor dovrebbe mettere i brividi nel momento in cui, non senza sforzo, solleva il martello al cielo e scatena tempeste prima di gettarsi a capofitto sul nemico. Ma non succede. Troppa mediazione. Branagh non sperimenta, non si lascia andare, non gioca col media ma lo asseconda: vince ma non convince, perché comunque Thor è un film più che godibile, ma in fondo anonimo.

Thor Thor è un film ricco e ben girato, realizzato con grande professionalità e dispendio di mezzi. Tecnicamente mantiene le promesse, anche se l'uso tracotante della computer grafica nelle ambientazioni asgardiane e un 3D ben sfruttato ma di maniera lo rendono in molte scene 'plasticoso' e poco realistico. I nomi coinvolti nel progetto si sono dati senza riserve, ma al contempo senza grande estro, risultando spesso sacrificati. Dal film di Branagh non ci si aspettava certamente una reinterpretazione che ridefinisse il genere, ma avremmo gradito maggior coraggio e spinta emotiva: così com'è il suo Thor sembra perfetto per una serie tv, più che per un blockbuster. È probabilmente vero che la Marvel non abbia avuto pesanti ingerenze creative sul lavoro del regista inglese e di Straczynski, ma è palese la sensazione che questi non abbiano voluto rischiare, all'interno di un progetto così complesso come quello dei Vendicatori.

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