Recensione torneranno i prati

Ermanno Olmi rievoca la Grande Guerra attraverso le immagini limpide di un doloroso 'tempo dell'anima'

Recensione torneranno i prati
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Prima guerra Mondiale, gli ultimi scontri. In un avamposto d'alta quota del Nord-Est italiano un gruppo di militari combatte a poca distanza dalla trincea austriaca le ultime ore di una guerra massacrante. Da un lato spiccano l'incanto dei luoghi, la bellezza del manto nevoso che copre ogni cosa, la quiete dei luoghi, mentre dall'altro risuonano il fragore brutale di quei bombardamenti che segnano (ogni volta) la possibilità di una fine imminente, improvvisa, eppur sempre vana. Mentre attendono le sorti di un destino perlopiù infausto, i militari sopravvivono mettendo in pratica ordini provenienti da scrivanie lontane e noncuranti, soffrendo il gelo e la fame, aspettando con ansia quelle sporadiche missive che giungono ad allietare una quotidianità altrimenti nera e a ricordar loro di essere uomini con un nome, un'identità, magari una famiglia, e non solo numeri sacrificati per il bene di una presunta e più alta causa (la difesa cieca della Madrepatria). In quel limbo crudele che giace tra vita e morte non ci sono infatti persone ma solo sventurate qualifiche di appartenenza: il Maggiore (Claudio Santamaria), il Tenentino (Alessandro Sparuti), il Capitano, il Dimenticato, o il Conducente di mulo. Gradi acquisiti che diventano fardelli pesanti come macigni, dove se il prezzo di una vita vale dieci lire e una licenza mai esaudita, una stella in più appuntata sulla giacca decide (in un sistema a ricasco di ordini inappellabili) della vita, o meglio delle vite altrui; quelle stesse vite che si spezzano una dopo l'altra come giovani rami inondati da un'abbondante neve. E allora l'unico modo per sopravvivere è spogliarsi della divisa, del proprio ruolo di militari della morte per riconquistare una propria umanità, che sia magari anche (come extrema ratio) la libertà della Fine. torneranno i prati (che sin dal titolo rifugge il maiuscolo nella descrizione di una storia straordinaria nella sua tragica ordinarietà), narra così l'orrore di decisioni infauste, mai giuste, eppure inappellabili piovute nel gelo di luoghi incantati divenuti (loro malgrado) prigioni infernali. Briciole di pane raggruppate in piccole sfere, i passi veloci di un topo che appare ignaro compare di sventura, i sempre più esasperati malori fisici e mentali, sono le immagini piccole, grigie di una stoica resistenza a un dolore indicibile nell'attesa che tutto quello scompaia per restaurare l'equilibrio perduto, far riemergere da quel colore cinereo la vita dei prati, pur nell'impossibilità di riportare sotto la luce del sole l'enormità di vite ingiustamente infrante.

Il "tempo dell'anima"

"torneranno i prati... ricrescerà l'erba sopra le immense ferite della guerra, insieme all'erba cresceranno i fiori, le mucche torneranno a pascolare, tornerà la vita; la speranza mostra la luce anche nell'abisso buio della guerra ". Liberamente ispirato al racconto La paura di Federico De Roberto, l'ultimo film del maestro bergamasco narra le vicende realmente accadute sul fronte Nord-Est in una gelida nottata successiva ai sanguinosi scontri del 1917. Dalla sua personale filmografia e cifra stilistica Ermanno Olmi (uno dei maggiori registi italiani celebri tra l'altro per film quali L'albero degli zoccoli o Il mestiere delle armi) riprende quella capacità quasi unica di entrare negli occhi e nei volti della gente, intercettando le emozioni (spesso la sofferenza) con un'intimità e una partecipazione straordinarie, soffermando lo sguardo dello spettatore su ogni singola espressione, smorfia, ruga che nei volti dai protagonisti riempie poi l'inquadratura, cristallizzando quel tempo di un passato oramai remoto in tutta la sua dolente memoria. Attraverso quei colori tenui che trapelano dal bianco e nero vivido attraverso cui il film fregia la fiera memoria dei protagonisti, torneranno i prati innesta la poesia di un'umanità annichilita ma ancora tenacemente in piedi nell'orrore della guerra, restituendo dignità e tempo (presente) al sacrificio di quegli eroici protagonisti. Sono infatti proprio la bellezza delle immagini (pur nel loro raccontare vividamente il dolore) sostenute dalla toccante compostezza delle splendide musiche di Paolo Fresu a generare la forza di quest'ultimo film di Ermanno Olmi, un omaggio assai sentito e commovente al padre e ai suoi (indimenticabili e indimenticati) ricordi di guerra. Un'opera in cui i (seppur pochi) dialoghi diventano quasi superflui, didascalici, un'eco ridondante che si perde e si confonde nella forza dell'immagine e nella sua capacità di generare un'emozione viscerale a sé stante, assieme a una spontanea e più che doverosa empatia.

torneranno i prati Alla veneranda età di 83 anni il maestro bergamasco Ermanno Olmi realizza un film su una memoria (personale e collettiva) che vibra d’emozione grazie alle splendide immagini del dolore e attraverso quella profonda contraddizione tra poesia e orrore che Olmi riesce magistralmente a fotografare. Un’opera in cui le parole risultano superflue, in cui è solo la forza della rappresentazione e del ricordo dolente a parlare. Realizzato per commemorare i cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, torneranno i prati rievoca il sentimento di un potente stato di dolore, un “tempo dell’anima” che non può essere non partecipato.

8

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