Recensione Turner

Mike Leigh firma un biopic convenzionale ma ben riuscito sulla figura del cosiddetto 'pittore della luce'

Recensione Turner
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Dopo la controversa apertura con Grace di Monaco, biopic potente ma poco attinente ai fatti storici, il Festival di Cannes al suo secondo giorno propone un’altra storia tratta da una vita vera, molto più classica e lineare. Si tratta di Turner di Mike Leigh, che ricostruisce la parabola umana e artistica del “pittore della luce”, magistralmente interpretato da un intenso Timothy Spall.
Due i principali punti di forza di questo film lungo e maestoso. La fotografia straordinaria, a opera di Dick Pope, che richiama naturalmente il lavoro del pittore in questione, e la prova d’attore straordinaria del protagonista. “La parte del lavoro rigorosa - ha detto il direttore della fotografia in conferenza stampa - è stata una ricerca sulla palette di colori utilizzata dal pittore. È un argomento e oggetto di grande documentazione. Dopodiché ho seguito l’istinto”.
“Chiunque faccia un film ispirato a qualcuno - ha fatto eco il regista - deve necessariamente sentirlo vicino, capirlo e comprenderlo. E poi dato che anch’io sono un artista, naturalmente comprendo il territorio su cui lavoro.”

I colori del sublime

“Man mano che inizi a fare ricerche su un soggetto, che tu lo faccia a livello superficiale o più approfondito - continua Leigh - questo impregna la tua psiche. Lavorando a questo film non ero sempre cosciente di citare questo o quel quadro, abbiamo assorbito il tutto e poi abbiamo lasciato libero corso alla nostra creatività in mondo subliminale”.
“Turner aveva il genio dentro di sé, ma l’aria di un proletario qualsiasi - ha infine commentato l’attore protagonista - Mi è venuto naturale interpretarlo con l’emissione di tanti rumori e grugniti. Rappresentano il male di vivere che si porta dentro e che esplode nel tentativo di comunicare. Però era in grado di rappresentare alla perfezione il sentimento del sublime, quella linea sottile tra l’orrore e la bellezza della natura, e di mettere in risalto l’umiltà dell’uomo”. Dopo questo passaggio a Cannes, il regista Mike Leigh afferma sempre di più il suo status di icona del cinema britannico: “Ma - conclude scherzando - cerco di resistere alla tentazione di diventarlo. Tutti abbiamo un lato egocentrico, ma a me le icone non piacciono. Sono un iconoclasta”.

Turner Lungo e maestoso, bello da vedere, ma un po’ noioso da seguire - a meno che, naturalmente, non si ami alla follia l’opera di Turner - il film gioca molto, oltre che sull’innegabile bravura del protagonista, su una fotografia molto raffinata (a opera di Dick Pope) e naturalmente ispirata ai quadri del rivoluzionario pittore britannico. Un biopic classico e dignitoso, ma privo di particolari guizzi creativi. A chi ha fischiato Grace di Monaco, però, piacerà.

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