Recensione Walesa - L'uomo della speranza

Andrzej Wajda ricostruisce vent’anni di storia della Polonia attraverso la vicenda personale e pubblica di Lech Walesa

Recensione Walesa - L'uomo della speranza
Articolo a cura di

Alla 70° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, due grandissimi titoli, probabilmente i migliori in assoluto fra quelli proiettati al Festival di quest’anno, sono stati presentati nella sezione “Fuori concorso”: si tratta di Die andere Heimat, nuovo capitolo della celeberrima saga di Edgar Reitz, e di Walesa - L'uomo della speranza (Walesa - Man of Hope), il film biografico dedicato al sindacalista Lech Walesa da uno dei massimi registi del cinema mondiale, Andrzej Wajda. Ancora infaticabilmente attivo sul set, nonostante il 6 marzo abbia compiuto 87 anni, Wajda è l’autore di opere quali I dannati di Varsavia (Premio della Giuria a Cannes nel 1957), Cenere e diamanti, La terra della grande promessa, L’uomo di marmo, Le signorine di Wilko, L’uomo di ferro (Palma d’Oro a Cannes nel 1981), Danton (premio César per la miglior regia e BAFTA Award come miglior film straniero nel 1983) e il recente Katyn; nel 1998 è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera al Festival di Venezia e nel 2006 dell’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino, mentre nel 2000 ha ricevuto da parte dell’Academy il premio Oscar alla carriera.

Solidarnosc

E fra i grandi registi dei nostri tempi, forse nessun altro quanto Wajda è stato in grado di attingere agli eventi della Storia (in primis la storia polacca, ma non solo) per raccontare l’evoluzione, la sensibilità collettiva e il percorso spesso travagliato del proprio paese, nonché per mettere in luce l’anima di un popolo nei momenti pivotali della modernità e della contemporaneità. E in tale prospettiva, Walesa - Man of Hope costituisce un perfetto coronamento della produzione artistica di Wajda, nonché una delle sue pellicole di maggior forza e solidità. Sceneggiato da Janusz Glowacki, da decenni fedele collaboratore del regista, Walesa ricostruisce una pagina fondamentale nella storia della Polonia: il periodo a cavallo fra gli Anni ’70 e il crollo dell’Unione Sovietica, con la fondazione di Solidarnosc e le campagne a favore della democrazia e dei diritti dei lavoratori. A partire dal 1970, quando Lech Walesa, giovane operaio nei cantieri navali di Gdansk, viene arrestato ed imprigionato per aver preso parte a uno sciopero represso nel sangue, passando per l’ondata di scioperi che, nel 1980, provocarono un braccio di ferro fra lo Stato e i lavoratori guidati da Walesa e riuniti sotto la sigla di Solidarnosc, la prima organizzazione sindacale indipendente nata nell’area sovietica dell’Europa; dalla vittoria del premio Nobel per la pace nel 1983 (in occasione del quale Walesa non poté recarsi di persona in Norvegia, per paura di non poter rientrare in patria) alle elezioni parlamentari del 1989, che segnarono la schiacciante vittoria di Solidarnosc ed aprirono la strada per l’avvento di una reale democrazia in Polonia.

L'uomo della speranza

Questi eventi, di cui il polacco Wajda è stato diretto testimone e che in parte erano già confluiti nel suo capolavoro del 1981, L’uomo di ferro (in cui compariva anche lo stesso Walesa, nel ruolo di se stesso), sono rievocati in Walesa - Man of Hope attraverso la figura del protagonista, al quale presta volto, corpo e voce, con sorprendente mimetismo, un formidabile Robert Wieckiewicz (già interprete di Leopold Socha nell’apprezzato In Darkness, il film di Agnieska Holland del 2011). L’intero film, del resto, prende forma dalle parole di Walesa durante una lunga intervista alla giornalista italiana Oriana Fallaci, impersonata nel film dall’attrice Maria Rosaria Omaggio (la Fallaci intervistò veramente Walesa nel 1983, poco dopo il conferimento del Nobel per la pace). Di fronte alle domande della Fallaci, Walesa si manifesta come un uomo schietto e sanguigno, dotato di un’incrollabile determinazione ma al contempo di un notevole senso dell’humor, pienamente cosciente dell’importanza delle proprie battaglie, ma anche del sacrificio a cui è disposto a sottoporre se stesso, la propria famiglia e la moglie Danute (Agnieszka Grochowska), compagna fedele e paziente, consapevole a propria volta dell’imprescindibile importanza ricoperta da suo marito nel cammino della Polonia verso un futuro più libero.

Tale cronistoria, che copre un arco di tempo di quasi vent’anni, è messa in scena da Andrzej Wajda con intensità, tensione ed un profondo senso di pathos, evitando tuttavia i rischi dell’agiografia e le convenzioni del biopic classico. La pellicola di Wajda è innanzitutto uno straordinario ritratto umano, pregno di realismo e narrativamente efficacissimo, nonché un imprescindibile affresco dell’Europa al tramonto dell’impero sovietico, che però non cede mai a un didascalismo da “lezione di storia”, ma risulta perfettamente bilanciato nelle sue varie componenti. Walesa - Man of Hope, dunque, non è soltanto l’ennesimo trionfo artistico in una carriera che dura ormai da circa sessant’anni, ma alla resa dei conti anche l’unico, autentico capolavoro cinematografico che il Festival di Venezia ci abbia offerto nella sua 70° edizione.

Walesa - L'uomo della speranza Il grande regista Andrzej Wajda ricostruisce vent’anni di storia della Polonia attraverso la vicenda personale e pubblica di Lech Walesa, leader della lotta per i diritti dei lavoratori, fondatore del sindacato Solidarnosc e vincitore del premio Nobel per la pace nel 1983, in un ritratto biografico di straordinaria forza e profondità, presentato fuori concorso alla 70° edizione del Festival di Venezia.

8.5

Che voto dai a: Walesa - L'uomo della speranza

Media Voto Utenti
Voti: 4
7.8
nd