Recensione The Legend of Zelda: Spirit Tracks

Il cavallo e le barche non vanno più di moda: questo è l’inverno dei treni

Recensione The Legend of Zelda: Spirit Tracks
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  • Tanto tempo fa in un Regno lontano, lontano...

    Un prologo occupato dalla narrazione di una leggenda, il risveglio di un protagonista a cui noi stessi siamo chiamati a dare un nome, e guai se è diverso da Link, uno strumento musicale dai poteri magici e l’onnipresenza della Sacra Triforza, elemento cardine dello sconfinato pantheon di saggi e divinità minori che di volta in volta gestiscono l’ecosistema del Regno di Hyrule. Cosa sono questi se non elementi cardine di una leggenda, quella di Zelda, che da più di dieci anni incanta e commuove generazioni di videogiocatori? Iterazione dopo iterazione abbiamo imparato a non tentare una disposizione cronologica dei vari episodi, ma di apprezzarli per quello che sono: diverse narrazioni della medesima storia, quella della lotta del Bene contro il Male.
    Certo, l’eccezione c’è sempre e in questo caso si chiama Majora’s Mask, diretto seguito del capolavoro Ocarina Of Time. Per la prima volta nella storia della saga si aveva a che fare due volte con lo stesso Link, cosa che sarebbe poi successa nuovamente con Wind Waker per Game Cube e il più recente Phantom Hourglass per DS.
    Con il qui analizzato Spirit Tracks sembra quasi che Nintendo abbia intenzione di creare una saga nella saga. Confusi? Spaesati? Preoccupati? Coraggio, continuate a leggere.

    Zelda’s drama

    Non solo Spirit Tracks si rifà alle medesime meccaniche del capitolo precedente per DS, non solo riprende il toon shading visto in Wind Waker, ma la sua stessa trama prolunga il filo narrativo ben oltre i due episodi appena citati.
    L’inizio, del resto, è con il botto. Fare luce su uno qualsiasi degli aspetti della trama, sarebbe indubbiamente un reato di cui non vogliamo macchiarci, ma rivelarne i più superflui risvolti è necessario per la progressione dell’analisi. Innanzi tutto dovete essere pronti a diversi riferimenti a personaggi e situazioni che avete vissuto in Phantom Hourglass. In qualche modo infatti il regno del capitolo precedente e quello di Spirit Tracks sono collegati, e in questo caso è facilmente determinabile un ordine cronologico tra i due episodi.
    La situazione poi, non perde tempo per peggiorare e presentarci immediatamente il compito da portare a termine. La Torre Degli Spiriti è andata in pezzi, indebolendo la barriera magica che impedisce all’oscuro signore del Male, Malladus, di fare il suo ritorno. L’unico modo per riportare l’ordine è ripristinare le Spirit Tracks del titolo, ovvero la fitta rete ferroviaria che non serve solo per permettere il passaggio dei treni, ma anche per catalizzare l’energia magica e convogliarla nella torre appena nominata. Tutto estremamente familiare e già sentito, se non fosse per la forza drammatica con la quale sono rese le primissime ore dell’avventura. Abituati ai toni tenui e fanciulleschi tanto cari alla saga, lo shock emotivo sarà tanto più forte quando il nemico di turno sarà presentato con un fare così luciferino da far apparire Ganon un simpatico bricconcello. Ancora più incredibile il personaggio della Principessa Zelda. Negli anni, con la sola eccezione di Ocarina Of Time, siamo stati abituati a vederla come una combattiva, ma pur sempre pacata ed elegantissima nobile. Genererà stupore allora vederla perdere il controllo in più di un’occasione, vederla, per una volta, umanamente più attaccata alla sua sorte che a quella del suo Regno e del suo popolo. E’ un vero peccato dunque, che una tale forza drammatica venga persa per un lungo tratto dell’avventura, prima del finale anch’esso molto forte emotivamente. L’azzardo riuscitissimo dell’incipit infatti, lascia presto il posto a una narrazione ancora dominata dai classici dialoghi fanciulleschi propri di un mondo sempre in pericolo, ma mai del tutto cosciente delle forze maligne che lo abitano. In più manca l’irrefrenabile simpatia del pirata Linebeck, che in Phantom Hourglass aveva dato un brio inaspettato alla sceneggiatura.
    Tirando le somme la trama di Spirit Tracks è un esperimento incredibilmente affascinante e per lo più riuscito. Là dove la forza drammatica viene meno purtroppo manca un personaggio come Linebeck a mantenere viva l’attenzione del videogiocatore. Così com’è, l’avventura per una buona parte vive più per le meccaniche del gameplay che per la sceneggiatura. Che non manca mai di interessare e intrattenere, certo, ma pecca leggermente di quel quid che avrebbe potuto regalarci uno degli Zelda più intriganti mai giocati.

    Touch-screen, pennino e microfono: ecco la nuova Triforza

    Sul gameplay invece Nintendo non ha assolutamente voluto giocare d’azzardo. Delusione per gli amanti delle novità a tutti i costi, sentita approvazione per i più pragmatici, che non vedono motivo per stravolgere meccaniche tutto sommato sfruttate per un solo episodio.
    Anche Spirits Track dunque, abbandona per lo più l’utilizzo di pulsanti vari, per affidarsi all’accoppiata touch-screen e pennino. Toccare un punto dello scenario si tradurrà in uno spostamento di Link verso la direzione designata e tracciando linee e semicerchi sui nemici si potrà sfoderare la spada e esibirsi in combo e schivate varie. Il sistema necessita di un breve periodo di adattamento e, pur non permettendo la varietà di attacchi degli episodi pubblicati sulle console casalinghe, si rivela sufficientemente articolato e preciso per rendere ogni scontro intrigante e mai scontato. Anche raccogliere e lanciare gli oggetti richiederà l’uso dello schermo tattile, così come le armi secondarie dove capirne il funzionamento e intuire tutti i loro diversi utilizzi è un gioco nel gioco.
    Come già accaduto in Phantom Hourglass gli enigmi si adattano alla perfezione alla nuova anima di Zelda. Ancora una volta spesso sarà necessario scarabocchiare note sulla mappa e certe leve si attiveranno solo dopo aver soffiato potentemente sul microfono. Non mancano le porte sulle quali tracciare determinate linee, così come le sezioni in cui il boomerang sarà l’unico strumento in grado di colpire in rapida successione interruttori distanti tra loro.
    I veterani della serie, insomma, non tarderanno a rintracciare qualche ripetizione o, semplicemente, qualche variazione sul tema, ma la qualità degli enigmi è indubbia e cristallina. Il livello di difficoltà è leggermente aumentato, ma non aspettatevi di dover ricorrere frequentemente a delle guide: persino un neofita non faticherà mai eccessivamente. Ciò che importa, tuttavia, è che i dungeon non deludono affatto e anzi, rappresentano un ulteriore passo avanti.

    Il Flauto di Pan

    Come da tradizione anche in questo capitolo Link potrà contare sui poteri magici di uno strumento. Questa volta la scelta è caduta sul Flauto di Pan. Per suonarlo dovrete preoccuparvi di soffiare sul microfono, mentre con lo stilo farete scorrere le canne di bambù dove appunto Link emetterà il fiato. Semplice e divertente per quanto ogni canzone non vi richiederà che un paio di note.

    Altro che Frecciarossa!

    Anche la struttura dell’avventura riprende il mantra di Phantom Hourglass. Se i dungeon sono sempre al loro posto, a sostituzione del Santuario di Mar c’è la Torre degli Spiriti. La formula, fortunatamente, è stata lievemente migliorata. Se in passato infatti, eravamo costretti di volta in volta a ripercorrere per intero il Santuario, ora delle comode scale ci permettono di raggiungere direttamente i nuovi livelli della Torre. Inoltre, pur contraddicendo solo in parte il nostro intento contro qualsiasi tipo di anticipazione sulla trama, è necessario parlare di una piccola novità.
    Le sezioni all’interno della Torre sono maggiormente volte allo stealth. A guardia infatti, i temibili e imbattibili Fantasmi. Il povero Link sarà costretto ad agire nel modo più discreto e silenzioso possibile, visto che un colpo di spada di queste creature è sufficiente per rispedirlo all’altro mondo. Tuttavia, raccogliendo tre Lacrime di Luce, sparse lungo i piani della Torre, l’eroe ha la possibilità di impadronirsi, per mezzo di un secondo personaggio di cui non vogliamo rivelarvi l’identità, del loro corpo. Vi ritroverete così a controllare due avatar, alternando i movimenti ora di Link, ora del Fantasma. Naturalmente anche in questo caso il tutto avrà delle ripercussioni sugli enigmi che incontrerete, che si baseranno fortemente sulla collaborazione tra i due.
    La novità si rivela estremamente azzeccata in termini di varietà d’azione, ma porta qualche piccolo problema in termini di sistema di controllo. Qualche volta vi capiterà infatti di selezionare il personaggio sbagliato, ed il controllo indiretto dei movimenti del Fantasma non è sempre preciso, cosa che può rivelarsi persino fatale in determinati frangenti.

    A destare maggiormente preoccupazione sin dai primi trailer, tuttavia, era la fase che funge da ponte tra la Torre degli Spiriti e i normali dungeon. Ci stiamo ovviamente riferendo agli spostamenti lungo il Regno di Hyrule, fatti a bordo del treno. Non sarà eccessivamente noioso seguire il percorso lineare e costretto di un binario?
    La risposta, purtroppo, è parzialmente positiva. Durante il tragitto vi capiterà di dover calcolare il vostro percorso in base allo spostamento di alcuni treni kamikaze, da evitare assolutamente, oppure di sparare diversi colpi di cannone per eliminare alcuni nemici che vi si pareranno di fronte. In più a volte dovrete trasportare alcuni passeggeri costringendovi così al rispetto di determinate condizioni come accelerare o rallentare in base alle richieste che vi verranno fatte. Nintendo, insomma, ha tentato ogni possibile diversivo per rendere varie e stimolanti anche queste sezioni. Purtroppo ci riesce solo in parte. Quando sarete costretti all’ennesimo backtracking, pur con tutto l’impegno degli sviluppatori della Grande N, uno sbadiglio di noia sarà quasi inevitabile. Inoltre è possibile anche muovere una lieve critica stilistica nella scelta di un mezzo così moderno. Di fronte a un’ambientazione tanto medievale e fantasy, il treno rappresenta forse un elemento troppo anacronistico, ma su questo fattore ognuno, in base al proprio sentire estetico, dovrà dare un proprio parere.
    In definitiva, comunque: era più divertente la barca di Phantom Hourglass. Tuttavia ciò non significa che le sezioni sul treno siano un disastro o una noia totale. Semplicemente a volte potrete appoggiare il DS sul tavolo, godervi il fantastico sottofondo musicale e, magari socchiudendo dolcemente gli occhi, sognare di trovarvi realmente di fianco a Link e di esplorare le soleggiate valli di Hyrule.

    Un bel viaggio in un bel paese

    Dal punto di vista grafico e sonoro Nintendo dimostra ancora una volta di saper sfruttare al meglio l’hardware a disposizione e l’immenso talento di artisti e grafici. La regia delle scene animate è impressionante e, come dicevamo, in esse agisce una inaspettata forza drammatica. Se il copione è già di per sé toccante, il tutto viene ulteriormente ingrandito da inquadrature molto ricercate e azzeccate. La grafica in-game utilizza il medesimo motore di Phantom Hourglass, non presentando netti miglioramenti, ma riproponendo una telecamera isometrica efficace per gestire al meglio i comandi via touch-screen. Lo stile, sempre in toon shanding, è delizioso, e una buona definizione di texture e modelli poligonali si sposa alla perfezione con un frame rate solido e mai titubante. Stilisticamente, come accadde per il predecessore, si lamenta una leggera mancanza di ispirazione nella riproduzione dei dungeon, ma è un piccolo e marginale appunto di un lavoro magistrale.
    Il sonoro è anch’esso di una qualità incredibile. Dominate dai fiati, le tracce audio raramente ripropongono qualche brano preso dal passato, puntando invece su componimenti nuovi di zecca come da tradizione splendidi e ispiratissimi. Un applauso anche agli effetti grafici, sempre ricercati e ottimamente riprodotti dagli speaker del DS.
    Parlando di longevità l’avventura principale può essere portata a termine nel giro di una quindicina di ore, ma collezionare il collezionabile significherà spenderne almeno il doppio. Il multiplayer, come già detto, è un simpatico e semplice riempitivo incapace di avere una vita propria, ma qualche sessione con gli amici giusti la farete di sicuro.

    MultiLink

    Torna anche in questo capitolo il multiplayer. Questa volta esso è relegato unicamente al locale, ma permette con una sola cartuccia di far scontrare quattro giocatori contemporaneamente. Il tutto si limita alla raccolta di gemme sparse in un arena, sfruttando bombe, trappole e gli immancabili Fantasmi. Non c’è dunque la possibilità di ingaggiare scontri all’arma bianca, ma di ostacolarsi a vicenda utilizzando ogni elemento offertovi dallo scenario. Niente di trascendentale e, soprattutto, niente che vi intratterrà per più di una manciata di partite.

    The Legend of Zelda: Spirit Tracks The Legend of Zelda: Spirit TracksVersione Analizzata Nintendo DSThe Legend Of Zelda: Spirit Tracks è un degno rappresentante di una saga che non ha mai sbagliato un colpo. I difetti non mancano, certo. Le sessioni a bordo del treno alla lunga vengono a noia e c’è grande rammarico per un esperimento a livello narrativo non del tutto compiuto. Tuttavia, come si usa dire, non si sta facendo altro che cercare il pelo nell’uovo. Spirit Tracks è un titolo imperdibile per ogni possessore di un Nintendo DS. La qualità degli enigmi e dei dungeon è, se possibile, superiore a quella di Phantom Hourglass, mentre a livello grafico-sonoro si può riscontrare la medesima cura e straordinarietà. Il sistema di controllo da un ulteriore prova di efficacia e la trama vi terrà incollati fino alla fine della vicenda. Non c’è un motivo preciso per sconsigliarne l’acquisto. L’unico è che proprio odiate la saga e le sue meccaniche, o che l'approccio più "enigmistico" che avventuroso tipico degli episodi DS vi abbia lasciato perplessi. Al contrario, che siate fan di Zelda o meno, se sono i bei giochi ciò che cercate, con Spirit Tracks avrete perfino qualcosa di più.

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