Recensione Mulholland Drive

Il capolavoro onirico e surreale di David Lynch

Recensione Mulholland Drive
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Il Sogno e l'Incubo, il Bene e il Male, lo Sguardo e il Senso. Il Cinema di David Lynch è un coacervio di queste e più influenze, di allucinazioni e mistero, di delitto e castigo. Un Maestro che ha fatto suo uno stile unico e, ad ancor oggi, irraggiungibile nonostante i tentativi di emulazione siano non pochi. Ma solo come i grandi autori sanno essere, è pressochè impossibile raggiungere la perfezione stilistica, ma soprattutto il delirio ragionato nella sua follia del regista del Montana. Un talento visivo, e visionario, debitore alla sua altra grande passione, e cioè la Pittura. Nella sua fortunata carriera, ricca di Capolavori, il più importante dal punto di vista prettamente mediatico (non tanto per gli incassi, poco più che modesti, ma per essere assunto a culto immortale) è stato sicuramente Mulholland Drive. A conti fatti, si può dire che questi sia stato per Lynch ciò che Quarto potere fu ai suoi tempi per Orson Welles. E pensare che, paradossalmente, il film avrebbe dovuto subire un altro destino, e diventare una serie tv, in un tentativo di bissare il successo ottenuto anni prima dallo stesso Lynch con il culto di Twin Peaks. I produttori dell'ABC, con poco coraggio, rifiutarono l'episodio pilota di due ore realizzato, probabilmente considerandolo troppo "complesso" e "difficile" per l'abitudinario pubblico statunitense. Intervenne fortunatamente la francese Canal Plus, che offrì a Lynch la possibilità di incanalare il tutto in unico film autoconclusivo, che si è poi trasformato nella gemma splendente che tutti, o quasi, conosciamo. Una genesi travagliata, che però a differenza di altri casi, non ha inficiato il risultato finale, nonostante il rimaneggiamento della sceneggiatura per condensare la storia in soli 147 minuti, e che ha visto un vero e proprio trionfo al Festival di Cannes, con la Palma d'oro come miglior regista, consacrandolo definitvamente al gotha dei Grandi della Settima Arte.

Sogno o film?

Betty Elms (Naomi Watts) giovane aspirante attrice, arriva ad Hollywood. Dopo aver conosciuto una coppia di anziani durante il viaggio, si reca nella villa della zia che si trova fuori città, dove si tratterrà per un breve periodo. Entrata in casa, trova nella vasca da bagno una ragazza dai capelli rossi (vista nell'epilogo iniziale in fuga su una strada chiamata Mulholland Drive). La sconosciuta, vittima di un'amnesia, dice di chiamarsi Rita (Laura Harring) e di essere un'amica della zia. Betty però scopre ben presto la verità, e decide di aiutare Rita a ritrovare la memoria e scoprire la sua identità su quanto accaduto la notte dell'incidente su Mulholland Dr. Nel frattempo conosciamo il regista Adam Kescher (Justin Theroux),che ha dei problemi col suo ultimo film. Due gangster infatti gli impongono di ingaggiare Camilla Rhodes, un'attrice sconosciuta, come protagonista. L'uomo rifiuta, ma un incontro con un individuo chiamato "il cowboy" gli chiarirà le idee. Da queste due storie, che si muovono parallelamente, si innesca un percorso onirico e delirante che pone le realtà a sovrapporsi fino a confondere lo spettatore.

Forma ed essenza

Un macigno di materia plasmabile, che cambia forma, colore, essenza, si trasforma e con essa plasma le sensazioni di chi guarda, intrappolato in un vortice di fascino insano e inspiegabile, di ossessione per le immagini e per una storia che dà adito a diverse e svariate interpretazioni. Una visione di carattere meditativo, che spreme le membra oltre una visione passiva, ma rende lo spettatore partecipe nel trovare il nodo della matassa. Lynch, d'altronde, è un praticante della meditazione trascendentale, tecnica che si pone l'obiettivo di liberare le potenzialità creative degli individui, e proprio per questo motivo non ha mai voluto spiegare il significato degli eventi, lasciando così chiunque conscio dei propri dubbi e delle proprie certezze. Si è scomodato addirittura Freud per trovare una spiegazione all'essenza dello sdoppiamento, del sottile confine che sembra separare sogno e realtà, incubo e illusione. Chi è alla ricerca di spiegazioni razionali, di un qualsivoglia filo logico, rimarrà a bocca asciutta. Lynch sembra quasi incurante del parere del pubblico medio, quello che garantisce gli incassi, e non fa nulla per compiacerlo, anzi destabilizzandolo e forse impaurendolo con le sue contorsioni metafisiche. Lontano dagli autori mercenari, che purtroppo il cinema odierno spesso ci rivela. Mulholland Drive è, nel suo eclettismo mentale e visivo, un'esperienza da provare, sulla stessa onda di un altro Capolavoro come 2001: Odissea nello spazio. Libertà alla espressione, incurante dei limiti, dei canoni che la massa ha fatto suoi e che impone complice il dio denaro alle major. Un puzzle fatto di tasselli più o meno espliciti, che si collegano perfettamente solo nella mente dell'autore, inseriti con una disinvoltura, nella loro complessità espositiva, davvero sconcertante (in senso costruttivo) . Perciò troviamo una scatola misteriosa, un regista fascinoso, due belle ragazze legate da uno strano rapporto morboso, una coppia di anziani che balla in mezzo al caos, un nano produttore (interpretato da Michael J. Anderson, attore feticcio di Lynch), un flemmatico cowboy, una strana veggente, un mostro (?) che appare e scompare, ma soprattutto una strada. Mulholland Drive, la strada di Los Angeles che da inizio alla pellicola e ai misteri che da lì in poi si dipanano. Innesca una sorta di percorso a ostacoli, labirintico, in cui si sbaglia più volte strada nella ricerca dell'illuminazione, ma che non ferma il tentativo di raggiungerla, tanto che lo stesso Lynch, come detto restio a svelare informazioni chiarificatrici, ha rilasciato dieci indizi da scovare all'interno del film. Nonostante i diversi punti in comune col precedente altro Capolavoro Strade perdute (inframezzato dall'ottimo, e atipico per lo stile lynchiano, Una storia vera), a cominciare dalla oscura e magnetica fotografia, Mulholland drive si distacca per il suo ultimo quarto, che li rende simili ma distanti, più tendende a una linearità comunque convulsa il primo, più disorientante e fautore di svariate vie di comprensione il secondo, soprattutto per l'evoluzione finale che deflagra nella maestosità dell'oblioso Caos. Non si pecca di superbia, di eccessi di surrealismo, nè di trovate autoreferenziali o fini a se stesse, si propone bensì un viaggio che tende ad aprire le menti, svegliare da quel sonno cerbrale che la canonizzazione, televisiva e cinematografica, ci ha e continua a proporci, rendendo a conti fatti la visione un qualcosa di inestimabile, da esser provato, vissuto, assaporato in ogni singolo fotogramma più e più volte, nel suo vibrante incedere che avvinghia e rimane nella psiche anche dopo i titoli di coda. Oltre a tutto ciò, Mulholland drive è un vero spettacolo dal punto di vista delle immagini, ricche di virtuosismi tecnici, estetici, scenografici, accompagnate da una colonna sonora (firmata dal maestro Angelo Badalamenti, amico e collaboratore di Lynch sin dai tempi di Velluto blu, qui presente anche in una piccola parte) suadente e inquietante, che accompagna questa favola onirica nel migliore dei modi. Tutta la dimensione temporale del film sembra astrarsi da qualsiasi collocazione precisa, inondando di sensazioni disturbanti nel loro conturbante fascino, capaci di rapire in questo ibrido di sensualità e mistero. A tal proposito, una delle scene più "forti" è quella del rapporto saffico tra le due protagoniste, in un punto chiave per la svolta narrative della vicenda. E la bellezza delle succitate Naomi Watts e Laura Harring è non priva di una bravura feroce, che si intravede soprattutto nella bionda attrice, camalenotica nell'offrirsi, anima e corpo, ai mutamenti degli eventi. Le parole si fermano, il silenzio, l'urlo, che si armonizzano ai titoli finali, sono una lama che si conficca, crudele e sublime, nel cuore e nella mente, pronti a insidiarvisi per non abbandonarli mai più. Incubo o realtà, sogno o fantasia, l'unica certezza è che questa è una pagina che rimarrà indelebilmente nelle pagine della Settima Arte.

Il Blu Ray - A cura di Andrea Bedeschi

Presentato all'interno della collana Universal "Studio Canal Collection" la pellicola di David Lynch giunge nei negozi ad un prezzo interessantissimo di 19,90 euro. Come tutti i prodotti della linea in questione anche questo Mulholland Drive è proposto in un case in cartone brossurato più simile ad un libro che alle solite confezioni dei prodotti home video. All'interno della confezione, possiamo poi trovare anche l'abituale booklet d'approfondimento. Tecnicamente, il prodotto Universal è molto valido, sia dal punto di vista visivo, con un transfer di alto livello che restituisce immagini nitide, profonde e prive di difetti, che rappresenta un sicuro balzo in avanti rispetto alla precedente edizione in dvd, che da quello audio: la colona sonora è potente, i bassi corposi, e tutto il contesto sonoro, sempre così importante nel cinema di Davud Lynch, crea un mood capace di veicolare tutta l'inquietante atmosfera delle visioni del regista.
Ottimi gli extra che comprendono:

- Introduzione di Thierry Jousse
- Nella scatola blu
- Making of: sulla strada di Mulholland Drive
- Interviste alla montatrice Mary Sweeney ed al compositore Angelo Badalamenti
- Intervista audio al Angelo Badalamenti 10 anni dopo
- Ritornando su Mulholland Drive

Mulholland Drive Nel 2001 Lynch firma quella che può ritenersi una tra, se non la più, importanti pellicole dell'ultimo decennio, assumendo in toto il titolo di culto come poche altre. Questa volta però, oltre a tale importante appellativo, si viaggia anche sui binari del masterpiece, tale è il genio che traspare dalla visione, un genio libero da costrizioni che ci regala forse l'incubo più bello e incomprensibile della storia del Cinema tutto. Tra situazioni inspiegabili, sogni premonitori, sdoppiamenti di personalità, lo spettatore viene inghiottito in una sorta di dimensione parallela, dove le sensazioni si dilatano, assumono a nuovo stato d'essenza, diventano un tuttuno con la storia e i suoi protagonisti, portando la mente a funzionare di nuovo nella ricerca compulsiva di una propria soluzione o verità. Più che le sempre maggiormente esose tecnologie atte a trasportare il pubblico all'interno della visione, e che tendono ad andare a braccetto con un nulla qualitativo, è in questa via che va ricercata la terza dimensione, tale che è in essa che in Mulholland Drive si viene trasportati.

9.5

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