Recensione Prince of Persia: The Shadow and the Flame

L'operazione nostalgia di Ubisoft per Prince of Persia non riesce come sperato

Recensione Prince of Persia: The Shadow and the Flame
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  • Che fine ha fatto il Principe di Persia? Dopo un reboot malriuscito nell'ormai lontano 2008, la saga targata Ubisoft si è limitata a vivacchiare ai margini del panorama videoludico (e cinematografico), incapace di reinventarsi e costretta a campare di ricordi. Con "Le Sabbie Dimenticate" l'action/platform un tempo glorioso ha denunciato un immobilismo preoccupante e, nonostante le ottime trovate sul fronte del level design, l'ossessione quasi maniacale con cui la serie ha continuato a proporre un immaginario ormai logoro non hanno convinto appieno i giocatori. Peccato davvero, perchè l'ultimo capitolo HD era sicuramente più solido, per quel che riguarda le dinamiche di gioco, della fantasia in cell-shading di due anni prima.
    Fatto sta che dopo il "capitombolo" il Principe non è più riuscito a rialzarsi, nonostante le amorevoli cure che sul grande schermo gli ha dedicato Gemma Arterton. L'epilogo di questa sua vita da "reietto" è rappresentato dall'approdo su App Store, con il mediocre "The Shadow and The Flame".
    A metà fra un platform ed un action, questo capitolo mobile recupera il titolo del secondo episodio, datato 1993, per spacciarsi come un remake con una nuova grafica e dinamiche di gioco inedite. Nonostante la campagna promozionale del publisher abbia giocato molto sull'aspetto "amarcord", il gioco che ci troviamo di fronte non ha nulla a che vedere con il suo storico predecessore. Resta anzi un prodotto con poche frecce al suo arco, e nonostante un colpo d'occhio tutto sommato efficace si rivela un'esperienza semplicistica e iterativa, sicuramente non in grado di attrarre i vecchi fan della saga.

    Goffo e farraginoso

    Uno degli aspetti che più indispettisce di Prince of Persia: The Shadow and the Flame è la presenza di una farraginosa trama che fa sfondo alle vicende, tentando in qualche maniera di scandire la progressione attraverso i 14 stage di cui è composta l'avventura. Il trattamento riservato al comparto narrativo, mollemente ispirato a quello dell'episodio realizzato da Broderbund, è disastroso: di mezzo ci si mette di certo una localizzazione un po' superficiale, ma gli sconnessi discorsi del Principe, piuttosto che fare da collante, finiscono per confondere il giocatore, che si trova catapultato nel ben mezzo di una favola mal narrata. Non si capisce poi come mai Ubisoft abbia voluto a tutti i costi conservare il vecchio immaginario, pur scombussolando la trama ed il plot: il giocatore arriva in un mondo pieno di tappeti volanti, alberi magici, ed un usurpatore di nome Jaffar. Nel 2013, non si può fare a meno di pensare che The Shadow and the Flame sia il surrogato di un'avventura di Aladdin. Insomma: l'operazione-nostalgia diventa comprensibile quando del titolo originale si salva tutto, non quando se ne recuperano frammenti accatastati senza coerenza.
    Anche a livello di gameplay il titolo sviluppato da Ubisoft Pune (sconosciuta divisione indiana del publisher francese) si ispira molto liberamente al vecchio capitolo, ed in verità si diverte a riscrivere tutto da zero, cambiando combat system, mappe dei livelli e ritmi di gioco.
    Sostanzialmente il titolo è un adventure bidimensionale, con un sistema di controllo recuperato in parte da quello degli endless runner. La parte sinistra dello schermo serve per muoversi, mentre strusciando il dito sulla parte destra si possono fare salti o capriole. C'è un pulsante che permette di camminare lentamente invece di correre, per raggiungere il margine delle piattaforme o avvicinarsi non visti ad un nemico.

    Il control scheme si rivela non troppo reattivo, e bisogna prenderci la mano prima di evitare cadute rovinose e morti accidentali. Ma anche dopo aver preso dimestichezza con la goffaggine un po' retrò del Principe, la progressione resta alle volte desolante e mai serena. Il fatto che basti uno sbaglio per finire al creatore impone di procedere con estrema delicatezza, facendo a pugni con le imperfezioni nel rilevamento degli input e con i tempi di latenza delle animazioni. La cautela diventa ossessione quando si scopre che per resuscitare il Principe senza ricominciare da capo lo stage bisogna usare un'apposita pozione, disponibile in quantità limitata. Una volta esaurita, l'alternativa è darsi al più spietato Trial & Error, ripartendo dall'inizio del livello ad ogni morte, oppure metter mano al portafogli, acquistando le scorte dello shop in-game. Il fatto è che questo Prince of Persia, comunque, si paga, e neppure poco se si considerano gli standard dell'App Store. Il modello di Business adottato da Ubisoft non è insomma molto user friendly: dimostrazione lampante che né la mania degli zerottantanove centesimi né le microtransazioni sono due sistemi che funzionano davvero? Personalmente crediamo di sì, ma la soluzione prospettata da The Shadow and The Flame non ci sembra proprio quella giusta. Anche perchè, bisogna dirlo, il gioco non risalta certo per le sue qualità: il level design è abbastanza piatto, gli stage sembrano tutti uguali, costruiti con le stesse trappole e lo stesso set di elementi grafici, e quando ci si imbatte in un gruppo di nemici gli scontri sono più noiosi che altro: una versione bidimensionale di Infinity Blade, in cui bisogna parare al momento giusto e contrattaccare strusciando le dita a caso sullo schermo.
    E allora alla fine non vale troppo la pena né di impegnarsi ad esplorare tutti gli anfratti del livello (almeno le mappe sono grandi e si può girare liberamente seguendo una delle tante vie che portano al traguardo), né di cercare di battere i record completando gli stage nel minor tempo possibile. Del resto l'esperienza di gioco è così monocorde che entrare in sintonia con il Principe è praticamente impossibile.

    Prince of Persia: The Shadow and the Flame Prince of Persia: The Shadow and the FlameVersione Analizzata iPhonePrince of Persia: The Shadow and The Flame è un prodotto insipido e con poco mordente. Ennesima dimostrazione che i generi più complessi mal sia adattano -senza soluzioni davvero creative- ai touchscreen di tablet e smartphone, il titolo “vandalizza” il ricordo di un videogame storico, recuperandone a somme linee l'immaginario ma sconvolgendo tutto quanto: trama, gameplay, level design. La grafica di gioco è l'unica cosa che si salva. Per il resto gli scontri sono noiosi e poco ispirati, i livelli sembrano costruiti meccanicamente, il control scheme tentenna, ed il modello di business un po' troppo indefinito non convince. Da buoni fan del Principe attendiamo un ritorno con ben altre premesse.

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