Recensione Zack & Wiki: il tesoro del pirata Barbaros

Il tesoro di Capcom

Zack & Wiki: Quest for Barbaro's Treasure
Recensione: Nintendo Wii
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Wii
  • Coma un sasso in uno stagno

    Capcom è una delle poche software house che, da sole, sono in grado di smuovere il maremagnum stagnante del mercato moderno, paludato da una sempre più forte tendenza alla stereotipia ed al riuso. Nonostante la volontà di non abbandonare le sue vecchie glorie e le saghe storiche, che tuttavia finiscono per ramificarsi in prodotti di qualità sempre elevata, Captive Corporation ha dimostrato una marcata attenzione per l'innovazione e la creatività. Durante i primi vagiti di una Next Gen ormai svezzata, il suo ingresso in campo (con Dead Rising e Lost Planet, lo ricordiamo), segnò il primo giro di boa nella produzione di software, e fu chiaro che alle porte del mondo videludico avrebbe dovuto bussare ben altro che la “semplice” alta definizione, affinché i titoli fossero bene accolti.
    Oggi, dopo la timida conversione del suo capolavoro dell'orrore ed un discreto On-Rail Shooter basato sulla stessa ambientazione (Resident Evil: Umbrella Chronicles), Capcom invade di prepotenza un settore del videogioco che, per ingraziarsi le ultimi propaggini del popolino videoludico, sembra rischiare di inimicarsi gli hardcore gamer: stiamo parlando, ovviamente, del mercato Wii.
    Zack & Wiki: il tesoro del pirata Barbaros, con qualche mese di ritardo rispetto alla versione americana, sbarca nel vecchio continente, pronto a colpire al cuore i nostalgici giocatori d'altri tempi che ancora non hanno dimenticato le sfide esagerate delle antiche avventure grafiche. Il risultato ha un effetto dirompente.

    Una storia semplice

    Zack & Wiki non sembra voler far niente per nascondere le sue “radici”. Quelle, in pratica, di un titolo “alla vecchia maniera”, senza troppo fronzoli narrativi ma saldamente concentrato su un gameplay di prim'ordine. Così, le cut scene che servono per introdurre personaggi ed interpreti ben presto lasciano spazio ad un tutorial che conduce l'utente diritto nel cuore del gioco. Per onor di cronaca ricordiamo che il giocatore è chiamato ad interpretare un giovane pirata alle prime armi, assetato cercatore dei tesori sparsi per il mondo, e giunto inaspettatamente sulle tracce del più famoso bottino mai raccolto in tutta la storia: quello del pirata Barbaros. Nella ricerca dei 16 pezzi che compongono lo scheletro dorato del pirata, Zack sarà affiancato dal suo insolito compagno, Wiki: scimmietta volante in grado di trasformarsi in una campana. Ad intralciare i suoi piani troveremo la banda di Rose, un'avvenente piratessa dai modi snob. Sia le scene d'intermezzo che, più generalmente, i dialoghi e le situazioni che servono a caratterizzare i personaggi, sono intrisi di uno strano umorismo nipponico, fatto di un velato gusto per il nonsense, di qualche tributo alla cultura orientale, e di numerose concessioni allo stile Kawaii di alcuni manga. Per l'utente europeo, abituato a produzioni di ben altra fattura, le già scheletriche vicende risulteranno un semplice pretesto per organizzare la progressione dell'avventura. Tuttavia Zack & Wiki, privato delle gioie di una sceneggiatura decente, riuscirà comunque a farsi amare, per merito di uno stile visivo incredibilmente avvincente (che avremo modo di analizzare in seguito).

    Pensaci su

    Basta affrontare la prima coppia di livelli per inquadrare completamente quella che è la struttura portante di Zack & Wiki. Si tratta, in pratica, della rivisitazione in chiave moderna di una antica avventura grafica, il “punta e clicca” nel suo senso più puro. Al giocatore è data una struttura ambientale in cui si trovano vari oggetti con cui è necessario interagire al fine di creare un preciso percorso che conduca allo scrigno del tesoro. Attraverso insomma una serie di azioni sequenziali, la risoluzione di piccoli rompicap o e l'utilizzo opportuno di vari strumenti, compito dell'utente è quello di strutturare un preciso “piano d'azione”. L'integrazione di quelle che sono le caratteristiche tipiche dell'hardware e del suo sistema di controllo passa proprio per gli strumenti che è possibile utilizzare, ciascuno dei quali richiede di impugnare il Wiimote in maniera particolare, mimando poi l'azione che è necessario compiere (tirare una leva, eseguire uno swing con una racchetta, segare un albero). In realtà la presenza di questi numerosi “minigame” non contribuisce più di tanto ad impreziosire il comparto ludico (a differenza di quanto riportato sul retro di copertina, è abbastanza intuitivo comprendere quale siano i movimenti da eseguire per compiere un'azione). Quello che è davvero importante nell'economia di gioco è invece la struttura logica su cui si regge ogni schema. Per capire quale sia la giusta sequenza di azioni occorre osservare attentamente la disposizione di tutti gli elementi, prevedere le diverse reazioni, a volte sperimentare, e insomma “giocare d'astuzia”. L'inventiva del team di sviluppo non manca di stupire più di una volta, nell'uso sapiente di tutte le azioni offerte dal gioco. Ad esempio la possibilità di recuperare direttamente sulla scena i propri strumenti, suonando la Wiki-Campana nelle vicinanze di un animale selvatico per tramutarlo in un oggetto, non è una semplice introduzione a senso unico. La capacità di riportare gli animali nella loro forma originale (ad un secondo scampanio) richiede a volte di prevedere le loro reazioni, o quelle dei personaggi al momento dell'incontro inatteso con la fauna locale. La possibilità di impugnare un oggetto in diverse maniere (ruotandolo con un netto movimento del polso) permette di utilizzarlo in contesti nettamente diversificati. Ma sempre permane una geniale razionalità per cui è possibile, per gli acuti osservatori ed i giocatori dotati di fantasia, prevedere ogni reazione e agire di conseguenza. Scoprire le machiavelliche strutture che, di livello in livello (per un totale di 25), i game designer ci propongono, è un'esperienza unica, per la loro capacità di inventare contesti sempre diversi, di utilizzare i materiali più disparati, di introdurre spesso piccoli quesiti di logica, minigiochi che mimano i Rythm Game, prove di memoria. Esplorare piccole stanze chiuse in cui è necessario lavorare con pochi materiali, oppure muoversi in ampi ambienti in cui capire la giusta sequenza di azioni diventa un impegno complesso e duraturo, significa tornare indietro al tempo in cui i videogame erano fatti con poco, e la varietà di situazioni diventata un'esigenza primaria. Zack & Wiki è insomma un grade tributo ad un modo di concepire il gioco che non c'è più. Una filosofia che è sparita negli anni a causa dell'impazienza delle nuove generazioni. Tutto questo risulta ben chiaro quando ci si scontra col fallimento, metodico, che costringe a rigiocare dal principio gli schemi per una sola azione sbagliata, quando per orgoglio si rifiuta di chiedere i consigli dell'oracolo o di sprecare uno dei tagliandi che riportano in vita a seguito delle conseguenze di una disattenzione di troppo. Quando insomma si avverte il piacere dell'esecuzione perfetta, sottolineata dall'attribuzione di punti speciali (gli HirameQ), a cui si arriva con fatica e dedizione.
    Ed è proprio questo il limite più grande di Zack & Wiki: la sua incapacità di essere un gioco “per tutti”, la richiesta esplicita di un senso del gusto particolare e ricercato, di un impegno metodico.
    E sia chiaro che pure i giocatori più pazienti potrebbero vacillare, in certi momenti. Chi non verrà rapito immediatamente dal piacere di una costruzione perfetta (che tanto ricorda la diabolica genialità delle sigle di Pitagora Switch), allora forse non riuscirà mai a capire un gioco in cui c'è poco da fare e tanto da pensare.

    Fashion Design

    Il colpo d'occhio di Zak & Wiki lascia positivamente stupiti. A regalare qualche emozione anche visiva non è tanto l'utilizzo intensivo della caratteristiche della macchina (tutt'altro che spinta ai suoi massimi). Perdonata infatti la presenza di un leggero alias e di un cell shading non certo “di grido” (di poco più ricco di dettagli e sfumature di quello di Dragon Quest VIII, sebbene punteggiato di effetti speciali molto notevoli), il giocatore non potrà che apprezzare lo stile unico delle ambientazioni, e la loro perfetta caratterizzazione. Raggruppati in diverse “aree tematiche” (con più di un tributo ai clichè tipici del platform game: zone nevosa, zona vulcanica, castello infestato), i livelli riescono ad immergere l'utente in un mondo incantato ed incantevole, in cui ogni “quadro” fa un saggio uso degli elementi grafici al fine di scongiurare il rischio di una monotonia visiva. Ognuno degli oltre venti schemi riesce dunque a ritagliarsi il proprio spazio, senza che mai lo stile grafico o i cromatismi si facciano opprimenti. Indimenticabile poi il design dei personaggi e di alcuni nemici, fra i più ispirati e “divertenti” degli ultimi anni.
    Si registra, purtroppo, qualche calo di frame rate nei livelli con molti elementi in movimento.

    Il comparto sonoro è composto da temi musicali di ampio respiro, bene orchestrati ma non troppo numerosi, che finiscono comunque per rivestire, eccezion fatta che in qualche momento dal tono “epico” o tragicomico, un ruolo marginale. Al giocatore la qualità dei brani d'accompagnamento sarà manifesta soltanto durante lo scorrere dei crediti, quando ritmi pirateschi e popolari si affiancheranno a marcette epiche: un peccato che tale repertorio venga utilizzato soprattutto nelle cut-scene, e resti invece in disparte nelle fasi In-Game, dominate dai rumori ambientali. Resta chiaro l'impegno produttivo anche per gli effetti campionati, numerosi e tutti di ottima fattura, fino agli strani vagiti che sostituiscono i vocalizzi dei protagonisti, questi ultimi invero molto ripetitivi e, nel caso di lunghi dialoghi, anche piuttosto tediosi. In generale un repertorio acustico funzionale, ma non eccelso.

    Fine dei giochi

    Dal punto di vista meramente quantitativo, Zack & Wiki si propone di rimediare alla longevità non troppo elevata (non molto oltre le dieci ore di gioco) con la possibilità di reperire tesori nascosti una volta terminato il gioco, o ripetere i livelli in cerca dei punteggi migliori (un esercizio, questo, non troppo gratificante, visto che già si conosce la giusta sequenza di azioni da compiere). La presenza di uno scarso numero di livelli che può essere completato seguendo diverse strade non risolleva totalmente la situazione. La verità è che la maggior parte dei giocatori abbandonerà il titolo Capcom dopo il completamento dell'avventura, poco interessato a raggiungere il 100% o a collezionare le sagome “pixellose” dei vecchi eroi Capcom che è possibile scovare nei vari livelli.
    A conti fatti non ci sentiamo di penalizzare eccessivamente il prodotto: il team di sviluppo ha dato vita ad una sequenza di schemi molto varia, riservando più di una sorpresa durante le “boss battle” (sempre combattute a “suon di intuizioni”) e nei complessi livelli finali. Zack & Wiki è un titolo che fa tutto il possibile con quello che gli è dato, ed è difficile avanzare altre pretese.

    Zack & Wiki: Quest for Barbaro's Treasure Zack & Wiki: Quest for Barbaro's TreasureVersione Analizzata Nintendo WiiCapcom ha creato un prodotto particolare e sofisticato. Riprendendo l'impostazione tipica di avventure grafiche della “vecchia scuola”, integrandola con le possibilità del Wii per non rendere l'esperienza del tutto passiva, ma soprattutto schierando un team di cervelli che ha fatto un incredibile lavoro compositivo, organizzando ad arte ogni struttura, ha creato un titolo a suo modo originale, ma non certo adeguato alle esigenze di tutti. Per chi è ancora in grado di concepire uno schema di gioco in cui “restare bloccati” è considerata un'evenienza non improbabile, per chi ha amato i progenitori di Monkey Island e Fate of Atlantis, per chi riesce a “ragionare con la fantasia”, mescolando logicità e spirito d'astrazione, Zack & Wiki sarà una rivelazione (che tuttavia non durerà più di qualche meriggio). Per gli altri il prodotto resta un acquisto consigliato, nella speranza che anche un titolo moderno possa insegnare agli uomini cosa vuol dire “giocare con la testa”.

    8

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