Recensione Assassin's Creed: Altair's Chronicles

L'Assassino torna ad uccidere su Nintendo DS

Recensione Assassin's Creed: Altair's Chronicles
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    Assassin's Creed è stato senza dubbio il titolo più controverso della trascorsa stagione videoludica, ha diviso l'utenza tra estasiati sostenitori e fermi detrattori, aprendo un'insanabile conflitto che non conosce mezze misure: o si odia, o si ama. Di sicuro Ubisoft non ha avuto di che lamentarsi, considerato che il clamore suscitato ha contribuito a sospingere le vendite del prodotto, che si è affermato ai vertici delle classifiche 2007.
    La softco francese ha deciso di portare le avventure di Altaïr anche su DS, con buona pace degli utenti Nintendo, ai quali è stata risparmiata la polemica di cui sopra: anziché limitarsi a un downgrade grafico, che avrebbe fatto perdere all'opera buona parte del suo pregio estetico, e implementare comandi basati sul Wiimote con l'incognita di un'adeguata trasposizione di un sistema legato a controlli tradizionali, Ubisoft ha ben pensato di sviluppare sul portatile a due schermi un capitolo completamente nuovo, che condivide col precedente solo l'ambientazione. Altaïr's Chronicles, infatti, è un prequel che narra le gesta dell'assassino anteriori a quelle narrate su console casalinghe.

    The story so far

    L'originalità della sceneggiatura è forse l'aspetto del primo episodio che non si presta ad essere facilmente screditato: la trama, sospesa tra passato e presente, e intrisa del fascino di un contesto storico oscuro (quello delle Crociate), proietta il giocatore in un'avventura epica, colta, ricca di colpi di scena, cucita addosso a un protagonista ambiguo in cerca di redenzione ma sempre a un passo dall'oblio.
    Questo spin-off vede Altaïr alla ricerca del Chalice, un oggetto sacro che col suo potere può decidere le sorti del conflitto che oppone i Crociati ai Saraceni. Guidato (o manovrato) dal priore della setta, Al Muallim, e aiutato dalla sensitiva Fajera, l'assassino bagnerà la Terra Santa col sangue di quanti ostacoleranno il suo cammino.
    Anche se solido e ben strutturato, il canovaccio è più semplice in quanto privo di quel sincretismo che collegava Altaïr al suo remoto erede nel presente; l'assassino è il solo protagonista e le sue gesta sono raccontate in presa diretta, senza intermezzi di sorta. Questo, unito a espedienti narrativi che spesso scadono nel riuso, rende la trama poco originale, meno affascinante e longeva della precedente.

    Platform troppo... piatto

    La principale differenza rispetto alla controparte per console casalinghe è che la struttura di gioco di Altaïr's Chronicles è quella tipica di un platform: accantonata l'impostazione free-roaming, nella versione portatile non ci sono vasti scenari da esplorare liberamente, ma livelli di gioco percorribili attraverso percorsi obbligati. Il level design non si discosta molto da quello dei primi Prince of Persia, non solo per le ambientazioni da Mille e una notte, ma perché l'azione si addensa in arrampicate, combattimenti e trappole da evitare. Simile all'altro capitolo è invece il modo in cui si svolge l'avventura: essa si dipana attraverso capitoli articolati in tre o quattro missioni, che consistono sempre nel trovare un obiettivo cui estorcere informazioni o da uccidere, ovvero un oggetto (tipicamente una chiave) che dà accesso alla quest seguente.
    Un'impostazione così tradizionale coglierà in contropiede chi ha apprezzato l'enorme libertà d'azione concessa sulle piattaforme casalinghe, ma non dispiacerà molto agli appassionati del platform game. E' evidente però che in questo modo l'esperienza non possa beneficiare del fascino di scenari amplissimi, ma sia costretta entro angusti livelli. La mancanza di schemi, infatti, quasi inquietava il giocatore, che si scopriva divertito anche quando non sapeva bene cosa come proseguire: cinico o perditempo che fosse, quando era braccato dalle guardie cittadine in lui scattava spesso una scintilla che lo obbligava a tentare la via di fuga più difficile, la più folle, per sfuggire alla lama dell'inseguitore.
    Tutto questo si è perso nella versione portatile, non tanto per una (comprensibile) scelta di genere, quanto piuttosto per il design che non consente fughe rocambolesche, nonostante il campionario di azioni sia tutt'altro che limitato. Gli scenari tridimensionali si sviluppano prevalentemente in larghezza, poco in profondità o in lunghezza, per cui il protagonista può ben muoversi avanti e indietro ma assai circoscritto è lo spazio “calpestabile”: Altaïr trascorre la maggior parte del tempo saltando da un tetto all'altro evitando di scendere in strada, se non quando debba raggiungere un obiettivo che vi si trovi ubicato. La componente stealth risulta mortificata dall'assenza di autentici espedienti per mimetizzarsi, come elementi nell'architettura dei livelli entro cui trovare un temporaneo rifugio, sicché il modo migliore per non farsi localizzare dalle guardie è starne lontani. Queste, inoltre, non si dimostrano molto astute neppure ai più elevati livelli di difficoltà (ve ne sono tre in tutto), ove risulteranno solo più resistenti agli attacchi ma non particolarmente vigili o abili con la spada. Anche la componente esplorativa si è azzerata, sia per la presenza di una freccia che indica costantemente la direzione da seguire, che per la claustrofbica dimensione delle arene.

    Il touch screen si usa appena

    La configurazione dei comandi prevede l'utilizzo dello schermo tattile solo in alcuni frangenti, dove le meccaniche di gioco sono più vicine a quelle di un puzzle game. Le azioni principali invece restano appannaggio di croce direzionale e pulsantiera: l'assassino corre in una delle otto direzioni scelta sul D-pad e rallenta, per non destare sospetto, tenendo premuto il dorsale destro (quindi ha solo due tipi di andature); compie salti con B. L'interazione con personaggi ed elementi è lasciata al tasto A, impiegato anche per compiere gli assassinii, in verità troppo facili da portare a termine: basta avvicinare l'obiettivo che dorme e premere A. Anche arrampicarsi risulta meno complesso, dato che basta correre incontro alle pareti senza bisogno di trovare ogni volta un punto d'appiglio.
    Col dorsale R si mantiene la guardia e coi tasti Y e X si eseguono due tipi di attacco, uno più rapido ma poco lesivo, l'altro lento e potente; premendoli in rapida sequenza si realizzano due tipi di combo. Infine, è possibile contrattaccare con la pressione simultanea dei pulsanti R e Y anticipando il colpo dell'avversario.
    Il sistema di combattimento è simile a quello per 360, che già risultava piuttosto ripetitivo; in questo caso però la monotonia la fa da padrone per via dell'eccessiva linearità dei duelli: su DS Altaïr non padroneggia la spada con la stessa disinvoltura e gli scontri si riducono a un semplice para e colpisci, risultando poco spettacolari e per nulla avvincenti; inoltre i nemici non ci attaccheranno in maniera corale, ma uno alla volta, per cui i combattimenti sono troppo facili da gestire.
    Come accennato, gli sviluppatori hanno voluto dare un senso a questa versione portatile delle avventure dell'assassino inserendo nell'economia del gioco dei minigame da affrontare col pennino. L'obiettivo di diversificare l'esperienza è stato centrato, anche perché le semplici meccaniche da puzzle game vengono gestite bene dal touch screen. Così ad esempio, quando si deve interrogare un obiettivo, sullo schermo inferiore compare il disegno di una schiena con un braccio tirato indietro (come se guardassimo da tergo l'informatore), sul quale appaiono dei punti numerati da toccare in ordine quando vi si restringe attorno un cerchio (esattamente come si fa in Ouendan o Elite Beat Agents per tenere il ritmo); dopodiché bisogna far strisciare il pennino lungo il tratto indicato per tirare su il braccio del malcapitato. Ancora, quando occorre rubare un oggetto, compare una schermata nera sulla quale passare lo stilo per scoprire la borsa sottostante, che contiene solitamente una chiave: questa va trascinata fuori dalla sacca facendo attenzione a non toccare gli altri oggetti presenti. Anche il microfono viene impiegato, ad esempio per spazzare la polvere che copre un forziere soffiandovi sopra.

    Altra differenza significativa rispetto alla controparte per home console è il sistema di crescita del personaggio: lungo il percorso Altaïr troverà le Blue Orbs, sfere azzurre che raccoglie passandovi sopra o uccidendo nemici; 100 di queste possono essere spese per aumentare l'energia vitale o sbloccare nuove spade. Le altre abilità, invece, come la capacità di arrampicarsi o di usare un rampino si ottengono automaticamente progredendo nell'avventura. Oltre alle Blue, vi sono le Red Orbs che ripristinano la salute e si possono trovare nascoste in vasi o eliminando i rivali.

    Tecnicamente parlando...

    L'aspetto grafico convince, anche se il frame rate non è elevatissimo e, anzi, mostra bruschi cali nelle sequenze introduttive dei livelli. Si nota con piacere, però, un buon lavoro nella realizzazione delle texture, soprattutto di quelle impiegate sugli edifici e, in generale, su tutti gli elementi a schermo. Altaïr, inoltre, è ben modellato e animato, anche se i suoi movimenti non risultano sempre naturali per via di un certo stacco tra azioni consecutive. E' apprezzabile anche il fatto che, quasi ad evocare la magistrale illuminazione ammirata sulle console next-gen, gli sviluppatori hanno inserito di tanto in tanto alcuni espedienti per riprodurre i raggi di sole penetrano un ambiente chiuso, come sample di texture bianche che si muovono lentamente o particelle che simulano la polvere sospesa nell'aria. Positivo è il riscontro che si ha guardando i due schermi, utilizzati in modo coerente: su quello superiore si svolge l'azione, sull'altro compaiono la mappa e le icone per accedere ai vari menu. Un'impostazione che non genera confusione nel giocatore, spesso disorientato di fronte a recenti produzioni che preferiscono forzatamente sviluppare i livelli “su due piani”.
    Nel complesso il sonoro è buono, anche se la colonna sonora, composta dai brani già ascoltata sulle piattaforme rivali, non incalza il giocatore perché la dinamicità dell'accompagnamento è scarsa. Discreti gli effetti, come schiamazzi della folla, latrati di cani o cinguettio degli uccelli, ma non sentirete alcun personaggio proferire parola: i dialoghi infatti compaiono solo a schermo.

    Assassin's Creed: Altair's Chronicles Assassin's Creed: Altair's ChroniclesVersione Analizzata Nintendo DSAltaïr's Chronicles è un buon platform, non ai livelli di altre produzioni apprezzate su DS, ma tutto sommato nella media di altri consimili. E' inevitabile, comunque, che questo "salto" dell'Assassino su DS non sia stato acrobatico, piuttosto rocambolesco: il titolo non può avere lo stesso stile della controparte, il gameplay non si avvale di combattimenti divertenti, né di un impiego significativo del touch screen. Il solo aspetto che emerge dalla mediocrità generale è la grafica, anch'essa comunque non esente da difetti. Insomma, Gameloft poteva fare meglio per invogliare all'acquisto di un prodotto che beneficia solo dell'enorme richiamo del franchise. L'Assassino meritava l'opportunità di sconvolgere anche gli utenti DS.

    6

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