Rubrica Junk Food: Road to E3 2014

Guida semiseria alla devastazione nutritiva.

Rubrica Junk Food: Road to E3 2014
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E nel frattempo che cosa mangiamo," chiese, e afferrò il colonnello per il collo della maglia.
Lo scosse energicamente.
"Dimmi, cosa mangiamo."
Il colonnello ebbe bisogno di settantacinque anni — i settantacinque anni della sua vita, minuto per minuto — per giungere a quel momento. Si sentì puro, esplicito, invincibile, nell'istante in cui rispose: “Merda”.

Gabriel Garcia Marquez - Nessuno scrive al colonnello, 1961



Se dovessi scegliere la traduzione più appropriata per “Junk Food”, eviterei accuratamente il consueto “cibo spazzatura”, e andrei diritto al sodo: “cibo di merda”.
Io non penso che in italiano ci sia un'espressione che in maniera altrettanto decisa ed esplicita mette in evidenza la commiserazione per la propria cultura culinaria. Perché il “Junk Food”, in America, non è occasionale: è radicato, diffuso; persino quotidiano.
In America - e gli americani lo sanno - c'è la possibilità di mangiar male ad un livello che va oltre l'immaginabile: arriva a toccare la sussistenza, la disperazione, il disprezzo per la salute.
Questo è il Junk Food.
E ovviamente è buonissimo.
Sia chiaro: non è che quando andiamo in trasferta stiamo per dieci giorni ad ingurgitare hamburger e “chili fries”, noncuranti delle possibili conseguenze di una settimana in stile Super Size Me. Ci sono, anche sulla costa ovest degli Stati Uniti, ristoranti ricercatissimi, pizzerie che staccano di diverse lunghezze quelle italiane, ed un'ampia selezione di prelibatezze etniche che qui in Italia ce le sogniamo. Mediamente, il cibo costa meno (molto meno) che da noi, ed anche a cercare una buona qualità la spesa è moderata (anche per via del cambio a favore).
Ad ogni E3, ad esempio, c'è la visita obbligatoria al Saddle Ranch: è un posto in fondo a Sunset Boulveard dove fanno la carne argentina più buona che abbia mai mangiato. Scorrendo sul menù si trovano tutti questi tagli strani che non si usano in Italia: è come se gli americani facessero dei “carotaggi” meticolosi per andare a recuperare gli strati più teneri della ciccia, lasciando poi uno scheletro di costolette che viene prontamente imbevuto in una dolcissima salsa barbecue e cotto finché la carne non si sfilaccia, staccandosi dall'osso con un singolo morso.
Al Saddle Ranch si mangia sostanzialmente ogni parte del bovino adulto (ma mai vengono raggiunti i livelli di ossessione della catena inglese Bodean's: provate le Ladder Ribs). C'è anche un toro meccanico su cui la gente fa il rodeo. Quando salgono le ragazze, chi comanda la bestia elettrica la scuote così forte che le tette ballonzolano e le minigonne di ordinanza si alzano fino all'inguine. Io però ci vado per la carne.

Ho detto che ci vado per la carne. Giuro!
Tornando al livello più basso e deleterio dell'approvvigionamento calorico, anche nell'ambito del Junk Food c'è una sorta di “piramide alimentare”, alla base della quale ci stanno proprio le più orrende deviazioni culinarie. Tipo il Taco Bell.
Il Taco Bell è quel posto in cui paghi un dollaro per una Quesadilla con pollo (un sorta di megapiadina con dentro formaggio e materiale proteico biancastro che qualcuno si ostina a chiamare carne), e cinquanta centesimi per un taco. Con quattro dollari “ceni”, e neppure ce la fai a finire tutto. Io adoro il cibo messicano, e ogni tanto cedo alla tentazione. In fondo, penso che sia meglio di andare a cena in quel luogo mistico che si chiama “El Pollo Loco”: una sorta di versione centroamericana di Kentuchy Fried Chicken, in cui tutti parlano spagnolo, e tu devi indicargli le robe con il dito, e sperare -madre de dios!- che abbiano capito bene. Per farvi intuire quanto mi piace il cibo messicano: ogni tanto vado anche lì.
Da poco ho scoperto però Chipotle, una catena che trovate anche in Inghilterra, che fa dei burrito straripanti. Mai grandi quanto il Big Sal, l'immangiabile chimera culinaria che vale quasi un pellegrinaggio all'anno negli inospitali (?) territori a nord di Malibù.
Al piano più basso della piramide-spazzatura, comunque, c'è anche un'assortita varietà di americanissimi fast food, fra cui il classico MacDonald's, Carl's Jr., Wendy's.
Quelli, devo dire, li ho sempre evitati. Invece dal 2005 sono assiduo frequentatore dei Denny's Diner: il prototipo delle tavole calde in cui, nei polizieschi, succedono robe spiacevoli.

Questo è il Big Sal Burrito, preparato nel famoso ristorante El Zarape. La foto è di Andrea Porta, questo l'ha mangiato nel 2011, e forse mai più digerito
L'abbiamo scoperto al tempo della prima trasferta losangelina, e mi ricordo che all'epoca -novelli esploratori della cultura americana- rimanemmo folgorati. Dal Denny's ci sono hamburger titanici, alette di pollo, una montagna di Zesty Nachos (con guacamole e panna acida).
E c'è questa cosa del Free Refill. Che se compri una Coca-Cola (2,75$), non stai comprando “un bicchiere di Coca-Cola”: stai comprando tutta la Coca-Cola che riesci a bere finchè non alzi il culo dalla sedia. Con l'avanzare della crisi i camerieri sono diventati un po' più morigerati, ma fino a cinque anni fa ti riempivano quel bicchiere anche se non avevi finito, lo facevano traboccare di quella versione tremendamente annacquata del bibitone gorgogliante, e tu non potevi far altre che bere, gonfiarti, sentire la caffeina in circolo, che si mescolava assieme a quella del caffè-sciacquone che avevi preso prima la mattina, e poi in sala conferenze, e poi allo stand di EA, e poi a quello di Activision.
Al Denny's si mangia bene anche a colazione. Cioè: “bene”. Salsicce e bacon, pancake ai mirtilli con ettolitri di sciroppo d'acero, uova strapazzate. Roba così.
Una volta ci sono pure capitato durante i “baconalia”, i giorni sacri dedicati alla pancetta, e me l'hanno messa pure dentro il gelato alla vaniglia. Era caramellata nella melassa. Ci stava bene. Quest'anno, quando sono andato a vivere in Canada per due mesi, memore di quella bellissima esperienza ho comprato pure la cioccolata coi pezzettini di bacon. Vedete? Non riesco a smettere di farmi male.

Rara documentazione fotostatica del mio gelato al bacon. Qualcuno ha anche lo scatto in cui lo lecco.
Ora, l'argomento Junk Food è ben lungi dall'esser stato trattato in maniera esaustiva. Perchè bisogna che vi racconti del Jonny Rockets, della mia grandissima passione per il Philly Steak, ma soprattutto di tutte quelle schifezze confezionate che si trovano nei negozietti 27/7: le versioni alternative degli M&M's e la Dr. Pepper.
C'è un sacco di roba che fa male, là fuori, e voi non vorrete mica perdervela, vero?
Però adesso è tardi, tardissimo, e io domattina (per voi: sei ore fa) parto per andare a giocare un gioco che tutti vorreste giocare. Quindi facciamo che questo excursus sulle nefandezze iperproteiche lo spezziamo in due parti, e prima del volo per Los Angeles (si parte il 5: il primo Weekend è di cazzeggio duro), vi racconto la seconda.
Intanto, sappiate che Andrea, in previsione dello smisurato quantitativo di calorie che è già certo di assumere nei giorni dell'E3, va a correre al tramonto. Ingenuo.