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Keiji Inafune rivela le strategie di sviluppo di Capcom
Keiji Inafune, ex dirigente dello sviluppo di Capcom, in un recente seminario svolto presso l'università Ritsumeikan di Kyoto, ha parlato di come la software house giapponese gestisca il suo budget finanziario. In particolare Inafune ha ricordato il momento in cui ha dovuto infrangere alcune regole per salvare l'azienda. Prima dello sviluppo di Lost Planet e di Dead Rising, la gestione dei fondi era molto attenta ad evitare qualsiasi rischio: il 70-80% del budget era dedicato ai sequel, ed il 20% alla creazione di nuove IP. Ma in pratica, rivela Inafune, ogni suggerimento per lo sviluppo di un nuovo titolo non riceveva mai l'approvazione da parte dei dirigenti della compagnia. Preparato a ricevere un secco no, Inafune avviò la realizzazione del primo Lost Planet e di Dead Rising. Come previsto, entrambe le idee furono respinte, ma Inafune decise di ignorare le scelte dell'azienda e di continuare lo sviluppo dei due videogame.
Alla Capcom, le varie aree di sviluppo possono gestire un proprio budget, che include anche la realizzazione di prototipi. Inafune ha spiegato che il prototipo di Lost Planet superò i fondi stanziati inizialmente del 400%. Con un gioco realizzato praticamente a metà, Inafune era convinto che Capcom sarebbe stata costretta a continuare lo sviluppo del titolo fino al suo completamento.
Alla fine, sia Lost Planet che Dead Rising, hanno venduto milioni di copie in in tutto il mondo, ed hanno contribuito ad aumentare i guadagni e le azioni di Capcom.
Una strategia rischiosa, che ha messo seriamente a rischio la poltrona di Inafune in caso di insuccesso di uno dei due giochi.
Per il game designer - ora proprietario di una software house indipendente - bisogna unire questa strategia ad una visione più aperta al mercato estero. Lost Planet, Dead Rising e Street Fighter IV hanno venduto 2 milioni di copie in occidente e 200.000 copie in Giappone. Anche se questi numeri possono dare la sensazione che i titoli non abbiano venduto bene in Giappone, in realtà sono numeri più che soddisfacenti rapportati alla quota che il Giappone ha nel mercato globale. Inafune ritiene che l'industria videoludica giapponese non deve mai dimenticare questo aspetto, e che ormai non si può più pensare di realizzare giochi di successo con in mente solo il mercato nipponico. Oltre che agli USA e all'Europa, Inafune vede nella Cina un terreno molto fertile per portare avanti una nuova strategia di sviluppo.
FONTE: Andriasang
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