Veltroni propone il bando per Rule of Rose
INFORMAZIONI GIOCO
Dopo le polemiche dei giorni scorsi, a causa di alcuni servizi televisivi e giornalistici, contro la violenza nei videogames, ed in particolar modo contro Rule of Rose, il sindaco di Roma Walter Veltroni propone il bando del sudetto gioco. Come videogiocatori ci sentiamo più vicini al pensiero espresso dal direttore di gamecon nella lettera pubblicata da everyeye ieri. Per questo motivo vi riproponiamo di seguito il suo testo integrale.
Caro
Direttore,
le scrivo questa lettera in risposta
all'articolo di copertina (e alla copertina stessa) dell'ultimo
Panorama, "A scuola di ferocia con i videogame".
Come giornalista della stampa videoludica e direttore culturale di
GameCon, il Salone del Gioco e del
Videogioco, non posso che essere indignato da quanto scritto
sul vostro periodico.
Anzi, contento. Vede, Direttore, quello che
voi fate, dando alle stampe un reportage del genere, è
pubblicizzare oltremodo i videogiochi, un mezzo di comunicazione del
pensiero originale, moderno e assolutamente unico, che già da
anni è assurto a forma d'arte e che si sta avviando a
ripercorrere quello stesso cammino già seguito da tanti altri
media demonizzati, come il cinema, i fumetti, la musica rock. Portare
il Videogioco sotto i riflettori come solo la grande stampa
generalista può fare, amplificata da telegiornali nazionali e
grandi emittenti radiofoniche, serve alla causa dell'alfabetizzazione
videoludica, sebbene l'operazione nasca sotto i foschi stendardi
dell'oscurantismo e della più cieca negazione. Per questo me
ne rallegro.
Se tuttavia il desiderio è di andare oltre e
parlare di contenuti, vediamo di fare chiarezza. Rule of Rose è
un men che mediocre gioco horror giapponese, uscito quasi un anno
addietro nel più completo disinteresse del pubblico e della
critica. Perché? Per il suo scarso valore artistico e ludico.
Si tratta di un prodotto di bassa lega che ha puntato tutto sui suoi
contenuti forti, come infinite volte è avvenuto nella
letteratura e nel cinema, senza peraltro riuscire a bucare il muro di
indifferenza naturalmente eretto dalla comunità di
videogiocatori, molto meno ingenua e disattenta di quanto voi
possiate ritenere.
Rule of Rose è un horror e, come tale, è
vietato ai minori: il fatto che possa essere scaricato sotto forma di
copia pirata da Internet o che sia venduto da negozianti poco
scrupolosi e attenti nel loro lavoro, ha ben poca rilevanza, mi
scusi. E poi come stupirsi che si trattino temi quali la perversione
o il sadismo o che ci siano personaggi minorenni? È una storia
dell'orrore, questi sono tutti elementi piuttosto comuni al genere,
quale che sia il tipo di opera nel quale si manifesta. Lo stesso può
dirsi delle tensioni sessuali. Stanley Kubrick ha firmato
l'adattamento cinematografico di Lolita: deve di nuovo essere messo
al bando? Certo che no, tanto più che si tratta di un'opera
d'arte, un capolavoro. Rule of Rose un capolavoro non lo è
di certo, ma ha tutto il diritto di esistere: sarà punito dal
mercato e dalla critica, come infatti è avvenuto... a meno di
miracolosi recuperi in terra italica, dopo la vostra
straordinariamente immeritata pubblicità.
Siccome non
voglio tediarla oltre, Direttore, passo subito a dire che il fatto
davvero grave è il ricordarsi che esistono i videogiochi solo
quando si deve lanciare una crociata o una caccia alle streghe,
prendendo spunto da un pessimo prodotto di nicchia quasi potesse
rappresentare altro rispetto ai "videogiochi spazzatura", che di
certo esistono proprio come i romanzi, i film, i dipinti o qualunque
altro tipo di prodotto dell'ingegno umano. Per affrontare un
qualunque discorso è richiesta serietà e competenza, e
occorrerebbe documentarsi correttamente. Nell'articolo pubblicato
sul suo prestigioso settimanale c'è di tutto: semplici
errori di traduzione (Grand Theft Auto diventa Gran ladrone d'auto),
grossolani errori di interpretazione (non è vero che in certi
giochi i cattivi sarebbero i buoni, è solo che i cattivi sono
i protagonisti: ha mai visto Il Padrino?), generalizzazioni della
peggior specie (un Grand Theft Auto e uno Yakuza sono opere che
contenutisticamente parlando hanno ben poco in comune: le ricordo che
sono proprio le generalizzazioni a essere alla base di ogni
razzismo), semplici casi di disinformazione (Postal 2, altro titolo
di pessima qualità, è un prodotto volutamente
parossistico, che fa dell'ultraviolenza la sua cifra stilistica
comico demenziale). Fa effetto constatare come nel frattempo, in
Francia, Le Monde affronti lo stesso argomento con un servizio dal
taglio leggermente diverso: "Videogiochi. E se ai bambini facessero
bene?"
Chiudo con un ironico "complimenti" alla signora Anna
Serafini, Presidente della Bicamerale per l'Infanzia che, dopo aver
ammesso di non saper neanche accendere una Playstation, ritiene
comunque opportuno parlare di videogiochi, invece di documentarsi e
rivolgersi a qualcuno che può fornirle dei dati utili.
A
conclusione di questa lettera aperta, invito lei e il signor Guido
Castellano a un confronto sul tema della violenza dei videogiochi,
che potrebbe aver luogo nella sede di GameCon (Napoli, 8-10 dicembre)
o in qualsiasi altra sede da voi ritenuta più opportuna.
Cordiali
saluti,
Marco Accordi Rickards
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