Provato Albedo: Eyes from Outer Space

Un interessante escape game made in italy, e da un singolo sviluppatore

Provato Albedo: Eyes from Outer Space
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • C’è aria di cambiamento nell’industria videoludica italiana: rispetto a un precedente stato d’immobilità produttiva, pian piano nuovi team indipendenti nostrani sembrano farsi strada tra le insidie del mercato impugnando ambiziosi stendardi di innovazione e creatività. Basti pensare allo studio Storm in Teacup, che punta alla conquista dell’ammiraglia Microsoft con l’originale ed evocativo Nero, ed anche a due giovani sviluppatori che sotto l’etichetta di ElfGames hanno ottenuto il terzo posto nell’Indie Game Maker Contest 2014 con il loro piccolo ma adorabile Little Briar Rose, avventura grafica ispirata alla favola della Bella Addormentata e caratterizzata da un peculiare stile da vetrata. E mentre Studio Evil (già autore dell’interessante sparatutto Syder Arcade) decide di calcare le orme di un genere redivivo come il survival horror con il suo The Fading, ecco che una nuova bandiera tricolore viene piantata sul suolo di Valve. Stiamo parlando di Albedo: Eyes From Outer Space, un misto di avventura esplorativa e fasi puzzle in prima persona distribuito da Merge Games ma realizzato da una sola persona, Fabrizio Zagaglia. Fondendo insieme dinamiche di gameplay vecchia scuola con un sano amore per la fantascienza che infarcisce l’atmosfera di un divertito sapore citazionista, lo sviluppatore ha creato un titolo che, sebbene ancora in accesso anticipato su Steam, ci ha conquistati col suo genuino feeling da videogioco d’altri tempi.

    THE DAY THE LOGIC STOOD STILL

    È ora di chiusura per un misterioso centro di ricerca situato in una sperduta campagna, e il guardiano notturno John T. Longy, dopo una serata passata a bere birra e mangiare pizza, abbandona la sua postazione al termine del turno lavorativo. Ma un’improvvisa esplosione, acuita da una sonora sbronza, gli fa perdere i sensi. Si risveglierà in una cantina circondato da strambi bulbi oculari alieni, ignaro se siano frutto di tremendi esperimenti condotti dagli scienziati del gruppo OLYMPUS, o il prodotto di chissà quale razza extraterrestre. Longy dovrà, senza molti preamboli, nonostante i sensi ottenebrati dall'alcool, aguzzare le meningi per trovare al più presto una via d’uscita. Siccome il giocatore ne sa quanto il protagonista, non gli verrà fornito alcun aiuto “onnisciente” volto a semplificargli la vita e a spiegargli come sfruttare al meglio gli oggetti dell’ambiente circostante: Albedo è un escape game in prima persona nudo e crudo, che non si piega a nessuna logica di semplificazione. Nelle stanze che compongono l’architettura del centro di ricerca dovremo analizzare anche i più microscopici elementi dello scenario e capire da soli il metodo per combinarli tra di loro per proseguire. L’unico strumento in grado di aiutarci sarà un visore temporale di cui entreremo in possesso all'interno del primo stage, con il quale osservare i livelli in una prospettiva che evidenzia alcuni indizi utili alla risoluzione degli enigmi ambientali. Degno di nota è anche il peculiare sistema di scelta della difficoltà che regola la progressione: nel menù di gioco sono presenti due diversi settaggi, Adventure e Action, modificabili in livelli via via più elevati, da “facile” ad “alieno”. Per quanto riguarda il settaggio “Adventure”, se impostato alla difficoltà più bassa, il visore temporale evidenzierà l’elemento più importante dell’ambiente (ossia il primo tassello del puzzle), dopodiché, premendo il tasto TAB, tutti gli oggetti con cui interagire s’illumineranno. Nel settaggio “Action”, invece, i valori modificabili interessano semplicemente il danno che il protagonista provoca ai disgustosi bulbi alieni o subisce dai loro tentacoli. Non bisogna tuttavia pensare che al livello di sfida più basso Albedo si porti a termine senza sforzo: molta della difficoltà consiste nel capire in che modo combinare gli elementi dello scenario, piuttosto che con quali di essi interagire. I livelli presentano infatti un’estensione piuttosto contenuta, sicché, dopo una breve esplorazione, il giocatore si ritroverà nell'inventario una cospicua mole di cianfrusaglie. La gestione dell’inventario, posto presso il margine alto dello schermo, avviene tramite il tasto destro del mouse, mentre con la rotellina si passano in rassegna gli oggetti a disposizione, e tenendo premuto il tasto sinistro si trascina l’elemento selezionato al centro dello schermo per equipaggiarlo. Si aprirà poi un menù radiale che mostrerà le varie opzioni di utilizzo dell’oggetto in questione. Questo metodo non sempre combacia adeguatamente con l’analisi ambientale, che si rivela legata a un sistema “posizionale” della visuale, il quale permette di interagire solo con ciò che si analizza da vicino; ne consegue che in alcuni sporadici casi combinare l’oggetto che si osserva con quello in dotazione risulta leggermente macchinoso. E Albedo è già un titolo complesso di per sé, capace di stimolare la materia grigia del giocatore in modo mai banale né tantomeno frustrante.

    Le meccaniche palesemente “vecchia scuola”, mescolate ad un sapiente susseguirsi di puzzle ambientali, fanno di ogni stage del gioco un luogo vivo e dotato di grande personalità, dove nessun elemento è posto a caso e in cui nulla è realmente inutile. La progressione sembra già da ora sufficientemente stimolante e capace di fornire un senso di sfida ben equilibrato, con momenti davvero impegnativi sul finale. L’attenzione riposta nelle meccaniche di gameplay ha del maniacale in taluni frangenti: ad esempio, per rimuovere una grata dovremo equipaggiare un cacciavite e svitare i chiodi ad uno ad uno, mentre per aprire un lucchetto o aggiustare delle tubature verrà attivato un mini gioco che si rivelerà una vera e propria sfida di abilità. Il senso d’appagamento dato dalla risoluzione dei rompicapi ambientali è lievemente smorzato, tuttavia, da alcuni enigmi meno riusciti, il cui scioglimento pare più forzato e meno logico rispetto ad altri. Inoltre, alcuni sporadici ma fastidiosi glitch visivi (che dipendono più che altro dall'acerbità del codice ancora in accesso anticipato) uniti a qualche difetto d’interazione tra gli oggetti rendono il bandolo della matassa ancor più complesso da sbrogliare. Anche in questa prima fase dello sviluppo, tuttavia, possiamo renderci conto della bontà dell’avventura e dell’inventiva che vi è alla base: lo sviluppatore è stato in grado di amalgamare con consapevole senso del ritmo fasi puzzle, mini giochi, esplorazione e rare sequenze action. Le brevi fasi d’azione in cui liberarsi degli avversari sembrano al momento, purtroppo, le più deboli dell’offerta ludica, e necessitano di una revisione per quanto concerne sia il feedback dei colpi (avremo a disposizione all'inizio solo i nostri pugni, o alla bisogna anche utensili come cacciaviti o sparachiodi) sia le imprecise hitbox che spesso non permettono di centrare correttamente il bersaglio. Tuttavia, i momenti più action non rappresentano di certo la parte predominante della struttura di Albedo, trattandosi più che altro di un breve diversivo tra un enigma e l’altro per rendere un po’ più varia l’esperienza. Allo stato attuale, inoltre, le dinamiche shooter sono impossibili da valutare, in quanto soltanto nella parte conclusiva della porzione di gioco prevista per l’accesso anticipato entreremo in possesso di una doppietta carica di ben 200 colpi che però, proprio sul più bello, non potremo utilizzare a causa del fascinoso cliffhanger finale. Le canne della nostra arma sono ancora fumanti dal desiderio di far saltare in aria qualche occhio extraterrestre, utile propellente energetico per ricaricare le pile del nostro cervello in attesa di un nuovo, machiavellico enigma. Siamo comunque speranzosi che l’insieme dell’esperienza e della progressione sia equilibrato a dovere anche nella versione finale, e che mantenga gli elevati livelli qualitativi di questa prima parte dell’avventura, la cui longevità, con i primi 12 livelli, si assesta su un totale di 7/8 ore di gioco, per quanto il tempo impiegato nella risoluzione degli intricati puzzle dipenda, come ovvio, anche dalla capacità intuitiva del singolo giocatore.

    VISIONE ALIENA

    Albedo fa leva non tanto sulle potenzialità del motore Unity 3D, sul mero dettaglio grafico o sul conteggio poligonale, bensì su un’intelligente scelta estetica che, rifacendosi allo stile visivo della fantascienza low budget degli anni ’60, riempie il quadro con una filigrana che ricorda la polverosità delle pellicole dell’epoca e con una palette di colori viranti al verde viscido e rancido, condendo il tutto con una buona dose di lens flare che accecano lo sguardo e coprono adeguatamente qualche texture ancora un po’ grezza. L’impatto generale è genuino e dotato di un certo fascino, complice soprattutto un design degli ambienti dettagliato e sovrabbondante di elementi e di citazioni dai classici della fantascienza: un lavoro di tutto rispetto sotto il profilo artistico, sebbene qualche ambientazione si riveli meno ispirata di altre. Per quanto non manchino glitch grafici e compenetrazioni poligonali, nonché alcuni bug dell’inventario che costringono a ricaricare il salvataggio, c’è ancora tempo abbondante per limare le imperfezioni di un codice un po’ acerbo ma che già presenta un frame rate fluido e granitico, pur impostando al massimo il livello degli shader, del rendering e della qualità grafica. Chiudono il quadro campionature musicali di buon livello, con un missaggio audio contraddistinto dalla stessa ruvidezza e dalla medesima distorsione delle onde proprie degli effetti sonori posticci nei film sci fi di serie B.

    Albedo Eyes from Outer Space Albedo: Eyes From Outer Space è un titolo sorprendente, considerando anche che è stato sviluppato da una sola persona. Enigmatica, affascinante e complessa, la creatura ludica di Fabrizio Zagaglia non fa sconti al giocatore e lo avvolge con un’atmosfera citazionista e un gameplay ricco di enigmi tanto astrusi quanto appaganti. Resta da valutare la varietà dell’esperienza nel suo complesso, sperando che lo sviluppatore riesca a miscelare adeguatamente la predominante anima da escape game con le già accennate sezioni shooter, utili a fugare lo spettro della frustrazione e della ripetitività. Un gioco da tenere sicuramente sott’occhio, non importa quanto profondo sia lo “spazio” che ci separa dalla release finale.

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