Recensione Deep Black Reloaded

Un'FPS troppo datato

Recensione Deep Black Reloaded
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  • Pc
  • Biart è una piccola softco russa fondata da Konstantin Popov meno di un decennio fa. Sebbene non disponesse di grandi risorse dimostrò da subito di avere comunque tutti i requisiti necessari per imporsi sul panorama videoludico indie -sempre più innovativo- riuscendo a sviluppare in meno di tre anni un proprio game engine ottimizzato per il cross-platform, con supporto della tecnologia NVIDIA 3D Vision ed Ivy Bridge: il biEngine. Con Depth Hunter (che vi abbiamo presentato un paio di mesi fa) i risultati ottenuti sono stati più che soddisfacenti, al di là della singolarità del titolo l'impatto generale era di sicuro effetto. Deep Black Reloaded, ultima produzione di Biart, si presenta come un FPS atipico, forse non proprio riuscito...

    What? What is happening?

    Già da come viene presentato il background si intuisce che qualcosa non funziona per il verso giusto, tant'è vero che i due minuti di filmato introduttivo sono confusionari e non riescono a spiegare in modo sufficientemente comprensivo il contesto. Soltanto dopo diverse ore di gioco diventa chiaro, o quasi, cosa stia effettivamente accadendo: nel 2047 un gruppo ristretto di multinazionali militarizzate -chiamate Keiretsu- sta cercando di soppiantare i governi mondiali nella folle corsa per conquistare le ultime risorse del pianeta. Per avere più possibilità di successo alcuni di questi cartelli si sono uniti in due differenti fazioni: la Global Strategic Alliance (GSA) che comprende Nord America, Europa ed Asia settentrionale, e la Gondwana di cui fanno parte il Sud America, l'Australia, l'Africa e l'Asia meridionale. Nel ruolo di Syrus Pierce -mercenario al servizio della corporazione CHARON- ci viene ordinato di penetrare nella base militare della multinazionale Ishiguro Himmel System per liberare degli ostaggi e raccogliere informazioni. Il dipanarsi della storyline è caratterizzato più da una cattiva gestione del plot narrativo che da una studiata sceneggiatura. A rafforzare questa impressione è la bassa qualità dei dialoghi tra i protagonisti -spesso frammentari e con poco senso- e lo scarso pathos degli attori in fase di doppiaggio.

    Dotati di una battle suite del tutto simile a quella indossata da Isaac in Dead Space dovremo muoverci secondo i criteri di un FPS in terza persona con sistema dinamico di coperture, dividendo l'azione tra scenari di superficie e subacquei. In entrambe le situazioni il level design poco ispirato penalizza eccessivamente il gameplay proponendo una progressione piuttosto piatta, che il più delle volte ci consentirà soltanto di avanzare seguendo percorsi lineari troppo simili tra loro, come in un continuo déjà-vu, con nemici che arriveranno sempre frontalmente per poi disporsi seguendo uno schema ripetitivo che lascia poco spazio a soluzioni alternative. Alcune imprecisioni nei controlli concorrono -con gli ambienti piccoli e privi di qualsiasi elemento esplorativo- nell'appesantire le meccaniche di gioco relative al sistema di copertura, già frustrante di suo per l'impossibilità di spostarsi in modo continuo e dinamico da un riparo all'altro pure se vicini. Ogni volta ci esporremo inevitabilmente al fuoco nemico rischiando di incassare un colpo letale, dovendo quindi ricominciare dall'ultimo check-point. Sfortunatamente Deep Black Reloaded non si distingue nemmeno per quanto riguarda l'arsenale messo a nostra disposizione. Spina dorsale di ogni sparatutto in terza persona, in questo caso risulta alquanto povero di fantasia rispecchiando i più classici cliché nel genere: uno shotgun, un fucile d'assalto, uno ad impulsi, un lanciarazzi, granate EMP e poco altro. Entrati negli ambienti acquatici la situazione migliora leggermente dato che potremo utilizzare -in aggiunta a quanto descritto- un rampino a fibra ottica per hackerare alcuni passaggi altrimenti chiusi o per agganciare e trascinare i nemici in acqua prima di finirli nel corpo a corpo (processi peraltro automatici che necessitano solo del lock-on sul target). La battle suite in dotazione viene inspiegabilmente ignorata e tutte le possibili soluzioni di gameplay che avrebbe potuto offrire sembrano volutamente messe da parte. Infatti viene usata esclusivamente per fornire propulsione ai movimenti in acqua del nostro alter ego, così da evitare di volta in volta i vari ostacoli subacquei (mine anti-uomo, violente correnti marine, droidi sentinella e poco più).

    Dirty Water

    Il comparto tecnico di Deep Black non è privo di difetti. Talvolta è capitato di scontrarci con nemici in grado di colpire sparando attraverso le coperture, rendendo di fatto impossibile trovare riparo nelle immediate vicinanze e costringendoci a folli attacchi suicida pur di uscire da una situazione tutt'altro che piacevole. Purtroppo giocando a difficoltà elevata un simile scenario diventa fonte di insopportabile frustrazione. In questo caso i nemici -anche se dotati di una IA semplice- diventano pressoché imbattibili a causa dei pesanti danni che infliggono. La giocabilità viene compromessa da controlli poco precisi, resi per giunta macchinosi da animazioni povere ed inopportune. Così per lanciare una granata dietro copertura vedremo Syrus alzarsi in piedi ed esporsi al fuoco nemico. Invece in acqua la faccenda cambia considerevolmente in meglio: i movimenti, il galleggiamento dei corpi e l'inerzia sono ben riprodotti e per questo del tutto verosimili. Complessivamente la fisica dei liquidi è implementata a dovere: la rifrazione e la distorsione -caratteristiche proprie dell'elemento in questione- sono curate e nascondono abilmente una scala cromatica subacquea forse un po' troppo monotona. Le texture ed i modelli poligonali sono di buona fattura, tuttavia il biEngine impressiona per la gestione delle luci di superficie. Il continuo contrasto tra aree illuminate ed angoli in ombra concede scorci davvero notevoli, con un chiaro/scuro deciso ed efficace che trova nelle superfici metalliche dei droni la sua massima espressione. Con simili risultati lo scarso livello di dettaglio passa facilmente in secondo piano. Non ci sentiamo di criticare la scelta di rendere disponibile il multiplayer soltanto in LAN. Probabilmente questo è dovuto ad una scarsa reperibilità di fondi economici, insufficienti a garantire l'infrastruttura necessaria per offrire un servizio indubbiamente più complesso. Naturalmente questo influenza negativamente la longevità del titolo, già di per sè minata da un single-player di circa otto ore dall'esagerata ripetitività. Decisamente sottotono il comparto audio, con una campionatura appena sufficiente in netto contrasto con una colonna sonora niente male.

    Deep Black Reloaded Deep Black ReloadedVersione Analizzata PCIl sistema di gioco adottato in Deep Black Reloaded ricorda molto da vicino gli FPS di un ventennio fa, con livelli semplici, lineari, con molti pulsanti da attivare, una valanga di munizioni a disposizione e tanti nemici da uccidere senza pensarci troppo. Peccato che Biart abbia voluto implementare un sistema di coperture poco funzionale e mal gestito per dare al proprio prodotto un'impronta moderna che purtroppo non gli appartiene. Se così non fosse stato probabilmente Deep Black avrebbe riscosso un discreto successo tra i giocatori di vecchia data, sotto forma di revival di un modo di concepire gli FPS quasi del tutto scomparso. In ogni caso questo atipico sparatutto non va visto come un fallimento di Biart: invece è da interpretare come un ammirevole tentativo -nonostante i limitati mezzi- di proporre qualcosa di nuovo in un genere ormai inflazionato. Davvero esagerato il prezzo attuale, con 29,90€ si possono acquistare titoli di ben altro spessore.

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