Recensione Intrusion 2

Un buon run'n'gun indie per trascorrere l'estate

Recensione Intrusion 2
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  • Quando abbiamo letto di Intrusion 2, nuovo run ‘n’ gun indie sviluppato da Aleksey Abramenko, un cicalino in testa ha iniziato a suonare ininterrottamente, probabilmente allertato da qualche antica memoria. E la siamo andati a ricercare, la causa di quel richiamo: un giochino in flash, chiamato appunto Intrusion, nel quale si controllava un solitario eroe, bardato da una sciarpa rossa probabilmente rubata all’Hotsuma diShinobi, contro il solito esercito di cattivoni armato fino ai denti. Peculiarità di quel piccolo progetto sperimentale, un coraggioso, seppur ai primi stadi, utilizzo della fisica. Ne ricordavamo, persino, anche la direzione artistica, simile a quella che avevamo osservato anni prima nello storico Metal Slug, ma soprattutto nella trilogia di CT Special Forces, titoli di identico genere usciti su Game Boy Advance, e che allora avevano ottenuto discreto riscontro di pubblico e critica. Lecito quindi, da parte nostra, porci con una discreta dose d’ottimismo nei confronti di questo sequel, che promette di essere più grande, più fracassone, e decisamente più strutturato, in virtù di quattro anni di solitario sviluppo e di un maggior utilizzo delle risorse della macchina di destinazione, il PC.

    Missione eroica

    Eccoci quindi nuovamente al controllo di un eroe solitario, unbadass preso pari pari dagli action anni ottanta che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, furono l’elemento di maggior spinta del genere in quello e nel decennio successivo. Mimetica, maschera, e quella iconica sciarpa rossa: ecco il nostro dispensatore di morte, impegnato in una battaglia senza quartiere contro non si sa bene chi e non si sa bene per quale motivo. Ma ciò c’interessa relativamente, ed arriviamo anzi a fregarcene bellamente nel momento in cui il nemico si palesa, tramite i soliti soldatini buoni solo a farsi massacrare ma anche attraverso un nutrito spiegamento di macchinari robotici più o meno inquietanti; in quel momento tutto ciò che c’interessa soddisfare non è la scoperta delle ragioni della missione, ma il nostro più bieco e becero istinto blastatorio.
    Facciamo quindi il nostro arrivo in una landa congelata, immersa nella neve, ovviamente paracadutati, perché i veri eroi fanno sempre un ingresso teatrale, ed impieghiamo i primi secondi di gioco a far conoscenza con un sistema di controllo particolare. Il classico quartetto WASD si occupa dello spostamento del soldato, con la W che sottende il salto, mentre il controllo dello sparo è affidato totalmente al mouse, con il quale muovere il puntatore nella direzione che meglio preferiamo. Ne risulta una possibilità di sparo precisissima, a 360°, che quindi si slega dalle possibili rigidezze del fuoco in otto direzioni, come sarebbe confinato utilizzando il controller; a dire il vero, la possibilità di prendere in mano un pad per affrontare il gioco c’è, ma il sistema di controllo tramite tastiera e mouse rimane preferibile.

    Facciamo poi conoscenza della stessa fisica che avevamo apprezzato nel primo episodio, e che stavolta appare notevolmente potenziata. Ci riferiamo, in primis, all’inerzia del protagonista, di fronte alla quale magari il giocatore abituato ad avere a che fare con Contra, Gunstar Heroes o Metal Slug di sorta avrà alcuni problemi. C’è molta più pesantezza nei movimenti del nostro protagonista rispetto a quella di sprite molto più agili, ma facilmente ci s’abituerà, nonostante permanga, per tutta la durata del gioco, la lieve sensazione di controllare più una marionetta che un personaggio dotato di vita; un difetto comunque del tutto trascurabile. La fisica interviene comunque fin da subito anche nella struttura di gioco, quando ad esempio per andare avanti dobbiamo far rotolare un macigno sotto al pendio che intendiamo risalire. Niente di trascendentale, ma qualcosa che raramente avevamo visto in contesti impegnati a subissare il giocatore di pallottole piuttosto che a offrirgli piccole variazioni su tema. Intendiamoci: la natura del gioco rimane quella di un run ‘n’ gun, pertanto massacro e devastazione sono all’ordine del giorno, ma l’utilizzo della fisica ricorre continuamente, sia per piccole evenienze come quella appena descritta, sia per altre appena elaborate, tipo far crollare una pioggia di rocce sui nemici sottosanti, saltare su di una cassa appena buttata in acqua per attraversare una pozza o (una delle nostre preferite) far crollare una torretta d’avvistamento sulla quale sono abbarbicati più nemici selezionandone i sostegni da distruggere, e facendola venir giù nella direzione da noi voluta.

    Cavalieri blastatori

    Alla base del run ‘n’ gun ci sono però il salto e lo sparo: queste aggiunte sono apprezzabilissime ma sarebbero del tutto inutili qualora il nostro desiderio di distruzione non fosse pienamente appagato. Per fortuna, Intrusion 2 ce la mette tutta nel farci divertire in tal senso: l’azione non manca e si attesta su ritmi sempre sostenuti, con alcuni notevolissimi picchi, in varietà e difficoltà. In varietà, quando la mente fervida dello sviluppatore s’inventa situazioni particolarissime, costantemente superate da altre ancora più clamorose. Ad esempio nel momento in cui saliamo in groppa ad un colossale lupo, con cui muoverci velocissimi e divorare i nemici, veniamo assaliti da una sensazione di estasi blastatoria, che si accentua in seguito mentre entriamo in un mech. Ancora, lo stesso brivido si prova quando, alla distruzione del mech stesso, ci impadroniamo della sua arma enorme, portandola a spalla come John Matrix portava a spalla i tronchi d’abete in Commando.
    La fantasia delle sequenze pare inesauribile: dopo aver distrutto un boss gigantesco, ad esempio, utilizziamo i suoi rottami per scendere da un pendio, mentre samurai ninja ci attaccano da ogni dove e ci sparano addosso missili dal retro degli alberi. E non mancano uscite davvero fuori di testa: un altro boss spara sul soffitto una sfera che temiamo possa essere letale, e si rivela essere una strobo (sì, una lucente palla da discoteca), e la utilizza per rifletterci addosso i suoi spari. Potremmo continuare ancora, ma vi rovineremmo la sorpresa: quello che c’interessa, è aver reso la pazza inventiva del buon Aleksey Abramenko, che contribuisce in maniera netta alla varietà di gioco.
    Ai picchi nella difficoltà di cui abbiamo accennato, prevedibilmente, associamo gli scontri con i boss, che comunque, va detto, non risultano mai eccessivamente frustranti; sia per la loro onestà, non limitandosi a vomitare addosso all'eroe miliardi di colpi impossibili da schivare, sia per un sistema di checkpoint che, in caso di sconfitta, ci fa ricominciare dall'ultima delle varie fasi. In maniera che ci sentiamo di apprezzare, più che sui pattern d’attacco, sono i riflessi pronti a servire per averne la meglio: non capita, infatti, come in altri titoli del genere, che una volta visti gli attacchi essi diventino facilmente prevedibili. I boss sono invece rapidi, hanno molte potenzialità, quindi anche se si sa cosa stanno per mandarci contro non è detto che si riesca ad evitarne i colpi.

    Un'altra bella trovata riguarda nuovamente l’utilizzo della fisica di gioco, stavolta a nostro sfavore: una volta trovata una posizione di vantaggio potremmo vederla distrutta dal crollo di un masso che si andrà proprio ad incastrare lì nella nicchia protetta; oppure schivare i proiettili sarà più difficile se dovremo farlo mentre ci districhiamo tra casse e rottami.
    Ovviamente affine alle capacità devastatorie c’è l’arsenale a disposizione del nostro eroe, purtroppo del tutto nella media per quantità e nemmeno poi troppo vario. Abbiamo una doppia pistola, un fucile mitragliatore leggero, uno più potente, un’arma a raggi capace di attraversare qualunque protezione ed un lanciagranate. Una selezione soddisfacente, ma non del tutto, visto che in realtà sarà sempre sulla mitragliatrice leggera che faremo il maggior affidamento, tranne che contro i boss, che richiederanno tutta la nostra potenza di fuoco.
    Chiudiamo l’analisi della struttura di gioco con la descrizione dei livelli. La progressione è lineare, pertanto levatevi dalla mente intrichi complicati e quant’altro. Gli stage sono disposti come se facessero parte di un unico livello più grande, e sono disseminati di checkpoint sapientemente collocati. Mentre si gioca è possibile riniziare dall’ultimo attraversato, mentre se si chiude il gioco e lo si riprende più in là si parte dall’inizio del livello superato. Il gioco si completa in quattro ore circa, una longevità soddisfacente per il genere ed in relazione al prezzo con il quale è proposto, di 10$.

    Tecnica in flash

    Lo sviluppo in flash è evidente dal punto di vista grafico. Non c’è niente di particolarmente elaborato, eppure Intrusion 2 si presenta bene. Le animazioni sono forse l’aspetto più debole, anche per l'imperfetto ragdoll dei personaggi; i fondali sono buoni, alcuni disegnati, altri presi da foto reali, ma la direzione artistica mette ogni cosa al suo posto, ed anche una commistione strana, come quella tra nemici robotici, lande innevate e un pizzico di sci-fi, riesce a funzionare. Qualche effetto particolare, come quelli delle esplosioni, aggiunge un po’ di qualità alla rappresentazione complessiva, ma non è di certo l’aspetto visivo il punto forte della produzione.
    Non soddisfa ugualmente la colonna sonora, che pecca un po’ di monotonia. Raggiunge la sufficienza, ma i brani che la compongono poco fanno oltre ad accompagnare banalmente l’azione di gioco; almeno, non si sente mai il bisogno di levarli del tutto.

    Intrusion 2 Intrusion 2Versione Analizzata PCIntrusion 2 piace, per il suo essere caciarone ed ignorante. E’ frutto del lavoro di un solo sviluppatore, ed in alcuni suoi aspetti ciò è evidente, ma è comunque un titolo che va considerato, e non solo dagli amanti dei run ‘n’ gun. La sua semplicità nell’approccio e l’introduzione della fisica all’interno di uno schema di gioco che raramente l’aveva compresa ne fa una piccola perla che, a nostro parere, vale la pena provare. Come titolo blastatorio in sé, è poi ottimo, coniugando l’esperienza classica del genere ad una varietà che raramente si vede, con la messa in campo di trovate a volte geniali, a volte bizzarre, ma che comunque rendono molto più intrigante l’esperienza di gioco.

    7.5

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