Recensione Oniken

Un action/platform emerge da un passato mai dimenticato

Recensione Oniken
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  • Ci sono varie scuole di pensiero, sul ruolo che hanno avuto i titoli Indie nel mercato e sul loro apporto creativo all'industria. Al di là delle, a causa dei budget ridotti, ha spostato il focus sull’esperienza di gioco, quanto più creativa possibile. Fino ad arrivare ai casi limite, quei giochi d’atmosfera, quasi emozionali, la quale attuale diffusione potrebbe persino giustificare la loro collocazione in un genere preciso e ben identificabile. Una pletora di approcci al medium quindi, a metà tra la riscoperta e la novità totale, che costituisce una delle prospettive più interessanti attraverso le quali guardare il mondo dei videogiochi.
    Il titolo del quale ci accingiamo a parlare è un’operazione di recupero, quasi d’archeologia, che, sulla scia di quanto fece coraggiosamente Capcom con Mega Man 9, ripropone oggi un titolo dal riconoscibilissimo aspetto in 8-bit. Non c’è dietro però una grande azienda Giapponese, ma un ragazzo brasiliano, Danilo Dias: se c’è qualcosa che abbiamo imparato dalla produzione indie è che la qualità di un gioco non corrisponde sempre alle dimensioni del team di sviluppo; vediamo se Oniken sta qui a confermarcelo.

    Hokuto No Strider

    Il mondo è martoriato dalla guerra, dopo che una misteriosa organizzazione, chiamata Oniken, ha ammassato legioni di robot ed ha soggiogato la maggior parte della popolazione mondiale. In pochi resistono, sparuti gruppi che poco o nulla possono contro le armate robotiche. Ma c’è un uomo che può ribaltare le sorti di questo impari conflitto, un eroe armato di spada e di coraggio: Zaku. La storia dell’eroe solitario in un mondo post-apocalittico l’abbiamo già sentita innumerevoli volte, ma per stile ed aspetto Zaku ricorda molto, moltissimo, l’uomo dalle sette stelle, Kenshiro. Una somiglianza stilistica che ricorre anche a tratti nella direzione artistica del gioco, quando s’incontrano nemici che tanto assomigliano agli sbandati guerrieri della strada della magnifica opera di Buronson e Tetsuo Hara. Il citazionismo è frequente in Oniken, questo è solo uno dei tanti richiami ad altre produzioni, anche di medium diversi, che il titolo propone. E come nell’ispirazione artistica siamo vicini a Hokuto no Ken, in quella ludica ricorrono rimandi ora a Ninja Gaiden, ora a Stryder, ora a Contra, senza però che questo svilisca in alcun modo la splendida identità che Oniken mostra ruggente fin dalle prime schermate di gioco.
    Il titolo in questione è un action/platform a scorrimento di quelli di una volta, presenti in larghissimo numero su ogni tipo di macchina da gioco ed ora tristemente relegati chissà dove. La progressione si articola in livelli, sei per la precisione, divisi in tre diverse zone, e Zaku dovrà attraversarli munito solo della propria arma, una spada, e di una numericamente limitata quanità di granate. Due tipi di attacco quindi, che coniugati all’ovvio salto costituiscono tutto il repertorio di mosse a disposizione dell’eroe ribelle. Colpire, schivare, saltare, sono le azioni che costituiscono il centro dell’esperienza di gioco, assecondate ad un level design basilare ma efficacissimo. I livelli infatti non sono particolarmente complessi nella costruzione, ma forniscono innumerevoli variazioni che rendono la progressione piacevole e mai monotona: così ci si trova ad aggrapparsi a barre d’acciaio sospese nel vuoto, a saltare sulla classica serie di piattaforme semoventi, facendo bene attenzione a schivare i nemici che all’improvviso compaiono tra di esse, a superare di slancio una piattaforma che sta per esplodere. Niente che non sia stato già visto, ma poco importa, perché l’intensità dell’azione (e la sua difficoltà) è tale da catturare appieno il giocatore, che ha ben altro di cui preoccuparsi rispetto alla riproposizione di elementi di level design già visti. Inoltre, il rischio di monotonia è totalmente scongiurato dalla maniera in cui sono concepiti i livelli: la divisione in tre fasi spesso affida ad una di queste una sequenza di gioco abbastanza diversa per concezione, e ci si ritrova così magari a scappare da una base che sta crollando, schivando i detriti che arrivano dall’alto, a sfrecciare sul pelo dell’acqua a bordo di un natante armato, ad evitare di diventare il pasto di un enorme orso polare robotico (!).
    Nulla sarebbe tutto ciò senza la consueta dose di nemici da tagliuzzare in più parti, magari grazie alle possibilità offerte dai power up ottenibili nelle classiche casse presenti all’interno dei livelli. La schiera robotica è estremamente soddisfacente per varietà: ci sono ovviamente i robot più basilari, mera carne da macello da tranciare senza pietà, ed altrettanto prevedibilmente ci sono avversari ben più pericolosi, come strane creature simili a insettoidi che ci corrono addosso o letali cecchini dal tiro preciso; senza parlare poi delle colossali armature da tirar giù con un generoso numero di fendenti (o con una granata infilata in maniera precisa).
    Tale abbondanza può apparire soverchiante nei confronti di un solo, seppur arrabbiatissimo, eroe, ma qualche espediente per sopravvivere più a lungo e portare quanta più devastazione possibile è presente. La spada può essere potenziata per un massimo di tre volte, ed ogni volta il suo raggio si fa più ampio e i suoi colpi più dannosi: il bonus non è però perenne, e basta un colpo ricevuto per abbassarne il livello. A patto di sacrificare totalmente il bonus a disposizione poi, c’è la possibilità di entrare in modalità berserk, rimanendo invincibili per pochissimi secondi ed aumentando in maniera clamorosa il proprio potere d’attacco: ovviamente maggiore sarà il livello del potenziamento, maggiore l’effetto, per durata, di questa furiosa fase utilissima a sconfiggere gli avversari più tosti: prevedibilmente, i boss.
    Ecco, i boss, quelle colossali macchine di morte che abbiamo imparato a conoscere ed amare fin dagli albori del videogioco. Come prevedibile, quelli di Oniken son tosti, dannatamente tosti, anche quelli di metà livello. In omaggio ad una tradizione che, al primo approccio al guardiano del livello, imponeva la morte senza capacità d’appello, gli scontri con loro sono del tutto impostati sulla memorizzazione dei pattern d’attacco e sulla scoperta del giusto approccio con il quale affrontarli. Ma non pensate minimamente che basti quello: occhio allenato e polpastrelli rapidi sono sempre assolutamente necessari. Ottima poi la loro concezione: tra bruchi metallici, cannoni dei quali distruggere i nuclei, enormi scheletri, ce n’è davvero di ogni genere, per rimpinzare, oltre che la dose di frustrazione del giocatore, l’immaginario particolarissimo del gioco.
    Nell’ottimo quadro complessivo, Oniken ha l’unico punto debole in una risposta ai controlli non perfettissima, soprattutto quando si attacca in salto. In questo particolare movimento infatti la precisione richiesta è millimetrica, e poco è il margine di manovra una volta che si è spiccato il salto. Un difetto da poco, che si nota solo in pochissime fasi, da rilevare, ma che non inficia minimamente la bontà di quanto fin qui descritto.

    Visioni 8 bit

    Vista la particolarità della presentazione di Oniken, completamente realizzato in grafica 8-bit, è giusto dare rilievo all’analisi della componente tecnico/stilistica che, per usare un solo termine, è eccellente. Gli sprite sono di dimensioni generose ed animati benissimo, l’utilizzo dei colori sapiente, i fondali ricchi di dettagli. Quell’enorme sole al tramonto del secondo livello, o le distese innevate del terzo, riconducono ad un’era nella quale bisognava fare di necessità virtù, visti i pochi elementi a disposizione, ed allora ogni singolo pixel deve trasudare caratterizzazione, in omaggio ad una direzione artistica davvero ottima. Nonostante gli evidenti richiami ai classici del passato infatti, Oniken fa sfoggio di gran personalità, e su tutti svetta Zaku, eroe di pochi giorni ma che già sembra appartenere alla tradizione del genere.
    Similissimo il discorso per quanto riguarda la colonna sonora. Chiptune alla massima potenza, un’ispirazione metal ed ecco venir fuori brani epici, altri malinconici, altri ancora lugubri, in un elogio sonoro dei bei tempi andati: non è un caso se il brano del primo livello si chiama “Cybernetic Violence”, il nome ricorda tantissimo la storica “Bionic Action” del primo livello di Super Turrican. Ancora citazionismo, unito ad un carattere del tutto unico, e non si può non apprezzarlo.

    Oniken OnikenVersione Analizzata PCOniken è un gran titolo. Non lasciatevi bloccare dall’aspetto particolare, da quella grafica 8 bit che anzi ne costituisce un valore aggiunto, è un prodotto di indiscusso valore. Un ottimo action/platform allo stesso livello delle produzioni dell’epoca delle grandi case, sviluppato con tantissima passione. Il gameplay è quasi perfetto, gli scontri con i boss ottimi, e nonostante l’alto tasso di sfida raramente mollerete tutto, perché il gioco è in questo onestissimo, non s’inventa chissà cosa per soverchiarvi. La direzione artistica vi rapirà, la colonna sonora vi stupirà, in maniera che non potete sospettare; dategli un’opportunità, e non ve ne pentirete.

    8.5

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