Pillars of Eternity: l'erede di Baldur's Gate e Planescape Torment

Arriva l'erede di Baldur's Gate e Planescape Torment

Pillars of Eternity: l'erede di Baldur's Gate e Planescape Torment
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Pillars of Eternity è uno di quei giochi estremamente difficili da raccontare. Di fronte alle pagine ancora bianche che sono chiamato a riempire sento un profondo senso di smarrimento, nonostante abbia assistito ad una lunga presentazione del team di sviluppo, convocato dal publisher Paradox in occasione dell'annuale convention della software house svedese.
    Il “problema” principale riguarda le proporzioni davvero fuori misura del progetto. Non c'è Wasteland 2 o Divinity che tenga: Pillars of Eternity è un prodotto monumentale, sfaccettato, estremamente complesso. Per capire esattamente a cosa ci riferiamo, vi basti sapere che il direttore del titolo, Josh Sawyer, afferma con relativa tranquillità che circa due terzi dei contenuti del gioco saranno di fatto opzionali, e che molti utenti sono destinati a non vederli mai. Ma anche scegliendo di seguire esclusivamente la quest principale, il numero di ore di gioco, mappe ed eventi si preannuncia francamente impressionante.
    Ad intimidire non è però solo la mole contenutistica: bensì l'attenzione meticolosa per il dettaglio, la caratterizzazione perfetta del mondo di gioco, un “lore” costruito ad arte che si intreccia con un gameplay intessuto minuziosamente. Tutto parte da un immaginario fantasy piuttosto classico: un bestiario perlopiù noto, atmosfere già assaporate, un combat system familiare per i maniaci di D&D, dei giochi di ruolo cartacei e dei capolavori animati dall'Infinity Engine: ma poi Obsidian ha condito ogni cosa con un numero soverchiante di particolari e rifiniture, e così Pillars of Eternity rivendica un carattere tutto suo, ribadendo a più riprese l'originalità della visione creativa che lo sostiene.
    I ritmi del racconto, il sistema di classi, l'approccio al farming ed al min-maxing: ogni aspetto è calcolatissimo e prezioso, per uno di quei titoli che sembrano intenzionati a (ri)fare la storia di un genere rimasto per troppo tempo dietro le quinte. Si faccia largo alla nuova avanguardia dei cRPG.

    Che classe!

    La presentazione approntata per la convention di Paradox si è focalizzata soprattutto sul combattimento, portandoci in giro per una manciata delle oltre 150 location che comporranno il mondo di gioco. Chi non dovesse aver chiaro che tipo di prodotto è Pillars of Eternity, deve immaginare una sorta di evoluzione dei titoli sviluppati con l'Infinity Engine, da Baldur's Gate a Planescape Torment. Anche qui le mappe sono statiche e la visuale “a tre quarti” (negli anni '90 si scriveva così, per amor di varietà, cercando una perifrasi per sostituire “isometrica”).
    Occorre fare un'importante premessa per chiunque non si sia mai cimentato con uno dei titoli storici da cui Pillars of Eternity tra ispirazione: sebbene gli RPG contemporanei ci abbiano abituato ad affrontare un gran numero di brevi combattimenti oggettivamente semplici e utili solo ad accumulare velocemente esperienza, ciò non accadeva nella maggior parte dei cRPG classici. Per questo motivo, ogni scontro proposto dal gioco, anche quello più insignificante, andrà affrontato con concentrazione, pena un velocissimo ritorno all'ultimo salvataggio effettuato. Assodato questo concetto, il combat system in tempo reale è da padroneggiare facendo ampissimo uso della pausa tattica, tramite la quale congelare l'azione e impartire ordini ai membri del party. Come ci si renderà conto ben presto, lasciare che i compagni d'arme facciano da sé è assolutamente da escludere: l'elaborazione di una tattica che comprenda un minimo di tanking e cure costanti è alla base di ogni incontro, compresi quelli più semplici. Mettetevi quindi l'anima in pace, perché un approccio disimpegnato non sarà possibile in Pillars of Eternity, e la microgestione del gruppo di sei eroi non sarà solo caldeggiata, ma necessaria.
    Obsidian conferma di aver pensato ad inserire un sistema che permettesse al giocatore di definire a priori delle tattiche del party, scegliendo per ogni personaggi un set di magie e skill preferite da usare automaticamente: ma vista l'estensione del progetto, questo sarà semmai un aspetto che verrà introdotto successivamente, nel corso del supporto post-lancio (che, promette il team, sarà massiccio e continuativo). Per ora dunque incantesimi e abilità andranno selezionati uno per uno: se vi sentite sicuri, invece di bloccare l'azione, potete ridurre la velocità e smussare i tempi morti, ma non crediate di poter fare a meno della pianificazione strategica.
    Che, per altro, sembra capace di regalare enormi soddisfazioni. In quanto ad abilità offensive, difensive e di potenziamento, la varietà ci è apparsa davvero ottima, con il ritorno di alcuni grandi classici ispirati a Dungeons & Dragons affiancati a complete novità. Tra le undici classi a disposizione, insomma, si trovano delle proposte intramontabili (dal barbaro al paladino) e degli “inediti” interessanti. Ad esempio il Cantore, che potrà costruire i propri incantesimi mettendo insieme varie “litanie” in modo da variare la durata del lancio e la potenza della magia. Oppure il Monaco, che potrà attivare le mosse più letali solo dopo aver accumulato un certo numero di ferite in combattimento.
    Chi cerca qualcosa di nuovo anche all'interno di una struttura ruolistica molto tradizionale, insomma, sarà accontentato. Esemplare è poi il modo in cui Obsidian risolve il problema del farming e smussa gli spigoli del processo di min-maxing. Riguardo al primo aspetto, Josh Sawyer conferma che la maggior parte dei punti esperienza andrà guadagnata impegnandosi nelle quest principali e secondarie. Uccidere i nemici garantirà “exp” solamente finchè non avremo sbloccato tutte le informazioni del bestiario relativo ad una certa creatura: una volta completata la scheda, uccidere quella creatura non sarà più profittevole. Niente lunghi massacri nelle prime aree di gioco per alzare il livello dei membri del party, insomma.

    E per quanto riguarda l'attribuzione dei punti alle caratteristiche, Obsidian ha cercato di rendere il processo meno spinoso del solito: sarà molto difficile “rovinare” i personaggi a causa di qualche scelta avventata, dal momento che ogni caratteristica influenza un aspetto specifico delle abilità. Un mago con molta forza (anzi: in Pillars of Eternity la statistica si chiama “Might”) e poca intelligenza, ad esempio, sarà in grado di lanciare magie dalla potenza devastante ma vedrà ridotta di gran lunga l'area d'impatto o la durata degli incantesimi. In battaglia può comunque cavarsela come “damage dealer”, abbandonando tutti i propositi di dedicarsi al “crowd control”. Anche assemblando le build più improbabili, insomma, il giocatore avrebbe personaggi comunque specializzati, e potrebbe trovare un modo per utilizzarli con successo in battaglia. Un bel modo di aggirare il problema che ha reso a tratti frustrante e mal bilanciato il recente Wasteland 2.

    Un dungeon smisurato

    Uno dei vari traguardi raggiunti nel corso della campagna Kickstarter prevedeva che il team includesse nel titolo un dungeon enorme e labirintico. Il risultato è un luogo chiamato “Endless Paths of Od Nua”: un sotterraneo di quindici piani che si estende sotto la base operativa del party e a cui si può accedere in ogni momento. Raggiungere la fine sarà un'impresa titanica (meno male che di tanto in tanto potremo sbloccare delle scorciatoie per tornare più in fretta dalla superficie ai livelli inferiori). All'interno, oltre a nemici abbastanza aggressivi, si trovano però armi e oggetti interessanti, fra i più potenti del gioco.

    Il peso delle scelte

    Nonostante la presentazione si sia focalizzata soprattutto sul combattimento tattico, il team ha tenuto a specificare che le situazioni proposte al giocatore nel corso dell'avventura e delle side quest saranno sicuramente variegate. In qualche dungeon troveremo dei semplici puzzle ambientali da risolvere, altrove invece dovremo utilizzare la dialettica per cercare di evitare gli scontri diretti. In una delle sequenze giocate, ad esempio, il gruppo si è infiltrato in un castello, vestendo la logora tunica dell'ordine che ne abitava le sale. Nel corso del tentativo di infiltrazione (che ci ha ricordato uno dei primi momenti di Planescape Torment) abbiamo comunque dovuto rispondere alle incalzanti domande dei paladini in cui ci siamo imbattuti, cercando di sfruttare al meglio le abilità oratorie (o intimidatorie) dei personaggi. Anche in questo caso le soluzioni per uscire “vincitori” da un dialogo sono sempre più di una, ed un party ben variegato potrà facilmente cavarsi d'impaccio.
    Pillars of Eternity prevede un sistema a scelta multipla non solo nel corso dei dialoghi: ci sono alcune situazioni in cui, alla maniera di un vero e proprio libro game, una descrizione testuale si presenta di fronte al giocatore, ed una serie di opzioni gli permette di decidere come comportarsi. In questi casi si tratta quasi sempre di passare un test alla maniera delle “prove d'abilità” introdotte da D&D, e potrebbe capitare che non tutti i personaggi riescano nell'impresa.
    Molto classico nello svolgimento e nell'ideazione, questo approccio sottolinea una volta di più l'amore del team di sviluppo per i GDR cartacei ed il racconto nero su bianco, e vista la diversità delle situazioni in cui ci siamo imbattuti, riesce in maniera opportuna a far provare al giocatore quel senso di libertà interpretativa che spesso provavamo soltanto di fronte ad un Dungeon Master.
    A margine, citiamo pure un'interfaccia ordinata e pulita, complessa ad una prima occhiata (ma vista la mole di opzioni non potrebbe essere altrimenti) ma abbastanza facile da metabolizzare. Gestione e selezione delle abilità, dell'inventario e dei talenti sembrano passare da menù funzionali ed efficaci, anche se le dimensioni delle icone avrebbero potuto essere leggermente maggiori.

    Concludiamo con qualche accenno al comparto tecnico. Pillars of Eternity è una gioia per gli occhi. I fondali in due dimensioni sono stati creati a risoluzioni elevatissime per riempirli di dettagli interattivi sempre unici, mentre i personaggi sono poligonali per semplificare la gestione delle animazioni. Il risultato è davvero convincente e, al contrario di altri prodotti che usano poligoni su sfondi 2D, non si nota alcuna differenza tra le due diverse tecniche: ogni personaggio o oggetto è perfettamente integrato coi fondali. Anche gli effetti particellari sono dettagliatissimi, così come i passaggi di rendering del sistema di illuminazione dinamico
    Un difetto riscontrato riguarda purtroppo le animazioni. Non ci sono sembrate per niente all'altezza di tutta la magnificenza grafica in cui si muovevano i personaggi, ricordando anche in questo caso i titoli di un tempo, ma in senso negativo, con le mani dei maghi che si muovono a caso senza alcuna differenziazione tra le varie spell, ad esempio, o con poche animazioni a seconda del tipo di arma o attacco svolto.

    (Folk)lore!

    Basta dare un'occhiata alle premesse narrative di Pillars of Eternity, al meltin-pot di razze e religioni, alle creature che popolano gli Eastern Reach, per sentire un brivido che core lungo la schiena. Il “lore” del titolo Obsidian è caratterizzato in modo incredibile, con un impegno descrittivo che nulla ha da invidiare alle più grandi produzioni fantasy della grande letteratura classica e contemporanea. Nel corso della demo ci siamo imbattuti in strani elementali, e per qualche minuto Josh si è attardato a spiegarci le loro origini. Nel mondo di Pillars, ogni creatura ha un'anima: alla morte, questa si reincarna in un nuovo essere vivente, con qualche eccezione nel caso in cui il momento del trapasso sia stato efferato e brutale. Nel caso di persone morte nel corso di disastri naturali, può succedere che l'anima si leghi agli elementi che hanno scatenato la catastrofe, ed è normale trovare elementali dell'acqua sulle coste sferzate regolarmente dalle tempeste.
    Sulla base di questa impostazione metafisica legata al trapassare dell'anima, il team di sviluppo a costruito decine di storie e personaggi. C'è ad esempio una branca sperimentale della medicina scientifica che si chiama “Animancy”, e studia la possibilità di alterare l'anima delle persone per curare i disturbi mentali e modificarne il carattere.

    Pillars of Eternity Pillars of Eternity sarà un prodotto che, in un modo o nell'altro, lascerà il segno. Fedele ad un classicismo sopito, persino più estremo di Divinity: Original Sin nel riscoprire la tradizione dei cRPG anni '90, il titolo Obsidian è un concentrato di idee brillanti e passione ruolistica. Non si tratta, come la proposta dei Larian Studio, della moderna declinazione di un genere un tempo tanto diffuso: piuttosto che un'evoluzione, Pillars of Eternity rappresenta l'attenta continuazione di un percorso creativo che credevamo bruscamente interrotto. Il team di sviluppo ha lavorato sul bilanciamento delle meccaniche di min-maxing, sull'interfaccia, sulla struttura delle quest, sulla libertà -per il giocatore- di interpretare le proprie avventure come meglio crede. Il tutto è accompagnato da qualche nuova idea sul fronte delle classi e da un Lore che non stentiamo a definire eccelso. A fine marzo, scopriremo se l'erede di Baldur's Gate e Planescape Torment sia davvero un nuovo messia del GDR vecchia scuola. Le probabilità sono tutte a suo favore.

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