Recensione Slender: The Arrival

Chi ha paura dell'uomo senza volto?

Recensione Slender: The Arrival
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • Switch
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Parsec Productions è una piccola realtà nel panorama videoludico internazionale. Una software house modesta che ha saputo cavalcare l'onda mediatica generata intorno a Slender Man, un essere antropomorfo privo di volto che -si dice- terrorizza gli uomini e rapisce i bambini. Per lo meno così racconta una delle tante leggende concretizzate attorno alla sua figura, quella di un personaggio a cui la grande rete ha donato fama e lustro, sondandone i natali e persino reinventando le sue origini, fantasiosamente collocate nel pieno medioevo.
    Ma la realtà è ben differente: quella che potrebbe sembrare un'entità impalpabile che aleggia da secoli sul pianeta in realtà è semplicemente frutto di una competizione aperta su The Something Awful Forums, incentrata sulla realizzazione di immagini a tema paranormale e culminata nella nascita dello stesso Slender man.
    Dopo “Slender: The Eight Pages”, Parsec Productions, grazie agli sforzi combinati con Blue Isle Studios, confeziona, a distanza di circa un anno dall'uscita del suo predecessore, un vero e proprio gioco incentrato su questa oscura figura, donandole una nuova forma (virtuale) con cui terrorizzare il mondo.

    L'arrivo

    Raccontata attraverso l'obiettivo di una videocamera, la storia vede protagonista Lauren, una giovane donna in visita presso la casa dell'amica Kate, da poco orfana di madre. Ma una volta giunta, ad attenderla vi è solo una casa deserta messa a soqquadro con strane pitture sulle pareti.
    La ricerca della scomparsa Kate conduce Lauren tra boschi e miniere abbandonate, braccata anch'essa da quel male che ha spinto la sua amica sull'orlo della follia.
    Unico strumento a disposizione della protagonista di questo viaggio è una torcia, reperibile poco dopo l'inizio del gioco, con cui illuminare gli ambienti immersi nell'oscurità più totale.

    Le apparizioni di Slender Man sono accompagnate da un disturbo sullo schermo che aumenta di intensità al suo avvicinarsi e avvisa il giocatore della sua presenza. Un espediente che, come avviene con i disturbi radio in “Silent Hill”, celebre saga survival horror targata Konami, non smorza la tensione bensì la amplifica. Correre, in questi casi, è l'unica opzione consentita, comportando per contro una riduzione della stamina di Lauren, oltre che della visibilità. Durante la corsa infatti il fascio di luce prodotto dalla torcia oscilla violentemente, riducendo l'illuminazione e la percezione dell'area circostante.
    L'intero gioco è articolato su cinque livelli nei quali viene chiesto di raccogliere o attivare un determinato numero di oggetti, il più delle volte sparsi casualmente all'interno dello stage. Per quanto gli ambienti risultino piuttosto vari però il gioco ben presto tende a diventare ripetitivo e Slender Man finisce per ridursi a poco più di uno spauracchio nonostante sia comunque impossibile prevederne gli spostamenti. L'unica certezza è che tanto più ci si avvicina alla conclusione del livello tanto maggiori saranno le sue apparizioni.
    A fare eccezione a questo sistema di “interazione forzata” è il primo dei cinque stage, uno specchietto per le allodole nel quale Lauren esplora la casa di Kate stanza per stanza, mentre Slender Man, in agguato, la osserva attraverso le finestre. La durata complessiva dell'esperienza è pertanto variabile e determinata da una sana dose di fortuna nel rinvenimento degli oggetti chiave. La stessa rigiocabilità di questo titolo è estremamente bassa, nonostante sia possibile, una volta terminato il gioco, iniziare una nuova partita ad un livello di difficoltà denominato “hardcore”, in cui oltre a una minor stamina e a una durata limitata della torcia, la presenza di Slender Man sarà ancora più pressante. Il premio per tali sforzi consiste nella possibilità di assistere ad un finale esteso che chiarisce, almeno in parte, l'epilogo del gioco.

    A rendere più interessante l'esperienza in compenso contribuisce la presenza di diversi documenti o lettere scritte dalla stessa Kate che ampliano la cornice narrativa del gioco e consentono di immergersi sempre più a fondo nella psiche della ragazza, ormai profondamente disturbata a causa delle apparizioni di Slender Man. La figura oscura e inquietante questa volta non agisce da sola, ma si accompagna (anche se solo nel terzo livello di gioco) a un “Proxy”, un'ulteriore presenza umanoide col volto coperto da una maschera.
    A differenza di Slender Man però, le animazioni di quest'ultimo sono estremamente poco curate e la sua presenza risulta essere più un orpello che un reale pericolo per il giocatore. Un personaggio che poteva essere tranquillamente estromesso dal gioco senza che nessuno ne sentisse troppo la mancanza.

    Una landa desolata

    Il dettaglio grafico offerto da Slender: The arrival è estremamente elevato e le migliorie apportate alla figura di Slender man, dalle animazioni ai suoi lineamenti, contribuiscono a incrementare la sensazione di terrore che pesa sull'ansia del giocatore.
    Per contro, nonostante l'estensione di ciascuna mappa, l'interazione con gli ambienti di gioco è limitata a un esiguo numero di oggetti rendendo le perlustrazioni (quando consentite) noiose e ripetitive.

    Il comparto audio dal canto suo è ridotto ai rumori ambientali e a qualche intervento musicale che mette in allerta i sensi del giocatore senza smorzarne la tensione.
    I requisiti minimi richiesti sono alla portata di qualsiasi Pc senza richiedere drastici compromessi con la qualità delle prestazioni.

    Slender: The Arrival Slender: The ArrivalVersione Analizzata PCSlender: The Arrival conferma i numerosi dubbi evidenziati nel corso dell'anteprima, mettendo in mostra evidenti limiti dettati dalla mancanza di un gameplay che si discosti da quanto visto in “Slender: The Eight Pages”, suo predecessore. Una narrazione piacevole e a tratti interessante non è comunque capace di compensare la mancanza di un gameplay vero e proprio ed è alta la frustrazione nel dover ripetere più volte lo stesso livello cercando oggetti sparsi casualmente su mappe di gioco estremamente vaste. In compenso la presenza di Slender Man, per buona parte dell'esperienza di gioco, assicura un elevato grado di tensione, che tende a scemare col passare delle ore. Un titolo che porta con se tante buone idee senza però concretizzare quelle indispensabili a trasformare un esperimento ben riuscito in un gioco a tutti gli effetti.

    6

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