Recensione Spectromancer

Un Card Game dal creatore di Magic

Recensione Spectromancer
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  • Pensate che il professor Richard Garfield, dopo aver dato i natali al fenomeno Magic: The Gathering nell’ormai remoto 1993 si sia fermato lì? Al contrario, sono stati moltissimi i giochi di trading cards partoriti dal designer di Philadelphia. L’ultimo della lista, sviluppato in collaborazione con Alexey Stankevich (Astral Tournament)per Apus Software risponde al nome di Spectromancer. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

    Di Prismi, Carte e Stregoni

    Spectromancer ci propone di vestire i panni di un potente e magico abitante del regno di Revnia. Poiché il Grande Prisma, mitico artefatto mistico, è in procinto di cadere nelle mani del losco Dorlak urge che qualcuno si erga a difesa del genere umano e sconfigga gli emissari del Male.
    Questa la trama a grandi linee, che a ben guardare non offre moltissimo oltre le grandi linee: la narrazione è affidata ad intermezzi testuali che saranno apprezzati dal più incallito estimatore della letteratura fantasy, ma piuttosto inadatti ad un pubblico generalista. Ad ogni modo la vicenda resta sicuramente di secondo piano, dato che, pur essendo l’idea di base quella di emulare esperimenti riuscitissimi quali Puzzle Quest, il mondo di gioco resta uno sfondo indistinto e poco attraente, spoglio di eventi e personaggi con cui interagire.

    Poco male, tutta la nostra attenzione sarà concentrata sul gameplay: siamo di fronte ad un gioco di carte collezionabili, in cui i combattimenti contro gli avversari avvengono, come nella migliore tradizione Magic, tramite l’uso di carte incantate dotate del potere di evocare mostri trappole ed incantesimi.
    Avremo con noi naturalmente un nostro deck, predefinito oppure personalizzato a seconda dei casi. Esso consta di non oltre 20 carte per volta, in numero di quattro per ogni elemento utilizzabile.
    La caratteristica peculiare del sistema di battaglia di Spectromancer è appunto l’utilizzo dei punti Magia suddivisi per Elementi. Ai quattro di base (Terra, Aria, Acqua, Fuoco) se ne aggiunge un quinto, diverso per ogni personaggio e variabile in ragione della sua classe di appartenenza selezionata all’inizio della partita. L’illusione, l’oscurità, il Sacro, il dominio sui morti... ogni potere ha punti di forza e debolezza rispetto ad ogni altro, come è logico aspettarsi.
    Nel corso dei combattimenti però avere in dote questo o quell’elemento peculiare non segnerà una differenza poi così rimarchevole: alla fin fine è un cambiamento marginale. Il giocatore avrà sempre una riserva di punti legati ad ognuno dei cinque elementi a sua disposizione. Da questo ammontare, che per praticità si rimpingua ad ogni turno rendendo potenzialmente infinito il ciclo di utilizzi delle carte visto che queste non vengono gettate via una volta adoperate, andrà sottratto il costo della carta che decideremo di evocare.
    Lo scopo dell’evocazione è naturalmente arrecare danno ai punti vita del nostro opponente. Possiamo riuscirci mettendo in campo una carta mostro, che oltre ad un costo espresso in punti avrà dei valori di attacco e di difesa che ci permetteranno di calcolare l’esito degli scontri diretti tra creature contrapposte, oppure giocando una carta magia. Le magie possono sortire effetti nocivi per i PV del nemico oppure indebolire i mostri schierati dalla sua parte del campo; possono rivitalizzare la nostra energia o magari regalarci qualche punto elemento extra.

    Al termine di ogni scontro il vincitore ottiene dei punti notorietà; si chiamano così e non già punti esperienza perché il “livello” del giocatore non influisce sui suoi parametri vitali o di forza fisica o magica, bensì va a definire gli scaglioni in cui andranno ad incontrarsi gli sfidanti umani nella modalità multiplayer, inaccessibile a chi fosse solo dotato della versione di prova gratuita del videogame.

    A Suon di Carte

    Quello che non convincerà appieno i giocatori più smaliziati è la mancanza di elemento strategico che il gioco manifesta: le carte e gli elementi sono inesauribili, dalle differenze tutto sommato limitate, e in fondo possiamo quasi permetterci di porle a caso sulla griglia di gioco senza troppo dover temere per le sorti del match. Ogni scontro sarà abbastanza breve, generalmente inferiore ai cinque minuti, quindi una esperienza abbastanza semplificata rispetto ad altri giochi di questo tipo.
    Date le sue caratteristiche dunque, Spectromancer si configura come un titolo diremmo “entry level”, che può accompagnare un neofita nel suo approccio verso il card trading più impegnativo, reale o videoludico che sia.

    A livello tecnico il gioco punta molto sulla semplicità: le schermate di battaglia saranno molto chiare una volta che avremo imparato a leggerle a dovere; ogni elemento ha un suo preciso spazio e presto gli occhi sapranno dove guardare per reperire informazioni utili in ogni momento dello scontro. Gli artwork presenti sulle carte sono ben disegnati, sebbene di dimensioni modeste e dal design un po’ scontato. Migliorabili invece i fonts utilizzati, che indugiano troppo spesso su ghirigori gotici di cui avremmo fatto a meno.

    Spectromancer SpectromancerVersione Analizzata PCDa parte di Mr Garfield, Spectromancer è poco più che un esercizio di stile, tanto classico nelle dinamiche di gioco quanto a semplice a livello di programmazione. Sebbene non lo si possa definire particolarmente appassionante né pervaso dall’ormai consolidato fascino dei suoi più celebri rivali come Magic o Yu-Gi-Oh!, anche nella sua versione gratuita il gioco offre una discreta esperienza single-player, che potrà essere arricchita sbloccando i contenuti a pagamento. Insomma, pur fallendo nell’intento di creare un mondo che colga il nostro interesse, Spectromancer resta un passatempo veloce e senza particolari ambizioni che si lascia ben giocare.

    6.8

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