Recensione The Night of the Rabbit

La software house tedesca ci delizia nuovamente con un'avventura grafica dall'inconfondibile stile Daedalic.

Recensione The Night of the Rabbit
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  • La software house tedesca Daedalic Entertainment, successo dopo successo, è riuscita a catturare in pochi anni la totale attenzione degli appassionati di avventure grafiche punta e clicca, composta per lo più da incontentabili nostalgici e feticisti della grafica a due dimensioni; un pubblico difficile quindi, che però non è rimasto indifferente di fronte ai viaggi onirici di Sadwick in The Whispered World o gli exploit guybrushiani di Rufus in Deponia.
    L'ultima fatica dei Daedalic ci porta in un mondo fantastico, fortemente ispirato all'immaginario di Lewis Caroll e del suo celeberrimo Alice in Wonderland - i riferimenti diretti al capolavoro dell’autore inglese si sprecano - per vestire i panni di uno spensierato ragazzetto di nome Jeremiah Hazelnut in The Night of the Rabbit. In quello che pare essere uno degli ultimi giorni di vacanze estive prima del ritorno a scuola, Jerry incontrerà Marquis the Hotto, un coniglio bianco antropomorfo, misterioso esponente della categoria dei Treewalkers, creature in grado di viaggiare attraverso mondi paralleli. L’incontro, tutt'altro che fortuito, porterà Jerry nel mondo incantato di Mousewood, spinto dal sogno infantile di apprendere l’uso della magia. Mousewood è un mondo in miniatura, popolato da stravaganti personalità ben caratterizzate, dal gufo vegetariano alla talpa DJ, topi con disturbi ossessivo-compulsivi ed eccentrici bibliotecari, un’infinità di bipedi dall'accento britannico, perfettamente incastonati in un coloratissimo paesaggio naturale, che pare uscito da uno di quei costosi libri per bambini che ci capita di sfogliare distrattamente quando siamo in libreria.

    SONO BOBBIN, SEI MIA MADRE?

    L’impostazione ormai già rodata dei punta e clicca prodotti da Daedalic è riproposta in maniera pressoché invariata: il puntatore cambierà in prossimità degli oggetti con cui è possibile interagire, mostrando chiaramente i tipi di interazione disponibili, mentre lo spostamento della rotella del mouse aprirà il solito inventario nel quale potremo combinare fra loro gli oggetti per creazioni sensate, lasciandosi semplicemente sopraffare dal delirio di “utilizzo tutto con tutto” quando ci si ritrova bloccati in un’area di gioco. L’unica novità nell'interfaccia prevede l’utilizzo di un oggetto in grado di evidenziare i punti di interazione nell'intera schermata, opzione che risulterà parecchio utile al giocatore, una volta compreso il sostenuto livello di difficoltà dell’avventura.

    "Come in tutte le avventure punta e clicca che si rispettino, spirito d’osservazione e pensiero laterale sono qualità indispensabili per non incappare in interminabili situazioni di stallo e ragequit poco composti."

    Come in tutte le avventure punta e clicca che si rispettino, spirito d’osservazione e pensiero laterale sono qualità indispensabili per non incappare in interminabili situazioni di stallo e ragequit poco composti; sebbene si tratti di una delle avventure grafiche più ostiche dell’attuale generazione, è giusto ricordare che qualcuno, da qualche parte, ha finito Zak McKracken. La trama, seppur interessante e solidamente strutturata, procede a passo lento, in un clima di pace quasi surreale (questo dovrebbe scoraggiare chi ha abbandonato The Whispered World proprio perché poco movimentato), incalzando però nelle ultime ore di gioco. Al clima surreale concorrono anche le molteplici questioni lasciate fin troppo in sospeso, molte delle quali verranno spiegate solo nella cutscene di un finale forse un po’ affrettato. Soprassedendo sugli sporadici errori di scripting e su alcune ripetizioni tutt'altro che necessarie, abbiamo trovato i dialoghi quasi sempre vivaci, evocativi e a tratti geniali, supportati da personaggi piuttosto convincenti, nonostante le sembianze animalesche.

    Sarebbe irragionevole non premiare i Daedalic per il lavoro svolto fino ad ora, per tenere in vita un genere che ha acquisito una sacralità non indifferente, grazie ai capolavori dell’ormai defunta Lucasfilm; è tuttavia indispensabile sottolineare che The Night of the Rabbit, come Deponia e Whispered World, soffre degli stessi difetti che, seppur tollerabili negli intoccabili Monkey Island & co., iniziano a minare l’esperienza videoludica anche di chi nutre un attaccamento morboso per il genere, che, non potrebbe che beneficiare di un opportuno svecchiamento. Parliamo, in primo luogo, dell’illogicità disarmante di alcuni enigmi, e della conseguente lotta interiore del giocatore per una scelta fra l’umiliante bassezza del ricorrere al walkthrough e la nevrotica combinazione “brute force” di oggetti a casaccio.
    Sul profilo tecnico Daedalic ci ha abituati bene, con fondali disegnati a mano e pieni di dettagli, musiche sempre varie e mai ridondanti, nonché un discreto voice acting; la notte del coniglio non è da meno, può anzi contare su una ricchezza di particolari a schermo che non si era mai vista in altre avventure grafiche Daedalic: ci capiterà spesso, infatti, di soffermarci ad ammirare il gioco di proporzioni usato nel disegnare l’arredamento improvvisato delle abitazioni (tappi di bottiglia usati come sedie, lanterne ad olio come lampioni etc.) e negli elementi naturali. Unici “nei” tecnici restano l’eccessiva lentezza dell’interfaccia di gioco, appesantita da frequenti - e immotivati - caricamenti, e l’assenza della localizzazione italiana, che renderà l’esperienza di gioco fruibile solo a chi mastica la lingua inglese.

    The Night of the Rabbit The Night of the RabbitVersione Analizzata PCThe Night of the Rabbit rappresenta l’ennesimo colpaccio di Daedalic, che può contare su una direzione artistica possente, un’ambientazione fiabesca dall'indiscutibile fascino e dialoghi ben scritti. Il nuovo punta e clicca sarà letteralmente divorato dai puristi del genere, ma difficilmente riuscirà ad attirare il giocatore medio con meccaniche di gioco ormai vecchie di decenni.

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