Recensione Bleach Soul Resurrection

Bleach prova a raggiungere Naruto

Bleach Soul Resurrection
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS3
  • L’unione tra due publisher come Namco e Bandai ha permesso, soprattutto in questa generazione, l’approdo anche in Europa di interessanti titoli basati sulle preziosissime licenze Bandai legate ai manga giapponesi, l’affascinante mondo che, di generazione in generazione (complice anche il piccolo schermo), raccoglie sempre più consensi.
    Dopo il successo dei due ottimi titoli legati al famossissimo Naruto Uzumaki (Naruto Ultimate Ninja Storm e relativo seguito), la softco nipponica è finalmente lieta di portare nel vecchio continente Bleach: Soul Resurrection, esclusiva Playstation 3 legata alle avventure di Ichigo Kurosaki e compagni.
    L’opera di Tite Kubo è stata digitalizzata (a partire dalla seconda saga - quella degli Arrancar) da SCE Japan Studio, team dall’esperienza piuttosto diversa dai mitici Cyberconnect. Le potenzialità del titolo sono dunque tutte da scoprire.

    Story Mode, Mission Mode e Soul Attack

    Una breve escursione all’interno dei menù di gioco di Soul Resurrection ci permette di scoprire le modalità che compongono la produzione nipponica. La prima, nonché più importante (o almeno lo dovrebbe essere) è lo Story Mode. Purtroppo, sin dal primo istante al suo interno, si capisce la poca dimestichezza del team con questo genere di prodotti. In primo luogo manca del tutto un collegamento narrativo che permetta a chi non ha mai seguito o non segue assiduamente il manga di capire cosa sta succedendo, dove ci troviamo, chi sono i personaggi, perché sono vestiti così e perché combattono. Ci si limita invece, capitolo dopo capitolo (per un totale di 14), ad una breve introduzione scritta senza alcuna cut-scene che renda onore al charachter design di Kubo.
    Trattandosi della seconda saga, dall’ingresso all’Hueco Mundo sino al combattimento con Aizen (e la sua versione fusa con l’Hōgyoku), manca inoltre tutto il fondamentale flashback riguardo alla preparazione del folle piano dei capitani della terza, quinta e nona divisione del Gotei 13 per la distruzione della Soul Society, nonché il processo di formazione dei Vizard; per non parlare dell’evoluzione di Ichigo e dei suoi poteri.
    A pararcisi davanti, sostanzialmente, saranno una serie di livelli esteticamente differenti ma caratterizzati da un level design sin troppo simile tra loro. Si tratterà, in larghissima parte, di lunghi corridoi (per quanto mascherati anche da location esterne) popolati da orde di nemici -non esageratamente diversificati- da disintegrare. Giunti al termine di ciascun livello troveremo un boss da sconfiggere: uno dei pochi collegamenti con la trama del manga/anime. Anche in questo caso però mancherà del tutto la caratterizzazione: niente cut-scene introduttiva o finale e nessun QTE alla Ultimate Ninja Storm a riprendere i momenti salienti del combattimento renderanno quelle con i boss semplicemente delle battaglie più difficili. Ad aggiungere un pizzico di varietà ci penserà, fortunatamente, la possibilità di utilizzare un personaggio differente ad ogni capitolo, sbloccandolo poi per le altre due modalità di gioco. Il roster, in effetti, è davvero massiccio e spazia dai capitani del Gotei 13 agli Espada sino ad arrivare alla compagnia di Ichigo ed ai Vizard.
    Se nello Story Mode ogni stage sarà legato ad un personaggio la scelta diverrà completamente libera una volta iniziato il Mission Mode, una serie di sfide sempre più ostiche da completare in sequenza (finendo le prime si sbloccheranno le seconde, e così via). Ad aumentare il livello di sfida, nello specifico, saranno i cosidetti “handicap”, ovvero particolari condizioni da rispettare nel completamento del livello: si andrà dall’impossibilità di utilizzare lo scatto alla preclusione degli attacchi speciali. Tali incarichi avranno un’attinenza praticamente nulla alla saga cartacea, limitandosi a riprendere scenari e personaggi per poi mescolare le carte, ad esempio, con scontri tra esponenti della stessa fazione.
    In chiusura troviamo la Soul Attack, modalità nella quale verranno registrati i tempi e gli score rispetto alle sfide proposte per uno scontro a suon di statistiche con i propri amici in rete. Manca dunque una componente multiplayer vera e propria, che proponga sfide dirette a suon di Bankai.
    Le problematiche, purtroppo, non si limitano al level design (piattissimo) ed alla caratterizzazione -povera- delle modalità, bensì si estendono anche al gameplay. Presentando una struttura molto simile a quella dei non troppo amati Dynasty Warriors il titolo propone una ripetitività fugata solo parzialmente dalla possibilità di utilizzare molti dei personaggi della saga ed alimentata invece dalle ristrette possibilità in combattimento. Ciascuno dei protagonisti avrà infatti dalla sua un paio di combinazioni di attacchi melee e ranged, un attacco speciale ed una potente super-mossa da caricare subendo ed infliggendo danni. Poca profondità dunque e, soprattutto, la mancata possibilità di decidere se e quando sprigionare il Bankai, relegandolo a sessioni da affrontare con personaggi già “in sprigionamento”, un pò come accaduto in diverse incarnazioni del Dragon Ball digitale e le trasformazioni in Super Sayan.
    A salvare (almeno in parte) in corner la produzione ci pensa un discreto sistema di crescita dei protagonisti, che consentirà di spendere i Soul Point accumulati sconfiggendo nemici e terminando incarichi in una gigantesca scacchiera sulla quale giaceranno diversi potenziamenti nonché la facoltà di sbloccare alcune nuove special e degli utili personaggi di supporto da utilizzare nei combattimenti più complicati. Verremo dunque spinti a completare le missioni con tutti i personaggi disponibili, in maniera da completare la gigantesca mappa di potenziamento e scoprire ogni bonus.
    Nonostante quest’ultima interessante feature le pecche di Soul Resurrection ne minano non solo la longevità ma soprattutto l’appeal, sia verso i fan della serie che cercano la fedeltà con anime e manga, sia verso i “comuni videogiocatori”, ultimamente non molto avvezzi all’eccessiva linearità.

    Direttamente dalla carta

    Osservando il comparto tecnico di Bleach: Soul Resurrection viene da chiedersi come mai tanta cura non sia stata riposta anche nella realizzazione della struttura ludica. Quello adottato dal team di sviluppo è un cell shading davvero pregevole, che restituisce a schermo ogni dettaglio dei personaggi presentati nell’anime. Contribuiscono all’opera di caratterizzazione estetica le animazioni, molto buone e variegate, ed il voice over originale, giapponese ed inglese: una vera chicca per gli appassionati (finalmente). Purtroppo la cura con cui sono realizzati protagonisti e comprimari non è sempre presente anche negli scenari, che si presentano spesso spogli e poveri di dettagli. A restituire un’atmosfera convincente e gradevole ci pensa però la spennellata di colori pallidi che caratterizza ogni ambiente e che rende alla perfezione il grigiore dell’Hueco Mundo, una sorta di limbo per le anime, nonché un comparto di effetti grafici discretamente realizzato.
    Per quel che concerne la colonna sonora, in conclusione, ritroviamo con piacere alcuni dei temi ripresi dall’anime assieme ad altri inseriti per l’occasione ma comunque decisamente orecchiabili.

    Bleach Soul Resurrection Bleach Soul ResurrectionVersione Analizzata PlayStation 3Bleach: Soul Resurrection non riesce nemmeno lontanamente a toccare i livelli di quell’Ultimate Ninja Storm, che sembra oramai una perla rara in un panorama di tie-in davvero sconsolante. La produzione Japan Studio, a causa di un gameplay piuttosto povero e ripetitivo e di una realizzazione sommaria delle modalità di gioco (quasi totalmente scollegate dalla saga), non riesce a raggiungere la sufficienza. Poco importa se il comparto tecnico mostra ottime doti quando, in una produzione del genere, è l’unico collegamento decente con le sue origini cartacee ed animate. Un vero peccato, soprattutto per i fan.

    5

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