La recensione di Dark Souls 2: l'action RPG torna a colpire su console

Torna lo spietato Action RPG di From Software, nella sua versione migliore

Dark Souls 2
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Sei morto. 455 volte.
    Sei morto perché hai sbagliato a calcolare l'ampiezza di un fendente.
    Sei morto perché avevi troppa fretta di recuperare quelle anime addensate sulla tua schifosa macchia di sangue.
    Sei morto perché in un attimo di sciagurata baldanza hai pensato che dietro quell'angolo non ci sarebbe stato un altro nemico.
    Sei morto. Perché questo è Dark Souls 2, e come il suo predecessore è un titolo che non perdona gli errori.
    Eppure, ad ogni colpo che ti ha schiacciato, ad ogni caduta, ad ogni trappola infame, ad ogni decesso ingrato che ti ha trasformato in un essere vuoto -avido e deciso a consumare altre anime- il tuo orgoglio di giocatore incrollabile ha deciso di riprovare con convinzione più salda. Perché questo è Dark Souls 2, e come il suo predecessore è un Action RPG calcolatissimo e profondo, avvolgente, che ti cattura con la maledizione della sua difficoltà mitologica e non ti lascia andare.
    Sarà la bellezza decadente delle sue ambientazioni, sarà la smisurata apertura di un sistema di crescita libero da ogni vincolo; sarà questa sua capacità di costruire -ancora una volta- un immaginario Dark Fanasy che non ha paragoni per impatto scenico e caratterizzazione. O, più semplicemente, sarà che ogni tanto, noi videogiocatori con la pelle un po' più dura e i polpastrelli temprati da troppe partite, abbiamo bisogno di essere trascinati fuori da questo sciatto presente di titoli senza nerbo né sfida.
    Ecco: Dark Souls 2 è esattamente quello che serve per risvegliare la vostra anima hardcore. E' un titolo stratificato, stimolante, magnetico. In dirittura d'arrivo su PlayStation 3, Xbox 360, e fra qualche mese anche su PC, si tratta in verità del terzo episodio di una saga in cui entra di diritto anche lo storico Demon's Souls, titolo che rilanciò la moda della “difficoltà ad ogni costo”, su cui sarebbe poi nata una nuova generazione di roguelike e incattiviti RPG.
    Come il titolo lascia intendere, si tratta stavolta di un seguito diretto dell'episodio datato 2011, che ne recupera ritmi e dinamiche, apportando però correzioni notevoli e ben presenti al bilanciamento complessivo. E' proprio questo raffinamento sottile ma lampante delle meccaniche di gioco che rendere Dark Souls 2 un titolo praticamente perfetto, anche al netto di un'anzianità tecnica che resta purtroppo il difetto più evidente del gioco: smussato, rivisto e per fortuna liberato da quell'accanimento un po' frustrante che mortificava il giocatore in certe aree del precedente episodio, il brand targato From Software trova oggi la sua forma migliore, imperniandosi di nuovo attorno alla martellante e laconica scritta in rosso che tutti i fan del genere dovrebbero conoscere. Sei Morto.

    Storie perdute

    Dark Souls 2 racconta la storia di un mondo perduto. Drangleic è un regno marcito, e le sue scintillanti vestigia, ormai corrotte, non sono altro che un relitto abbandonato, monito terribile per tutti gli imperi. Il personaggio costruito dal giocatore - perduto in quella che assomiglia ad una dantesca “selva oscura” - si avventura in questi luoghi alla ricerca di una cura per la sua maledizione. Anche lui porta il marchio degli undead, e anche lui ha perduto la propria umanità, costretto a tornare come essere vuoto dopo ogni morte.
    Tutto l'incipit del gioco, mentre si sbrigano le formalità legate alle creazione del proprio alter ego, è intriso di un misticismo cupo ed ermetico. Non c'è una vera e propria trama, in Dark Souls 2, ma solamente accenni fugaci e parole spese in fretta. Le tre vecchie che si incontrano all'inizio del gioco, quelle che ci chiedono il nostro nome, potrebbero rappresentare le Parche che filano e recidono lo spago della vita, e tutte le terre dominate dal grande Re Vendric potrebbero essere solo un limbo sognato in cui lottano per la redenzione le anime senza pace.
    Oppure le sterminate distese che vanno dalla Foresta di Giganti Caduti alle venefiche atmosfere del Picco Terrestre, e poi più su sulle cime dei monti in cui ancora nidificano i Draghi, potrebbero davvero essere terre alla ricerca di un nuovo sovrano, di un altro non morto destinato a prendere il posto del loro Re decomposto.
    Buona parte del fascino di Dark Souls 2 sta proprio in questa sua narrazione appena affiorante, enigmatica, mai esplicita, che lascia alla community e al giocatore il compito di trarre conclusioni, interpretare, sondare l'intricata mitologia di Drangleic. E' come un racconto che emerge appena, da qualche dialogo strappato ad un NPC. Una trama silenziosa: anzi, anche questa sfiorita come il regno di cui discute, traccia funerea appena percepita.
    Forse non piacerà ai maniaci del GDR narrativi, forse non sarà avvertita da chi proprio non vuole leggere fra le righe, ma nella spietata desolazione di Dark Souls 2 si nasconde un lavoro di “sceneggiatura visuale” imponente e maestoso, molto più loquace di tante tiritere nipponiche dell'ultima ora.

    La bellezza della morte

    E difficile quindi non apprezzare, anche solo per la forza dell'impatto cromatico, il primo momento in cui lo sguardo si posa sulle scogliere di Majula, villaggio abbandonato ai margini del regno in cui ufficialmente comincia la nostra avventura.
    Qui ci accasciamo di fronte al falò, e la guardiana del fuoco ci sprona a proseguire nel nostro viaggio. Qui cominciamo finalmente ad esplorare tutte le possibilità del sistema di gioco di Dark Souls 2. Dal punto di vista del gameplay il titolo non si discosta dal suo predecessore. Il control scheme è quello ben rodato, ancora un po' impreciso per quel che riguarda il “lock” dei nemici, ma comunque facile da metabolizzare. Coi tasti dorsali si utilizzano gli oggetti impugnati nella mano destra o sinistra, menando fendenti, lanciando incantesimi e miracoli coi bastoni o le campane, oppure sollevando gli scudi per opporre (una spesso timida) resistenza ai (massacranti) assalti nemici. Passano pochi minuti affinchè si capisca che anche Dark Souls 2 è tutta una questione di ritmi, di esperienza, di tempistiche: calcolare i tempi e le distanze d'attacco, conoscere le routine dei nemici, è un imperativo che sfocia in uno degli action RPG più punitivi e profondi degli ultimi tempi. Ogni azione che compiamo (stavolta anche il lancio degli incantesimi) intacca la barra del vigore, quindi è bene abituarsi ad effettuare le schivate al momento giusto, per non restare in debito proprio nell'unico istante in cui la guardia avversaria si apre, permettendoci di penetrare le carni del nemico.
    Qualsiasi sia lo stile di gioco che decidiate di adottare, la conoscenza precisa dei frame d'animazione degli attacchi avversari e di tutte le vostre azioni è fondamentale: altrimenti il rischio è quello di trovarsi inermi di fronte ad un colpo mortale, proprio mentre estraete dalla tasca la fiaschetta Estus con cui avevate intenzione di curarvi.
    Si tratta come sempre di un gameplay brutale, che non fa sconti. Nessuna leggerezza è perdonata, ed ogni disattenzione è liquidata con una morte infame e inevitabile. Il gioco mette subito in chiaro questo suo approccio punitivo, accompagnando quindi ogni passo del giocatore con uno stato di ansia viscerale ed atavica. Ci sono ovviamente ambientazioni che in maniera più insistente sottolineano l'incertezza di ogni passo (come il terribile Scolo, l'equivalente della vecchia Blight Town - ma senza cali di frame rate), ma in generale è bene procedere sempre con estrema cautela, e sospettare di ogni cosa: persino di una cassa che potrebbe rivelarsi un vorace Mimic.
    Il gioco, insomma, è cattivo, ma (quasi) mai disonesto. L'idea di base, del resto, è semplice: ad ogni morte perderete tutte le anime accumulate, moneta di scambio preziosissima, che vi permetterà di salire di livello, comprare e potenziare oggetti. Eppure se riuscirete a tornare sulla chiazza di sangue nel punto in cui vi hanno fatto secchi, potete recuperarle. Insomma: se siete stati tanto bravi da spingervi così lontano una volta, l'idea è quella che possiate rifarlo. Se non ci riuscite, è perchè avete sbagliato qualcosa.
    Alla base di Dark Souls 2, insomma, c'è un concetto a suo modo “imparziale”, che giudica in maniera irreprensibile l'abilità del giocatore. Certo, non mancano i momenti di rabbia virulenta, e certi attimi in cui i già citati problemi di “lock-on” ci fanno perdere anime che avremmo altrimenti recuperato. Però non ci sono mai ingiustizie evidenti, e neppure settori assurdamente imbastarditi come le catacombe del primo Dark Souls.

    L'avanzamento, ovviamente, è sempre lento e ragionato. Ogni tanto bisogna tornare ai falò per ricaricare gli incantesimi, la fiaschetta Estus, o la resistenza delle armi (che altrimenti rischiano di spezzarsi); ma ogni volta che si riposa tornano tutti i nemici che abbiamo fatto fuori. Raggiungere il termine di un'ambientazione, o comunque il falò successivo, dunque, è un'opera di fine ottimizzazione, che procede sia con i progressivi level-up che con l'accumulo di esperienza sul campo. Poco a poco il giocatore impara a conoscere le routine dei nemici, il posizionamento, le loro falle. Le uccisioni si fanno più rapide, i backstab più frequenti, gli incantesimi sprecati si riducono. Finchè non si raggiunge in nuovo fuoco, o la terribile nebbia dietro cui si nasconde un boss.
    La progressione, insomma, resta sempre stimolante, e quasi mai ci si trova veramente bloccati. Anche perchè stavolta gli avversari nelle varie zone di gioco spariscono per sempre quando vengono uccisi una decina di volte: poco a poco, morte dopo morte, l'area diventa sempre meno popolata, lasciandovi l'opportunità di passare con meno disturbi e aumentando la probabilità che raggiungiate la fine.
    E aspettate a storcere il naso se siete fan della difficoltà irreprensibile: il titolo non è certo meno crudele per questa trovata. Anzi: non solo questo aspetto riduce al minimo la possibilità di dedicarsi al “farming”, ma adesso tutte le anime perse sono davvero perse per sempre, perchè ogni avversario ha in pratica un numero massimo di anime che può concedervi. Non siete ancora soddisfatti? Potrete bruciare al falò un apposito oggetto che potenzia (e rigenera) tutti i nemici circostanti, o magari abbracciare il Patto del Vincitore che raddoppia in un attimo la difficoltà di gioco (solo per masochisti).
    Ecco: l'aspetto forse più riuscito di Dark Souls 2 è questo suo spingersi alla ricerca di una difficoltà risoluta ma adattiva, che sappia in qualche modo avvicinarsi allo stile di ogni giocatore.

    Ed allo stile personale di ciascun videoplayer si apre anche il sistema di crescita del personaggio, basato sulle solite statistiche di sempre: dalla Forza alla Fede, passando per Vigore, Tempra e Intelligenza, livello dopo livello è possibile veramente scolpire il personaggio come meglio crediamo. Arciere agilissimo o guerriero incrollabile, stregone o barbaro, o ancora chierico devoto, tutto dipende dall'assegnazione delle statistiche. Non c'è una vera e propria classe, e insomma starà a noi decidere di imbracciare armi il cui danno aumenta proporzionalmente alla Forza o alla Destrezza, o magari mazze incantate che invece “scalano” con il bonus magico, perfette persino per un mago. Molto spesso lavorare sulla progressione del personaggio è un meticoloso lavoro di fino, e soprattutto ad alti livelli decidere dove spendere un punto diventa un elemento francamente importantissimo per definire il proprio stile di gioco.
    Tutto il bilanciamento dello sviluppo è stato poi rivisto: adesso salire di livello richiede molte meno anime che in passato. Ovviamente tutto è commisurato alla difficoltà ed al numero di anime rilasciate dai nemici, e solo verso la fine del gioco potremo sentirci un po' più tranquilli (salvo poi essere mortificati da qualche boss sinceramente letale). Eppure veder crescere le statistiche del proprio personaggio è una soddisfazione di cui il titolo non ci priva per troppo tempo. Dark Souls 2, insomma, non è certo più permissivo ma è almeno più clemente, ed in questo supera agilmente in suo predecessore, trovando un equilibrio sicuramente più felice fra poderosa difficoltà e stimoli.

    Videogamers Assemble!

    La leggenda narra che per portare a termine -in poco meno di cinquanta ore- l'avventura di Dark Souls 2, chi vi scrive abbia partecipato alle riunioni segrete di una società segretissima. Attorno ad un tavolo virtuale si ritrovavano, agli orari più improponibili, i fieri esponenti della critica videoludica italiana, uniti nell'impresa. Sacrificando ore di sonno, affetti, salute, i partecipanti a questa “chat delle meraviglie” non si sono mai fatti mancare il supporto reciproco. E come si conviene di fronte alla perdita di un numero stratosferico di anime, è stato nominato spesso - e quasi mai invano- il dio dei videogame.
    Giocare a Dark Souls 2 dovrebbe essere, per tutti, un'esperienza da condividere con altri giocatori. Confrontarsi con la community, raccontare le proprie scoperte e strategie, è il momento esatto in cui la fatica ed il sudore assumono un nuovo valore. La del gioco a superare la dimensione intima e personale, espandendosi a dismisura nei forum e nelle “wiki”, è la dimostrazione lampante del lavoro smisurato e magistrale del team di sviluppo in termini di “lore”.

    Il macabro splendore di un mondo caduto

    Dare conto di tutte le differenze fra il vecchio Dark Souls e questo secondo capitolo è un lavoro che va oltre le finalità di questo articolo. Oltre alle molte già elencate c'è da mettere in conto una revisione del sistema di funzionamento della fiaschetta Estus, che adesso va potenziata sia nelle cariche che nell'efficacia. Anche le armi leggendarie sono per fortuna più facili da ottenere a partire dalle anime dei boss, a patto di riuscire a sbloccare i fabbri che le costruiscono.
    E' stato rivisto anche il sistema dell'umanità, che adesso può essere riacquistata consumando una delle rare Effigi: ad ogni morte, invece, la trasformazione in essere vuoto è lenta e progressiva, e solo poco a poco intacca la nostra barra della vita, consumandola fino alla metà.
    Il complesso sistema di Patti ed il multiplayer così spiccatamente caratteristico della saga From Software hanno subito alterazioni, ma come sempre si intrecciano in una ragnatela di rapporti che è impossibile carpire senza il supporto della community e tante prove dirette. Adesso è comunque più facile regolare la frequenza delle invasioni, persino evocarsi reciprocamente per una sessione cooperativa.
    Complessivamente, Dark Souls 2 trova però una sua misura sensibilmente migliore rispetto a quella del predecessore, e la spietata epopea del vostro eroe sarà sicuramente più piacevole da portare a termine.

    L'unico aspetto che resta davvero troppo vicino al predecessore è quello tecnico. Da un titolo pensato per la generazione di console uscente non ci si doveva aspettare miracoli, ma la componente tecnica di Dark Souls 2 denuncia tutta la sua anzianità. Il team ha ottimizzato notevolmente il motore, e adesso i cali di framerate sono molto più rari e mai vistosi come quelli del vecchio capitolo. La gestione delle fonti di luce è stata migliorata, e adesso persino l'utilizzo della torcia diventa una componente importante del gameplay, in determinate aree. La maggiore distruttibilità ambientale promessa dal team, invece, si avverte solo in pochissime zone, e non è nulla che non si sia già visto in passato: il motore fisico, poi, non fa prodezze, ed anzi inciampa ripetutamente nel ragdoll dei nemici. Ma sono la mole pole poligonale molto scarna e, soprattutto, le texture abbastanza piatte che rendono il colpo d'occhio evidentemente sottotono, assieme ad un aliasing che il team non è riuscito a far sparire.
    Non si pensi tuttavia che Dark Souls 2 sia un titolo brutto da vedere. Anzi, la componente scenica dell'Action RPG di From Software è semplicemente straordinaria. Il lavoro di design sulle ambientazioni è qualcosa di magico, e negli scorci di Drangleic si riscopre un lavoro creativo sinceramente smisurato. Sembra incredibile che dopo tre episodi il team nipponico riesca ancora a trovare spunti originalissimi, che superano i confini del fantasy classico per tratteggiare un mondo sinceramente unico. Dark Souls 2 è meno cupo e più decadente del primo capitolo, e nell'aria si respira un senso di profondo scacco. Addentrandoci nello Scolo e poi nella Gola Nera, o risalendo le Piane del Raccolto fino al Picco Terrestre, ma anche solo scendendo nelle profondità sotterranee del Forte Salino, dove viene tenuta prigioniera la Peccatrice Perduta, sembra quasi di sondare le pieghe marcescenti di regno imputridito da una maledizione terribile. Ogni tanto qualcuno prova a raccontarci il motivo della disfatta, forse una guerra avviata dai giganti che hanno attraversato il mare attratti dalla grandezza di Vendric, ma la realtà è che tutto il male che ha divorato il regno sembra arrivare dalle anime ormai sfatte dei primordiali e dalla malattia terribile di un Re senza più volontà. In qualche modo, le ambientazioni sono costruite attorno ai grandi boss che su di esse regnano: giganti trafitti da lame secolari, donne bellissime trasformare in ragno come il mito di Aracne, ammassi schifosi di carne umana e giganteschi demoni che emergono da un mare di lava. Ogni area è come lo specchio di un tormento, una concrezione pulsante cresciuta attorno al cancro di una mostruosità secolare, oppure da essa distrutta con il lento lavorio degli eoni.
    Ad oggi, quello di Dark Souls 2 resta uno dei setting più riusciti e originali del fantasy moderno: sinceramente smisurato, costruito con enorme inventiva e intriso di un fascino truce e terribile.
    In queste lande sono soprattutto i silenzi, che regnano, ed anche se i temi musicali appena tratteggiati che riecheggiano in sottofondo sono indovinati e ben orchestrati, non si può dire che il lavoro sulla componente sonora sia solidissimo. Il doppiaggio inglese è ottimo e ben caratterizzato, ma le linee di dialogo sono rarissime, mentre i suoni delle battaglie sono recuperati quasi integralmente dal vecchio episodio.

    Dark Souls 2 Dark Souls 2Versione Analizzata PlayStation 3Arrampicandosi sull'eredità del suo predecessore, Dark Souls 2 sublima la formula di gioco approntata da From Software, per diventare uno dei migliori Action RPG di sempre e chiudere in bellezza questa lunghissima generazione. Più che creativo, il lavoro sul gameplay è stato di meticoloso e sottile bilanciamento: smussando gli spigoli di una difficoltà che era alle volte mortificante, e insomma equilibrando al meglio le soddisfazioni di una progressione ancora spietata e cattiva, ma più stimolante, Dark Souls 2 diventa quel grande capolavoro del genere che il suo predecessore non era, per un soffio, riuscito ad essere. E lo fa anche grazie allo stratosferico lavoro sul “lore” e sul design dell'ambientazione: il mondo bacato e ritorto di Drangleic è di quelli che restano, bellissimi e terribili, impressi nell'immaginario collettivo del fantasy moderno, esibendo la propria decadenza come una medaglia di lungo corso. Precisissimo, profondo, calcolato al millimetro, Dark Souls 2 rappresenta una gemma preziosa nell'eredità di una stagione videoludica ormai pronta a morire.

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