GTA 5 anteprima: abbiamo visto dal vivo il nuovo free roaming di Rockstar

Visto dal vivo il nuovo Free Roaming criminale firmato Rockstar

GTA 5 anteprima: abbiamo visto dal vivo il nuovo free roaming di Rockstar
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  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • SteamDeck
  • Nuotare controcorrente è un lavoraccio. Chiaro come il sole che alcune domande te le fai, se non altro perché tutti vanno in una direzione che sembra l’unica possibile. Nonostante le produzioni a tripla A spuntino come sicure scialuppe di salvataggio, la barcarola della current gen sta affondando. Il fondale però è bello basso, lastricato di carcasse e si cerca dunque di vivacchiare, puntandosi sui piedi, aggrappandosi disperatamente ad una base installata davvero difficile da abbandonare alla deriva. Invece di SoS, il grido che va di moda oggidì è cross gen. Cross gen a manetta. Un faro nel mare magnum della transizione. Un prodotto che sta in mezzo, che titilla le percezioni del giocatore con la grafica che verrà, stuzzicandone la voglia di ingurgitare qualcosa di nuovo, ma che, tranquilli, sarà anche disponibile su Xbox 360 e Playstation 3.
    Rockstar Games, dicevamo, va invece dritta per una strada tutta sua. Non le manda a dire bensì rilancia con una definizione che dapprima ci lascia interdetti, ma che acquisisce una sua compiutezza a presentazione conclusa: next generation software. In altre parole, Grand Theft Auto 5 è tanta, tantissima roba. Questione di ottimizzazione, di evoluzione dei tool di sviluppo, del design generale di una saga che abbraccia milioni e milioni di fan, ma non per questo non necessita di cure e miglioramenti continui. Questione, aggiungiamo noi, di coraggio. Voglia di investire, di ripresentarsi ai blocchi di partenza con materiali sinceramente nuovi, rivisitando meccaniche che comunque sarebbero risultate vincenti anche in un momento di mercato così delicato ed affannato. GTA 5 ci ha stupiti in maniera ortodossa: con del sano gameplay. Niente trucchetti all’orizzonte: solo un plasma da 60” ed una Playstation 3 per entrare nel futuro di un’epopea videoludica incapace di percorrere rotte già tracciate. Lo scarto, a dirla tutta, è quasi epocale. Il confronto? Possibile, ma non certo con GTA IV, bensì con il suo più illustre predecessore, ovvero un’opera entrata di diritto nella storia del videogioco perché capace, appunto, di ritarare le regole.
    La grandezza di GTA 5 risiede dunque qui: nella sua diversità. Al di là dei numeri, di una mappa che supera in dimensioni Red Dead Redemption, GTA IV e GTA: San Andreas shackerati assieme (!), quello che ci aspetta il prossimo 17 Settembre è un modo finalmente nuovo di vivere un free roaming. Per Rockstar, è il suo gioco definitivo (cit.). Per noi videogiocatori, la pomata più efficace contro i pruriti da salto generazionale.

    Legenda

    Questo resoconto è solo il primo step di un processo di avvicinamento al prodotto. Altri seguiranno nei prossimi mesi, che andranno a sviluppare aspetti diversi del prodotto, o che si soffermeranno su alcuni solo marginalmente citati in questa prima anteprima, come le missioni secondarie ed il multiplayer.
    Restate su Everyeye.it se volete sapere tutto, ma proprio tutto, su GTA 5.

    Michael

    In fondo, non chiedo mica molto. Scotch in mano, invecchiato, non inacidito. Colore e aroma di quelli buoni. Un goccio di sapore, ok? Una sigaretta, di quando in quando, giusto per giocherellarci un po’. E le mie chiappe, sprofondate nel sofà da ottomila dollari che Amanda ha desiderato più di suo figlio, davanti a panorami vecchia scuola. Lì, incorniciati a puntino. Muti, bellissimi, senza pensieri né tempo. Eh, solo i drammoni della Vinewood d’annata sapevano filmare certe cosette, le atmosfere non scialacquate. La robaccia in salsa discount di oggigiorno rimbalza schizoide da un canale all’altro, come una palla sgonfia che nessuno vuole. Un discreto schifo. Un po’ come questo fottuto coso: dico io, ancora mi pizzica la schiena, il maledetto. Un divano che rompe le palle va bruciato, così girano le cose. Dovrei suggerirlo a Trevor. Ma poi chi la sente, quella pazza? Quello abbiamo, e su quello devo parcheggiarci il fondoschiena. Fine della storia. Di certo non mi scucirà altro grano per l’ennesimo poggiaculo. Tanto, gustarsi in santa pace un dannato classico, perdio, è fuori programma. Qua dentro, io e la tv sembriamo due amanti clandestini in perenne attesa di consumare. Gente che non strilla, gente che non frantuma i timpani. Gente che mi rispetta. Un sogno bagnato qui a Rockford Hills. Lo sa dio perché ho sorriso quando m’hanno rinchiuso in questo giardino zoologico a conduzione familiare. Mi pareva un buon accordo, a dirla tutta, ma in realtà era solo un modo più glam di fotterti alla grandissima. Sono la star, ma nessuno sembra interessato. Neanche una nocciolina per il vecchio orso, come direbbe quella stronzetta di mia figlia. Tutta sua madre. La verità è che da qui prima esco, e meglio è. Devo sgranchirmi le gambe. Ho bisogno di azione, sangue e grano. Dlin dlon: si avvisa la gentile clientela che per concessione della mia dolce metà il pozzo è bello che prosciugato: non serve gridarci forte dentro per sentirne l’eco. A ben guardare il gabbio era quasi preferibile. Almeno avrei avuto dei compagni che sanno quando abbassare lo sguardo. Ma che fine avrebbero fatto i miei? Quando la ruota si ferma e tutto ritorna ad essere quello che realmente è, fermo e piatto e palloso, io sono solo un padre di famiglia che cerca di tirare avanti. Spero solo che quel cazzone formato granrisparmio di Trevor faccia il suo, e si limiti a quello. Senza colpi di testa, dritto per dritto con il paraocchi puntato per terra. Il compitino, così gli ho detto. Con Franklin il fattore “mandare in vacca” mi preoccupa meno. Sa il fatto suo, il ragazzo. Gioca pesante, ma sporca di meno. E’ però una bandieruola. E gira come cambia il vento. Chissà dove stanno, in questo momento. Magari qualche fattone dell’East Side può recuperarmi l’accrocchio per i paranoici della sbirciatina: un sano gps, per controllare dove sono e che diamine combinano. Due marionette da grande fratello, una roba da uscire di testa. Ma potrebbe pure bastarmi un giretto in macchina, nelle viuzze giuste, alla vecchia maniera s’intende, per avere tutto sotto controllo. In fondo, Los Santos non è che un buco di paesino.

    Si comincia col botto

    Si comincia col botto. Il primo stravolgimento è di quelli che lasciano il segno, e che difficilmente non influenzeranno il prosieguo della saga in maniera indelebile. L’utilizzo di tre protagonisti, tratteggiati abilmente nella nostra anteprima di ieri, cambia davvero tutto. Dal punto di vista narrativo la stangata è facilmente desumibile: addio ai tempi morti. Il ritmo della storia prende quindi cadenze del tutto diverse da quelle classiche ed ascendenti di GTA IV. Un solo protagonista porta in dote una linearità di fondo difficile da estirpare: interessi, ambienti visitabili, NPC incontrabili, gravitando tutti in un’unica direzione e su un avatar univoco, quantunque ben caratterizzato come poteva essere Niko Bellic, alla fin fine possono corrodere l’interesse del videogiocatore, soprattutto verso il filone narrativo primario. Prova ne è il fatto che a fronte di un numero vertiginoso di copie vendute, una percentuale minore di giocatori, in realtà, ha visto i titoli di coda del precedente episodio. Altre considerazioni riguardano il contesto: Micheal, Trevor e Franklin sono prodotti tipici di Los Santos, non immigrati appena sbarcati con una ristrettissima cerchia di conoscenze. Gli ecosistemi relazionali dei tre si propagano in maniera capillare, rendendo le loro vite in certi modi più ricche, sfaccettate e cariche di possibilità grazie ad un’appartenenza all’ambiente di gioco mai sperimentata prima. Per il giocatore il tutto si traduce in tre corridoi narrativi distinti intrecciati con un unico filo rosso, rappresentato da una trama principale decisamente più articolata rispetto al recente passato e più attinente al contesto scenico. Il loro background è dunque pregno di filamenti e pulsioni del tutto assenti nei capitoli passati, decisamente più piatti sotto questo profilo. Lo switching, ergo la possibilità di passare in tempo reale, con la sola pressione di un tasto, da un personaggio all’altro, è un portale aperto sia su una nuova modalità di vivere ed esplorare l’area di gioco, sia su un modo diverso di partecipare alla storia e conoscerne i protagonisti, i quali proseguono le loro vite anche quando non selezionati, inserendo un concetto di persistenza che scardina sensibilmente ritmi e la prevedibilità intrinseca dei giochi del genere. Scoprire di volta in volta, a seconda degli orari e di un numero sconfinato di altre variabili, posizione e attività dei compari, sradica l’immobilismo strutturale di tutti i GTA, e non solo.
    Una mattinata fresca. Franklin ha bisogno della sua scarica quotidiana. Giù, a South Los Santos, di adrenalina ne scorre fin troppa. Ma del tipo che fa male alla salute. Per stare in forma, quindi, e per inspirare aria buona, non c’è niente di meglio di un tuffo tra le nuvole, ad un chilometro da terra. Il panorama rurale toglie letteralmente il fiato. Il zigzagare col paracadute, fra vette altissime che si ingentiliscono scivolando a valle, srotolandosi in strade sterrate dominate da un gruppo di ragazzi a cavallo di ATV, mentre fiumi e fiumiciattoli irrorano terre punteggiate da alberi secolari, ci permette di ammirare nugoli di cervi scattanti ed una lince, pronta a divorare una preda incauta. Dopo l’esperienza di Red Dead Redemption ecco quindi gli animali, mossi da routine comportamentali proprie e oggetto, ne siamo certi, di qualche missione e attività secondaria. Atterriamo fra le scapole di un corso d’acqua saccheggiato da alcuni pescatori, salutiamo un paio di trekker, e ci congediamo da Franklin. Ci è venuta voglia di Trevor. Lo switch, ad ora, impiega una manciata scarsa di secondi per collegarsi con i compagni, latenza che sarà ulteriormente ridotta da qui all’uscita. Dicevamo, il pazzoide. Lo scoviamo su una spiaggia, in mutande e ferito, mentre si rialza dopo una nottata finita male. Un gruppetto di bikers attorno a lui (Lost della West Coast?), invece, non si rialza per niente. Buona permanenza sulla spiaggia, ragazzi. Davanti a noi, l’oceano. E uno zodiac. Prendiamo in prestito il gommone, e andiamo per mare, scoprendolo decisamente affollato. Moto d’acqua, imbarcazioni varie, e un nugolo di bagnanti violentano lo specchio d’acqua senza sosta. Decidiamo quindi di scendere al livello inferiore. Tuta da sub e via. Lo spettacolo è semplicemente sbalorditivo. I fondali sono tutto fuorché un orpello sterile. Pullulano invece di vegetazione e fauna tipici del clima, così come di rottami eventualmente esplorabili. Trevor però è un attira sfiga mica da ridere e ci imbattiamo così in un nutrito comitato di squali. Decidiamo di abbandonarlo per scoprire che combina Micheal, ciondolante fuori dal Von Crastenburg Hotel, in piena Vinewood. Malinconico e un po’ spento, come i neon del vialone principale, soffocati anch’essi della crisi economica imperante.

    Se lo switching scompagina parecchio le carte in tavola, e nel modo giusto, le dinamiche che lo regolano suscitano ulteriori consensi. In fase di off mission, e quindi in situazioni di “giocazzeggio” estremo, non ci sono costrizioni di sorta, se non quando si viene attaccati (ad esempio dagli squali di cui sopra, nei panni di Trevor), o quando ricercati dalla polizia. Durante le missioni, che naturalmente possono anche non prevedere l’utilizzo dell’intero trio, ma di un solo personaggio, oppure di due, il cambio può avvenire sia automaticamente, magari durante una cut-scene o dinanzi ad un gancio narrativo all’interno della missione stessa, oppure manualmente. Il risultato è un’esperienza di gioco altamente spettacolare e mai vissuta all’interno di un Grand Theft Auto. Per le considerazioni sulle diramazioni strategiche e di gameplay puro, l’appuntamento è invece fra qualche riga.
    Fondamentale, poi, la caratterizzazione, non solo legata al plot, ma anche ludica, dei personaggi. Micheal, Trevor e Franklin presentano una serie di Skills comuni (forza, stamina, capacità di guida, volo, furtività, ecc.), che tengono ovviamente conto delle naturali inclinazioni dei tre, e che sono migliorabili in maniera automatica e progressiva con l’esperienza. Sono dotati inoltre di un’abilità speciale univoca, che via via si accumula durante l’avventura divenendo sfruttabile in alcune circostanze e solo per istanti circoscritti. Franklin può rallentare il tempo durante la guida di un veicolo, per eseguire curve strette ad alta velocità o traiettorie più spericolate; Trevor può infliggere danni extra durante gli scontri, avvantaggiosi poi di una tecnica devastante nei corpo a corpo; Micheal attiva invece una sorta di Bullet Time durante le sparatorie più accese. La scelta, quindi, del personaggio da utilizzare per specifiche operazioni, non è quindi dettata dal solo carisma degli avatar ma anche da una serie di valutazioni che il giocatore è chiamato a mettere sul piatto. Le Skills basiche consentono a qualsiasi dei tre di interagire in toto con l’ambiente di gioco: logico che, almeno inizialmente, pilotare un elicottero con Micheal potrebbe comportare una serie di problematiche (perdita di quota, minor controllo), così come Franklin rimane la prima scelta in caso di una gara di velocità fra bolidi a quattro ruote.

    Il tessuto narrativo viene quindi cucito seguendo modalità scompaginate, che alimentano l’interesse del giocatore, andando a metabolizzare gli assiomi delle moderne serie televisive. Al di là delle singole attività dei tre, delle loro ascendenze, hobby e attività collaterali, liberamente ampliabili dal videogiocatore, e dalle tracce di storia che li specializzano attraverso sviluppi e missioni solitarie, l’autentico custode del dipanarsi della trama sono i Colpi, ovvero le megarapine. Trattasi di missioni enormi, distinte in macrosezioni suddivise a loro volta da singole operazioni più piccole. In primis, pianificazione: recupero dell’equipaggiamento necessario e dei veicoli, a discrezione del giocatore. Approccio: più furtivo o diretto (con sviluppi diversi a seconda dei casi). Reclutamento: eventuali aggiunte al trio secondo dinamiche già viste nei DLC di GTA IV, con scelta dei comprimari specifici in base alle caratteristiche che devono dimostrare di possedere, e potenziale riutilizzo di alcuni di loro nel caso sopravvivano più del dovuto. Naturalmente, maggiore è l’esperienza di un gregario, maggiore è la parte di bottino che gli verrà riservata.
    Durante la nostra gita negli studi di Rockstar Games non abbiamo potuto ammirare in prima persona lo sviluppo di un Colpo, che sarà comunque oggetto di un nostro prossimo hands on. Abbiamo però visto in azione una rapina di rango secondario, un attacco ad un furgone portavalori, ideato dal solo Micheal. Saltata a piè pari la fase di programmazione, dove al giocatore è concesso scegliere quale tipo di veicolo utilizzare, l’auto per il punto di getaway e la tipologia di travestimento, siamo passati subito all’azione. Furgone della mondezza piazzato in mezzo ad una strada secondaria da Micheal, Trevor in modalità palo e Franklin alla guida di un carro attrezzi appesantito a puntino. Lo switching automatico prima dello speronamento ha di sicuro ispessito il grado di coinvolgimento dell’azione, visualizzata attraverso punti di vista diversi ed in grado di mettere nelle mani del giocatore, contemporaneamente, più esperienze di gioco. La sparatoria che ne è conseguita, con puntuale arrivo degli sbirri e delle forze speciali, ha invece dato il la ad interessanti valutazioni sul valore aggiunto al gameplay e sul bilanciamento certosino che è necessario pretendere, soprattutto in situazioni di estremo casino, in termini di intelligenza artificiale. Micheal rimbalza da un muretto all’altro, Trevor è in posizione sopraelevata, mentre Franklin rifiata in copertura. Il passaggio da un personaggio all’altro è qui manuale ed il ritmo piuttosto forsennato, anche rispetto alle missioni più caotiche di GTA IV. Il numero di forze dispiegate dagli agenti è a dir poco ingente, ed il livello di allerta sale che è un piacere. Micheal, il più sparacchino del gruppo, deve fare il grosso del lavoro. Scivola da un cover point all’altro, sparando dall’anca durante la corsa, con una fluidità insolita rispetto ai canoni di Grand Theft Auto, ricordando di molto l’incedere di Max Payne 3 ed il suo stesso rapporto con l’ambiente di gioco. Non abbiamo assistito alla sua declinazione del Bullet Time, ma siamo certi che presenteranno diversi punti di contatto. Lo switching manuale è necessario per far fronte ai diversi sviluppi della scena, spesso interpretabili a vista o previa comunicazione radio (ad esempio dopo l’atterraggio di un elicottero alle spalle di Trevor potevamo scegliere se trivellare i componenti dell’equipaggio da lontano, oppure mandare in pezzi il mezzo con il lanciarazzi in dote allo schizzato del gruppo); l’intelligenza artificiale dei compagni permette loro di preservare l’incolumità a patto di non abbandonarli in un punto caldo o fuori copertura, né di lasciarli al loro destino per troppo tempo. Il fattore strategico è dunque importante almeno quanto l’equilibrio richiesto dai giocatori a Rockstar. Solo con una prova su strada effettiva potremo giudicare la portata di un cambiamento tanto evidente del dna delle sparatorie classiche di GTA, rivisitate sia attraverso l’esperienza run&gun di Max Payne che tramite il ricorso allo switching, che ne amplifica, e di molto, il respiro blastatorio e spettacoloso.
    Non è stato invece mostrato nulla riguardo le nuove meccaniche studiate per i corpo a corpo. Per ora, dunque, niente Sleeping Dogs.

    Ecosistema

    La mappa include Los Santos e le zone rurali di Blaine County. Come dimensioni, e se includiamo i fondali marini, si parla di una cosetta come Red Dead Redemption moltiplicato per cinque.
    Rockstar non ci ha permesso di soffermarci quanto avremmo voluto nel mondo di gioco, che sembra tuttavia estremamente denso, non solo di attività da svolgere, ma anche di vita autogestita. Se il vostro termine di paragone è GTA IV, il consiglio è di cambiare parametro. Sui viali tutti luccicanti e lustrati di Vinewood la concentrazione di personaggi non giocanti è semplicemente incredibile, con turisti, balordi, gentaglia che esce da locali, che aspetta i mezzi pubblici o che parlotta, contratta, chiede, conversa al cellulare, che torna a casa o che è impegnato in una bella carriolata di fattacci suoi, non ha eguali. Torna ovviamente la comunicazione veloce tramite smartphone, con il quale è possibile parlare e messaggiare con gli altri, scattare foto per poi condividerle su Social Club e navigare sul web interno al gioco, senza la necessità di fermarsi in un internet cafè. Addio per sempre, invece, agli incontri amorosi: in un contesto già delineato, con tre personaggi fortemente radicati e con un background relazionale -e sentimentale- pregresso, non avrebbe senso applicare le dinamiche che calzavano invece per un immigrato con un avaro spettro di conoscenze come il già citato Niko.

    Discorso soldi: l’aspetto economico fa capolino finalmente come fattore preponderante, anche grazie ad una serie di motivazioni collaterali che non mancano di fornire un certo apporto. In primis: la crisi. Anche Los Santos avverte gli artigli di una recessione asfissiante, che stritola come un boa sogni, aspettative e prospettive, riempiendo le strade di Vinewood di attricette, mezzi uomini e parassiti vari senza speranza alcuna. C’è disillusione nell’aria, molto contemporanea e purtroppo decisamente rassomigliante a quanto accade anche da questa parte dello schermo. Le cose, in soldoni, costano parecchio in GTA 5. L’equipaggiamento per i Colpi, così come le case, o qualsiasi altra cosa, ha un prezzo salato che deve essere saldato. Riecco spuntare la possibilità di comprare abitazioni, appartamenti, ville e strutture relative, al di là della safe house di cui i tre protagonisti dispongono fin dall’inizio; ma anche garage per le vetture, piste di atterraggio, marine per le proprie imbarcazioni. In più, la possibilità di inserirsi nel terziario, acquisendo attività commerciali già avviate, dalle quali ricevere sia una rendita costante che perks legati alla singola attività.
    I soldi, ovviamente, servono anche per farsi belli, oltre che a rendere più speciali e performanti gli oggetti di cui disponiamo: insieme ai sempreverdi vestiario, tatuaggi, capigliatura, si aggiungono anche le customizzazioni delle vetture in puro stile Midnight. Le esagerazioni sono quindi all’ordine del giorno, tuttavia al fattore estetico si aggiunge quello prestazionale: sospensioni, motore, iniettori, tantissime parti dei mezzi di trasporto possono essere modificate a piacimento, per il tamarro che non deve chiedere mai.
    Parlando dei bolidi, l’influenza del già citato Midnight Club scardina l’effetto perno, con conseguente rigidità e sottosterzo medio di GTA IV. L’esperienza, a detta degli sviluppatori, è più immediata, realistica e spettacolare, e sebbene quanto visionato sia altamente confortante, attendiamo la prova con mano per darci le pacche sulle spalle anche in questo frangente. Ovviamente, la selezione di veicoli presenti è la più vasta mai apparsa in un qualsivoglia Grand Theft Auto.
    Rispondono all’appello anche le modifiche delle armi, reperibili nei vari AmmuNation: mirini, ottiche laser, silenziatori, caricatori extra, si accodano ai diversi tipi di giubbotti antiproiettile, pensati per le esigenze di tutti i giorni della criminalità più o meno organizzata.

    Per ciò che concerne la densità di cose da sbrigare all’interno del mondo di gioco, le missioni generate casualmente ritornano con un bagaglio concettuale e routine migliori rispetto a quelle, un tantino logore, di Red Dead Redemption. La dichiarazione d’intenti firmata Rockstar è una maggiore varietà, e soprattutto contestualità sia alla zona in cui ci si trova sia in relazione al personaggio che si sta utilizzando. Alcune mostreranno piacevoli digressioni narrative, altre si esauriranno nel giro di pochi istanti di gioco. Gradita la ricomparsa degli sconosciuti: come sempre evidenziati con un punto di domanda sulla mappa, promettono di mantenere alta la curiosità di chi gioca.
    Minigame, eventi sportivi e attività parallele saranno altrettanto importanti per chi adora gigionare senza meta, ma anche per chi vuole prendersi una pausa del tran tran principale, magari tra un campo da tennis ed uno da golf, corse su ATV, base-jumping, gare in moto o su velivoli, e per i più irriducibili anche il triathlon. Senza contare che le zone rurali, come le montagne, sono perfette per la caccia, così come l’oceano sarebbe perfetto per la pesca subacquea.
    Un miscela, quella di GTA 5, che acuisce le opportunità di svago paventate nei precedenti episodi, giustapponendole ad una struttura narrativa e di missioni specifiche, secondarie e collaterali senza precedenti.

    Rage! Quale buon vento?

    Siamo ad Maggio, il gioco esce a Settembre. Il codice alpha, seppur non luccicante come i trailer appena rilasciati, è semplicemente una bomba. Fa piuttosto specie stare qui a disquisire di frame rate stabile, ma ancora perfezionabile, e di qualche texture ballerina: il colpo d’occhio, l’insieme, la profondità di campo e la ricchezza delle strutture, delle routine comportamentali gestite all’unisono, di un traffico caotico e splendidamente intenso rendono GTA V uno spettacolo ancora più meraviglioso proprio perché generato dall’anzianotta Playstation 3. Uno di quelli che se non lo vedi, ti devi chiedere perché hai comprato la macchina Sony qualche annetto fa. Il viaggio in volo di Franklin è pura poesia digitale: ti giri, e mezza Los Santos è ai tuoi piedi, fra aeroporti militari piccoli come giocattoli, lo skyline della metropoli a chilometri di distanza, e infinite distese di rocce, colline e ruscelli pronti per essere esplorati a piacimento. Alcune cose devono essere ancora implementate, altre semplicemente fixate (un leggero pop-up): il resto è grasso che cola, in fondo fino al mare, altro protagonista di Grand Theft Auto 5, con i suoi segreti, la sua fauna riccamente implementata e routine di gestione dei fluidi da urlo. O meglio: spumeggianti.
    Migliorato il comparto animazioni, decisamente più articolate e a misura “di personaggio”, e l’effettistica generale che va a braccetto con una fotografia come sempre impeccabile, capace di colmare artisticamente il gap con alcune delle prossime produzioni cross gen. Piccolo upgrade anche per la distruttibilità ambientale, di certo non un carattere peculiare della saga, ma comunque ben ri-progettato: vedere coperture che si sfaldano o muretti che deflagrano in accordo con l’esplosione di una granata aiuta a far stampare un sorriso in più sulle labbra di chi gioca. Apprezzabilissime, ancora, le espressioni facciali, cariche di emozioni e cose non dette, e le ferite, che permangono sui corpi così come sui vestiti.
    Musica, da sempre uno dei pilastri delle produzioni Rockstar: la novità è nell’accompagnamento sonoro che segue tutti i momenti di gioco, conciliandosi con ciò che accade sullo schermo. Un plus che riesce nell’intento di immergere ancora di più il giocatore, in qualsiasi condizioni si trovi, dettandogli il mood. Naturalmente, tale climax musicale scema una volta messe le mani su di un volante, per lasciare spazio alle radio in puro stile GTA.

    GTA 5 Grand Theft Auto V è una bella botta. Potremmo chiudere qui il commento per questo primo incontro dal vivo negli studi londinesi di Rockstar. Baci e abbracci e ci vediamo a Settembre. Invece ne disquisiremo ancora molto, nei prossimi mesi: di carne al fuoco ce n’è veramente troppa, ma preferiremmo scartare la classica abbuffata informativa barattandola al più presto con un hands on coi controfiocchi. Lo switching tra i personaggi, apre una finestra del tutto nuova sul mondo di GTA, che va toccare esplorazione e narrazione nel contempo. Se il bilanciamento dell’IA rifletterà quanto paventano nel playtrough mostratoci, ci sarà davvero da divertirsi. E con un gameplay emergente che filtra quanto di buono espresso da Rockstar nei suoi giochi precedenti, ed un’ottimizzazione che consente anche a console vecchiarelle di esprimersi al meglio, di motivi per strizzare l’occhiolino a questa infinita current gen ce ne sono invero a bizzeffe.

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