Recensione Red Dead Redemption

Il ritorno del Far West, più bello che mai

Red Dead Redemption
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • PS4
  • Switch
  • PS4 Pro
  • Il Far West, negli anni, ha ispirato il mondo dell’intrattenimento a tutti i livelli.
    Scavando nel meglio di ciascun settore non possiamo fare a meno di citare Bonelli e Tex Willer per la carta, Sergio Leone e Clint Eastwood (ma anche John Wayne) per il cinema e il binomio Rockstar - Red Dead Revolver per i videogiochi: la prima produzione videoludica in grado di veicolare tramite joypad tutta la magia che i maestri della pellicola e dell’inchiostro avevano saputo infondere in quel mondo lontano, fatto di saloon, sceriffi e pistoleri.
    Quello del lontano 2004, tuttavia, fu solo un esperimento -per quanto ben riuscito- di quanto il team newyorkese aveva in mente per il futuro di questo affascinante brand.
    Alcuni anni dopo, infatti, venne annunciato Red Dead Redemption; non un vero e proprio sequel ma un’evoluzione del marchio, un free roaming di dimensioni mai viste prima, interamente ambientato lungo le regioni occidentali degli Stati Uniti d’inizio ‘900.
    Una vera e propria sfida per il team responsabile dei natali di Grand Theft Auto, un’impegno esponenzialmente maggiore rispetto alla “semplice” ricostruzione di uno spaccato dell’America moderna (GTA IV).
    Ebbene, a meno di una settimana dalla release, prevista per Xbox 360 e Playstation 3 il 21 Maggio, è giunta l’ora di verificare se tutte le promesse sono state mantenute e se l’hype da vero e proprio Game Of The Year verrà soddisfatto.

    A man with no name

    Stazione ferroviaria di Blackwater, West Elizabeth: un uomo dall’aria non proprio raccomandabile viene accompagnato da due individui in ghingheri alla banchina di partenza per il New Austin, terra di confine dove la modernizzazione tarda ad arrivare e i banditi trovano terreno fertile per ogni genere di malefatta.
    Durante il viaggio l’uomo ascolta in silenzio il chiacchiericcio dei passeggeri, intenti nelle conversazioni più disparate: dalla “questione” Indiani d’America all’importanza della fede in Dio, e prova ad immaginarsi, volando col pensiero già a destinazione, cosa lo attende.
    Poco dopo scopriamo che quell’uomo è John Marston, il nostro (e vostro) nuovo beniamino.
    La storia di John è delle più classiche: orfano di madre (prostituta) e padre (giocatore d’azzardo) sin dalla più tenera età, crebbe in un orfanotrofio dove, complici compagnie non proprio raccomandabili, prese il via una carriera che lo portò alla co-conduzione di una pericolosa banda di fuorilegge.
    Tempo dopo, sperando di lasciarsi tale carriera alle spalle, John si ritirò a vita coniugale; una bella moglie, tre figli e un’esistenza, almeno per qualche tempo, abbastanza serena.
    Il passato, però, non intendeva abbandonare il nostro eroe, il che ci riconduce al motivo del suo lungo viaggio in treno: il governo ha infatti preso in ostaggio i suoi cari, obbligandolo a diventare cacciatore di taglie e mettersi sulle tracce di Bill Williamson, l’uomo che ai tempi della banda chiamava “fratello”.
    Questa scomoda situazione, oltre ad avere notevoli ripercussioni psicologiche sul protagonista, lo porterà ad un lungo viaggio, sin nell’entroterra messicano; un’avventura caratterizzata perlopiù dall’incontro/scontro con numerose personalità e con realtà diametralmente opposte tra loro: dalla problematica gestione di un Ranch alla rivoluzione contadina oltre frontiera.
    Nonostante tocchi molte problematiche diverse, dalle più superficiali alle più impegnate, il plot di Red Dead Redemption rimane sempre ben focalizzato -come il suo protagonista- sulla ricerca dell’amico/nemico Bill, attingendo alla storia americana con garbo e rispetto, per conferire spessore e credibilità all’azione a schermo piuttosto che per mandare un messaggio o costringere il giocatore a schierarsi.
    Che la si completi in quaranta, sessanta o cento ore (a seconda dell’approccio più o meno sbrigativo), la campagna principale dell’ultima produzione Rockstar saprà tenere costantemente vivo l’interesse del giocatore, grazie ad un intreccio affascinante e, a differenza di GTA IV, una strutturazione molto meno frammentaria.
    Un copione di valore, tuttavia, non sarebbe tale se a recitarlo non vi fossero protagonisti di paragonabile livello; Red Dead Redemption, essendo Rockstar maestra nel character desing, non deficita nemmeno sotto questo aspetto, proponendo una schiera di protagonisti e comprimari di assoluto valore e d’invidiabile profondità, sui quali spicca, trionfalmente, John Marston.



    L’ultimo aspetto da tenere in considerazione è la collocazione ove l’intreccio narrativo prende forma e si sviluppa: ebbene da questo punto di vista, ancor più rispetto a quelli sinora analizzati, siamo di fronte ad una nuova frontiera nella riproduzione dello spaccato di una società, di un’epoca e di un angolo di mondo.
    Il mondo di Redemption è quanto di più “vivo” e “reale” si possa trovare, ad oggi, in un videogioco; la vita negli insediamenti urbani scorre lungo le ventiquattro ore: è proprio per questo che, con un minimo di attenzione, potremo trovare un placido negoziante ad un tavolo di poker dopo l’orario di chiusura o un ubriacone molesto rinchiuso nell’ufficio dello sceriffo la mattina dopo.
    La puntigliosa caratterizzazione non si ferma agli sporadici agglomerati ma, anzi, viene applicata in maniera ancor più approfondita alle enormi distese che compongono un’ambientazione di ben 72 Km².
    Ogni zona sarà caratterizzata da una differente combinazione di flora e di fauna che inciderà attivamente sul gameplay: vi potrete infatti ritrovare coinvolti in battute di caccia alla ricerca di preziose pelli di Daino sulle alture di Cholla Springs, in fuga da un’assalto notturno da parte di un branco di Lupi (o di Puma) sulle colline di Gaptooth Ridge o ancora all’inseguimento di cavalli allo stato selvatico, intenti ad abbeverarsi lungo le sponde del Rio Bravo.
    Ma l’aspetto indubbiamente più interessante è il comportamento di tali animali, governato da micro-routine comportamentali completamente diverse tra loro.
    Mentre Cervi e Bisonti al solo percepire la presenza umana se la daranno a gambe levate i Lupi, i Coyote o i Puma tenteranno di attaccare in branco, soprattutto se forti delle tenebre; in questo caso il ferimento a morte di uno o più membri porterà l’intero branco a disperdersi.
    Il comportamento degli animali è così curato che, con la dovuta pazienza, sarà possibile osservare gli avvoltoi volteggiare sulle carcasse, posarsi nelle vicinanze e far compagnia alle mosche nella ripulitura della carogna; allo stesso modo un comportamento troppo superficiale potrebbe portare, rimuovendo il cumulo di pietre sbagliato o frugando tra le erbacce con disattenzione, ad un debilitante morso di serpente.
    In un contesto del genere, in ogni caso, non saremo sempre protagonisti circondati da eventi scriptati, anzi, molte volte capiterà di essere spettatori di altrui battute di caccia, di osservare sceriffo e vice all’inseguimento di un malvivente o d’imbatterci in accampamenti dove il tepore del fuoco ed un racconto (o una discussione politica) ci terranno compagnia mentre il tempo farà il suo corso.

    La struttura di GTA, la profondità di Redemption

    Dal punto di vista ludico l’avventura di John Marston è strutturata sulla falsariga di GTA IV, con una lunga serie di quest givers a conferirci incarichi collegati, in qualche modo, alla cattura di Bill Williamson e dei suoi compari.
    A differenza delle precedenti produzione Rockstar, tuttavia, la gran parte delle missioni non si limiteranno al mero raggiungimento di un punto e conseguente eliminazione del bersaglio, con l’unica incognita dell’inseguimento; saranno bensì strutturate come -se non meglio- la famosa rapina alla banca che ha tanto appassionato pubblico e critica.
    In una delle primissime, ad esempio, ci ritroveremo ad aiutare lo sceriffo di Armadillo nella cattura di alcuni malviventi rei di aver creato non poco scompiglio nella zona; le ultime posizioni note degli stessi riveleranno solo un gruppo di innocenti cadaveri, che condurranno ad una tenuta apparentemente abbandonata.
    Una breve esplorazione ci metterà di fronte ad una scena raccapricciante: nella stalla troveremo degli uomini impiccati ed un solo sopravvissuto, nascostosi tra il fieno, che racconterà delle ignominie compiute dai banditi, barricatisi con le donne all’interno del complesso principale.
    Finita la spettacolare sparatoria che vedrà soccombere i cattivi verremo guidati dallo sceriffo e dai suoi uomini, decisi a farla finita, verso la gola di un canyon, dove si nasconde il capo della banda riconosciuta dagli uomini di legge per via del particolare vestiario.
    Lo scontro a fuoco, qui, si prolunga lungo dirupi e ponti pericolanti fino al fondo della gola dove, in un largo accampamento, stanziano il “boss” e i suoi uomini più fedeli.
    A questo punto, benchè la CPU amica sia sorprendentemente attiva nello scontro, veniamo in prima persona messi di fronte ad una scelta: abbattere il malvivente o catturarlo vivo per farlo marcire in galera.
    Questo primo vero incarico ci mette già di fronte a molte delle meccaniche che utilizzeremo nel corso dell’intera avventura.
    Troviamo, in primis, lo spostamento a cavallo, gestito tramite la pressione di tre soli tasti (e la levetta analogica sinistra per direzionare lo spostamento): uno delegato all’accelerazione (tramite speronate), uno al salto degli ostacoli ed uno al graduale rallentamento sino allo stop completo.
    Negli spostamenti a cavallo dovremo tener conto, a seconda del cavallo (potremo acquistarne o domarne -tramite un mini-gioco di destrezza- molte razze con caratteristiche diverse), della sua resistenza indicata da una barra blu alla sinistra della classica mini-mappa; spronandolo indiscriminatamente anche ad indicatore consumato verremo sbalzati a terra.
    Inoltrati nell’incarico ci imbattiamo poi nelle meccaniche di copertura e di fuoco, rimaste assolutamente invariate rispetto a GTA IV, con il classico auto-aim “magnetico” (ottimo per sparare cavalcando) e la possibilità -piuttosto sconsigliata- di disattivarlo. Anche il cover system si presenta inalterato, quindi estremamente utile ma ancora leggermente macchinoso ed a tratti impreciso.
    A tutto questo Redemption aggiunge il già famoso Dead-Eye, una sorta di bullet time durante il quale il nostro eroe si concentrerà per colpire con maggior precisione (e tempo per mirare) l’avversario; anche in questo caso l’abilità si dividerà in tre livelli: al primo rallenteremo il tempo, al secondo si aggiungerà un’auto-lock dei punti vitali passando sulla sagoma nemica e al terzo avremo la facoltà di selezionare tali punti in prima persona, per rendere ad esempio più agevole la pratica del ferire senza uccidere.
    Veniamo qui introdotti, poi, alla dotazione bellica del protagonista, composta da revolver, doppietta, fucile, fucile di precisione, coltello, coltelli da lancio, dinamite e bottiglie incendiarie; non tutto, chiaramente, sarà disponibile sin dall’inizio e, durante l’avventura, in seguito ai risicati guadagni (scordatevi dollari a palate), sarà possibile acquistare nuovi modelli per ciascuna arma, portandone con se sino ad un massimo di due per tipo.
    L’ultimissima parte della missione ci presenta, infine, le meccaniche legate all’onore, alla fama e all’utilizzo del fondamentale lazo, uno degli strumenti più importanti dell’intero arsenale grazie al quale potremo legare gli avversari (per trasportarli a cavallo di fronte alla legge ma anche solo per sfizio) e addirittura trascinarli sofferenti per le praterie, comodamente in sella al nostro destriero.
    Tornando al sistema di fama e onore è bene prodigarsi in una digressione piuttosto approfondita in quanto si tratta di due meccaniche in grado di influenzare molti degli avvenimenti collaterali in cui ci imbatteremo nel corso dell’avventura.
    Il livello di “Fama” crescerà (senza possibilità di diminuire) in seguito ad ogni azione di rilievo che compiremo nel gioco, si tratti di catturare/uccidere un ricercato, vincere un duello o scoprire un tesoro; la differenza, soprattutto nel caso del duello, starà nel come lo porteremo a termine.
    La meccanica di questi scontri ci metterà faccia a faccia con un pistolero avversario; dopo aver estratto avremo un certo intervallo di tempo durante il quale piazzare i colpi che verranno poi esplosi in sequenza.
    Tornando al discorso della fama va da se che svuotare un intero caricatore per uccidere l’avversario metterà meno in luce rispetto all’umiliazione di disarmarlo e fargli volar via il cappello con due colpi ben piazzati.
    Decisamente differente l’”Onore”, visualizzato come una barra dalla doppia possibilità di progressione, in positivo e in negativo; il funzionamento pare piuttosto ovvio: azioni positive o negative concorreranno alla progressione del livello in uno o nell’altro senso.
    La combinazione di queste due feature aprirà, per il nostro John Marston, strade completamente diversa da intraprendere parallelamente alla campagna.
    Un Marston paladino della legge incontrerà molti “Sconosciuti” (indicati dal “?” sulla mappa) che gli chiederanno una serie di favori e, durante le sue lunghe cavalcate (sempre evitabili grazie a treni e diligenze), s’imbatterà in numerosi eventi procedurali (le statistiche, dopo trenta ore di gioco ne indicavano 25 unici) ove spetterà a lui decidere se aiutare o meno le persone in difficoltà.
    Viceversa il Marston bandito verrà avvicinato dai più loschi figuri appartenenti alle bande locali ed ingaggiato per rapine, assalti alle diligenze, ai treni e chi più ne ha più ne metta.
    Il libero arbitrio presentato in Red Dead Redemption va quindi al di là di quanto visto sinora nelle produzioni Rockstar in quanto il giocatore non sarà costretto ad assumere un certo profilo psicologico (si veda Niko Bellic, ad esempio) ma potrà realmente decidere come comportarsi nel mondo che lo circonda; libero di aiutare un negoziante rapinato dopo essersi fatto consegnare a sua volta l’intero bottino dal cassiere della Banca a fianco.

    Gambiling & Multiplayer gaming

    In Red Dead Redemption, come in ogni free roaming Rockstar, non poteva mancare una corposa fase del gioco dedicata ai sollazzi, dove preoccuparsi solo e soltanto del denaro.
    I giochi d’azzardo presentati sono quattro e vedono affiancarsi ai più comuni Poker (nella sua versione Texas Hold ‘Em) e Black Jack i più inusuali “Dadi Bugiardi” e “Cinque Dita”.
    Nel primo saremo seduti, assieme agli altri concorrenti, ai bordi di un tavolo, con in mano cinque dadi racchiusi in un bicchiere di legno. Accuratamente mescolati e lanciati sul tavolo ne potremo finalmente guardare il risultato, puntando, a turno, sul numero di facce di un certo valore presenti sull’intero tavolo.
    Chiuso il primo giro di puntate, dove gli uni avranno già sentito -regolandosi di conseguenza- quelle degli altri, avremo la facoltà di proseguire (a patto di seguire alcune regole nello scommettere), di dichiarare il bluff o la chiamata precisa, scoprendo i dadi di tutti e levando un dado al colpevole d’errore.
    Qui, a differenza di Poker e Black Jack, il denaro si spende all’inizio (per entrare) e si guadagna (o perde) solo alla fine quando tra gli ultimi due concorrenti uno rimane senza dadi.
    “Cinque Dita” si basa, invece, sulla destrezza nel premere i tasti frontali del pad: posta la mano aperta su un tavolo e decisa la prima puntata l’avversario mostrerà la sequenza di tasti da premere ed il tempo da battere per puntare il coltello tra le dita senza ferirsi; ad ogni avversario battuto ne seguirà un’altro (per un massimo di quattro), costringendo a raddoppiare la puntata e la difficoltà della sequenza.
    Il gioco d’azzardo, tuttavia, non è l’unico intrattenimento in Red Dead Redemption: potremo ad esempio decidere di investire due dollari per una decina di rilassanti minuti nel cinema di Armadillo, dove verranno proiettate simpatiche pellicole animate; ubriacarci in qualche saloon e scatenare una rissa od improvvisarci lanciatori di ferri di cavallo.
    Quest’ultimo mini-game alla prova con mano è risultato leggermente noioso: la gara tra i due concorrenti, consistente in manche durante le quali piazzare due ferri più vicino possibile ad un chiodo posto ad una certa distanza, si rivela infatti estremamente lunga in quanto il punteggio da ottenere per la vittoria è elevato e l’esito, con molti fattori concorrenti e meccaniche non esattamente d’immediata padronanza, non scontato.
    In ogni caso ognuno dei divertimenti proposti risulta estremamente ben congegnato e fedele alla realtà (ove il confronto sia possibile).

    Rockstar, dopo l’esperienza positiva con Grand Theft Auto IV, ha deciso di dotare di comparto multiplayer anche Red Dead Redemption, progettando una struttura non banale che si sposasse al meglio con le caratteristiche della produzione.
    Ad affiancare le più classiche modalità competitive (adattate al contesto) troviamo quindi un mondo online persistente, ove gran parte degli esseri umani presenti saranno veri e proprio giocatori collegati al Playstation Network o ad Xbox Live esattamente come noi.
    In questo frangente sarà possibile prodigarsi nelle sfide già descritte, nella ricerca di tesori, nella caccia ai criminali e chi più ne ha più ne metta; il tutto disponendo di un proprio alter-ego completamente personalizzabile, che potrà evolvere accumulando esperienza per un totale di cinquanta livelli.
    Il team newyorkese ha però voluto davvero esagerare: il Social Club, di pari passo con l’uscita del titolo, offrirà ogni settimana delle remunerative sfide online, per il singolo quanto per la banda di amici; inoltre, da Giungo sottoforma di DLC gratuito, verranno inserite su Marketplace e PSN ben sei nuove missioni cooperative, da affrontare in due o quattro giocatori.
    Quantitativamente l’offerta è davvero spaventosa. Non siamo tuttavia riusciti, vista la latitanza di persone sui server, a testarne la qualità, almeno per ora; l’arduo compito, come già accaduto per GTA IV, sarà quindi delegato ad uno speciale postumo all’uscita del gioco, che ci premureremo di preparare al più presto.

    Sfide: stop alla frustrazione

    Aprendo il menù di gioco ci accorgeremo immediatamente di una particolare sezione denominata “Sfide” nella quale si scorgono titoli quali “Predatore”, “Cacciatore di Tesori” o “Esperto di erbe”. Si tratta di una sezione legata soltanto all’esplorazione e, in parecchi casi, all’ottenimento di capi d’abbigliamento particolari per il protagonista.
    Si è saggiamente deciso, tuttavia, di abbandonare la classica ricerca dei 250 piccioni o 100 pacchetti speciali a favore di un’esperienza meno estrema; nella ricerca delle erbe, ad esempio, il giocatore avrà la possibilità di acquistare una particolare mappa che, per venti minuti (reali), mostrerà il loro posizionamento muovendosi sulla mappa.
    Così come nella caccia ai tesori sepolti, in ciascuna cassa, troveremo la mappa (rappresentante la location stilizzata) del bottino successivo, in una sfida che metterà alla prova la capacità d’osservazione piuttosto che la pazienza.
    Ciò non toglie che i più fervidi esploratori verranno premiati con gustose Eastern Eggs uniche, capaci di far impazzire ogni videogiocatore.

    Streaming is the future

    Dal punto di vista tecnico, considerato ciò di cui si fa carico, Red Dead Redemption è un titolo di altissimo livello.
    I volti, anzitutto, sono realizzati con cura a dir poco maniacale e, ancor meglio di GTA IV, ripropongono in maniera dettagliatissima ogni particolare, dal taglio della barba alle cicatrici passando persino dagli evidentissimi segni del tempo.
    Sono, tuttavia, le animazioni degli stessi a rappresentare davvero lo stato dell’arte: grazie ad una tecnologia simile a quella utilizzata per L.A. Noir ogni movimento del viso è stato riprodotto in maniera credibile, permettendo agli attori digitali di recitare nel vero senso della parola.
    Texture e shader, assolutamente non da meno, riescono a rappresentare perfettamente le differenti stoffe con le quali sono realizzati gli abiti indossati da protagonisti e comprimari, eccellendo anche nella riproduzione di manto, coda e criniera dei cavalli che, in game, sembrerà quasi di toccare.
    la definizione, nel complesso, è solo leggermente superiore a quella di GTA IV (soprattutto nei modelli poligonali) e, dunque, meno “tagliente” se paragonata ad un qualsiasi first person shooter.
    Bisogna tuttavia tenere conto che tale paragone non ha nemmeno senso di esistere in quanto i 72 Km² di Red Dead Redemption (l’ambientazione forse più estesa mai vista in un videogioco) sono riprodotti in streaming per la quasi totalità e risultano ricchi di dettagli in costante movimento.
    E’ proprio per questo che l’impressionante colpo d’occhio e la profondità del campo visivo subissano tranquillamente qualche sporadico effetto pop-up degli elementi meno importanti (vegetazione..) ed i rarissimi rallentamenti che potrebbero anche essere legati alla chiusura anticipata del codice in nostro possesso, privo di alcune ottimizzazioni finali per ovvie ragioni logistiche.
    Tale colpo d’occhio viene impreziosito da uno splendido ciclo giorno-notte che, grazie al sapiente utilizzo dell’illuminazione, consente di gustare struggenti tramonti in sella al proprio destriero e che si combina perfettamente con i numerosi effetti particellari, in grado non solo di fornire effetti di contorno a cinque stelle (il filtraggio della luce attraverso la polvere) ma anche realistiche perturbazioni atmosferiche.
    Non si può, purtroppo, dire lo stesso degli interni, piuttosto spogli e leggermente meno definiti e curati rispetto al meraviglioso panorama all’esterno.
    Buone pur senza lode le animazioni dei vari esseri viventi; tratte -per quanto possibile- da GTA IV si mostrano quasi sempre all’altezza della situazione, peccando di artificiosità solamente quando si tratta di riprodurre, soprattutto nel caso degli animali, bruschi cambi di direzione, in velocità quanto da fermi.
    Permangono, inoltre, inevitabilmente, diversi problemi legati alla gestione delle collisioni che sfociano spesso in compenetrazioni poligonali.
    Per quanto riguarda il comparto audio spicca, anzitutto, una colonna sonora con evidenti rimandi ai temi classici “alla Ennio Morricone” che ben si sposano sia con le situazioni esplorative sia con i momenti più concitati.
    Perfetta risulta, in seguito, la campionatura ambientale, dal ronzio delle mosche sino alla diversificazione del fuoco dei vari armamenti, passando per la roboante riproduzione dei tuoni durante i temporali.
    Di alto livello, infine, il doppiaggio: sia per quel che riguarda la parte inglese (con numerosi accenti perfettamente credibili) sia per quel che concerne quella spagnola del popolo messicano che si esibisce, oltretutto, in un inglese “maccheronico” davvero d’atmosfera.
    In italiano, naturalmente, la sottotitolazione e tutti i menù.

    Red Dead Redemption Red Dead RedemptionVersione Analizzata PlayStation 3Parlare di Red Dead Redemption in qualche migliaio di caratteri è impossibile. Il titolo Rockstar offre un’esperienza unica e difficilmente ripetibile; talmente ricca di sfaccettature che l’unica maniera per apprezzarla completamente è viverla in prima persona, in ogni suo istante. La trama sempre interessante ed incalzante, una componente free roaming bilanciata e mai fine a se stessa, la solidità di un gameplay collaudato ma ampliato all’inverosimile e il fascino della miglior riproduzione del selvaggio West mai creata dipingono per Red Dead Redemption un quadro d’inestimabile valore. Se si considera poi l’aggiunta di un multiplayer tutt’altro che banale e la cura nella realizzazione di ogni più piccolo ed insignificante particolare ecco venire alla luce un prodotto immancabile nella ludoteca di qualsiasi videogiocatore nonchè uno dei principali candidati per la nomina di Game Of The Year 2010.

    9.7

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